LE SETERIE DI SAN LEUCIO: IL SOGNO UTOPICO DI UN DESPOTA ILLUMINATO, DI UN VISIONARIO O DI UN RIVOLUZIONARIO?
Il viaggio nel Regno di Napoli prosegue con la scoperta delle Seterie
di San Leucio, struttura di una modernità sconcertante che anticipa di
un secolo e mezzo le idee visionarie e rivoluzionarie di Adriano
Olivetti, dove inclusione, partecipazione ed uguaglianza sono le parole
chiave per costruire una realtà migliore.
Ad una manciata di
chilometri dalla splendida Reggia di Caserta ecco un’altra meraviglia
schiudersi agli occhi degli amanti della cultura: San Leucio, una
frazione il cui nome ha fatto il giro del mondo grazie alla lavorazione
della seta.
La storia della seta che ha
fatto il giro del mondo ha inizio nel 1773, quando Ferdinando IV di
Borbone, poco incline al lusso degli ambienti reali, decide di
costruirsi un rifugio in un luogo solitario, per poter sfuggire di tanto
in tanto alla fastosa vita di corte.
E in questo Ferdinando era un
esperto: spessissimo fuggiva dal Palazzo Reale di Napoli travestito da
lazzarone per andare a giocare nelle taverne, mescolandosi con la gente
del popolo con cui condivideva l’idioma della napoletanità.
Può
sorprendere il vedere nella figura di Ferdinando IV quella di un sovrano
illuminato, lo stesso Ferdinando vittima dell’ignoranza impostagli dal
Principe di Sannicandro nominato suo precettore dal padre Carlo, lui sì
sovrano illuminato, quando lasciò Napoli per assumere il ruolo di re di
Spagna. Sannicandro, non dotato di grande cultura, bigotto e ipocrita,
si rivelò col tempo un precettore mediocre, favorendo le naturali
inclinazioni del giovane Ferdinando a respingere la cultura consona al
suo rango a favore di divertimenti e compagnie, al contrario, totalmente
discordi con la sua posizione. E allora com’è possibile che Ferdinando,
quel Ferdinando che ai consigli di corte necessari al governo della
vita del regno preferiva le battute di caccia, abbia concepito un’idea
così audace per i tempi? Be’, la Napoli della seconda metà del
Settecento non fu solo quella dei Borbone, ma anche quella di un
Illuminismo di elevata qualità.
L’utopia della “Città del Sole” di
Tommaso Campanella, vittima dell’Inquisizione e della dominazione
spagnola a Napoli e in Sicilia, sarebbe stata realizzata proprio nel
“retrogrado” regno dei Borbone, dove, e qui sia dia a Cesare quel che è
di Cesare, per iniziativa dei Borbone era fiorito l’Illuminismo di Vico,
Galiano, Genovesi, Filangieri, Pagano.
E San Leucio, primo esempio
di repubblica socialista della storia contemporanea, nasce da un vecchio
progetto del defunto Gaetano Filangieri che Ferdinando IV farà suo,
divenendo il despota illuminato che creerà la prima colonia socialista.
Il Complesso Monumentale del Belvedere di San Leucio (noto anche come
“Bel vedere” per la vista mozzafiato sulle campagne, il Vesuvio e Capri)
viene innalzato nel 1773 in prossimità del Parco di Caserta, dove già
precedentemente sorgeva il rudere di una cappella dedicata al martire
San Leucio, come residenza di caccia di Ferdinando IV di Borbone.
Qui il re vi trascorre giorni di spensieratezza per 5 anni, fino al 1778
anno della morte per vaiolo del suo primogenito Carlo Tito.
La
prematura morte del principe ereditario rende San Leucio agli occhi di
Ferdinando un luogo dei ricordi impossibile da frequentare come prima.
Quindi il sovrano non volendo più recarsi nell’amena località legata
alla memoria del caro estinto decise di destinarla ad altro più utile
uso: quello di ospizio per poveri.
E per evitare che i nuovi
abitanti andassero a creare una colonia di “scostumati e malviventi”,
come scrive lo stesso Ferdinando, egli fornisce loro un’occupazione:
quella di operai in una fabbrica della seta.
E qui sta la grande
lungimiranza del Borbone che decide di creare una vera e propria
cittadina con diverse strutture utili alla vita quotidiana: una scuola,
degli alloggi, un ospedale, aree agricole ed ambienti destinati ai
visitatori ed acquirenti di uno dei fiori all’occhiello delle
manifatture borboniche, la seta.
Furono realizzati i quartieri
abitativi con case tutte uguali costituite da due piani con la zona
notte al piano superiore, un piccolo cortile con stalla e un ambiente
con telaio personale per poter realizzare sete anche per conto proprio.
Inoltre si provvide a riadattare il Casino Baronale e quello Reale in
ambienti dove si svolgeva la formazione del personale.
Nel primo
venne realizzata la scuola con gli alloggi per maestre e direttori,
stanze per la trattura, la filatura e la tintura della seta; il secondo
ospitò la filanda, i filatoi e i telai.
Le macchine erano alimentate grazie all’energia idraulica proveniente dall’Acquedotto Carolino tutt’oggi funzionante.
L’antica sala da ballo del Belvedere divenne la chiesa la comunità.
La fonte di lavoro basata sulla produzione di seta, uno dei settori
tecnologicamente più avanzati nell’Europa del ‘700, trae origine dalla
tradizione serica del casertano e fa sì che la colonia si espanda
rapidamente ed i suoi concittadini inizino una collaborazione senza
precedenti.
I ritmi sono incalzanti, ogni operaio lavora nella
fabbrica incessantemente dalla mattina al tramonto con una sola breve
interruzione per il pranzo.
Bella e produttiva, San Leucio divenne il sogno di Ferdinando IV che da Real Colonia San Leucio si trasformò in Ferdinandopoli.
Quella che era nata come una riserva di caccia divenne quindi una sorta
di comunità con tanto di case e scuole il cui funzionamento era legato a
uno specifico Codice delle leggi, il Codice Leuciano, che sanciva
l’autonomia del piccolo borgo, regolamentandone il funzionamento
ispirandosi ai principi di uguaglianza e solidarietà.
Si pensi che era prevista formazione gratuita e obbligatoria per tutti.
La scuola era obbligatoria, a partire dai sei anni di età: i ragazzi
erano poi messi ad apprendere un mestiere secondo le loro attitudini e i
loro desideri.
Anche la vita sociale è organizzata con disciplina.
Si celebrano matrimoni solo tra concittadini e, se un uomo desidera
sposare una straniera, la conditio sine qua non affinché quest’ultima
venga accolta nella colonia è quella di imparare il mestiere della
tessitura.
Ma forse tra tutti gli elementi che fanno della Colonia
di San Leucio una precorritrice dei tempi moderni vi è quello della
libertà di contrarre il matrimonio. Non più matrimoni combinati nei
quali il volere dei protagonisti, soprattutto quello delle donne, era
pressoché inesistente. A San Leucio una ragazza era libera di rispondere
no ad una richiesta di matrimonio.
E qui tocca partire da un
presupposto basilare: a Ferdinandopoli doveva regnare l’uguaglianza tra
persone di ceti e condizioni differenti, ma anche tra uomini e donne, di
conseguenza le discriminazioni erano abolite.
Se pensiamo che tutto
ciò accadeva nel 1789, anno di entrata in vigore del Codice Leuciano,
vedremo Ferdinando IV da una nuova prospettiva: quella del precursore,
del rivoluzionario.
E tornando alla regolamentazione
dell’istituzione del matrimonio, il Codice Leuciano prevedeva che i
giovani si potessero sposare per libera scelta, senza dover
necessariamente chiedere il permesso ai genitori. Per contrarre
matrimonio, uomini e donne dovevano aver compiuto rispettivamente almeno
20 e 16 anni, oltre a conseguire un diploma di merito.
Il matrimonio doveva esser preceduto da un periodo di fidanzamento ed avveniva tramite una cerimonia particolare.
Nel giorno di Pentecoste tutti i promessi sposi della comunità dovevano
recarsi nella chiesa della colonia. Qui, ad ogni coppia era assegnato
un mazzo di rose, bianche per gli uomini e rosa per le donne.
Ad
attenderli fuori c’erano gli anziani del villaggio che, come custodi
della tradizione, dovevano presenziare alla celebrazione.
Di fronte ad essi, le coppie si scambiavano i mazzi di fiori come promessa di fedeltà.
Inoltre la sposa non doveva portare una dote e la neo coppia non
avrebbe avuto problemi economici poiché era Ferdinando stesso a
provvedere ai loro bisogni, dando loro una casa arredata e due telai,
con cui la coppia avrebbe provveduto al proprio sostentamento.
Ma qual era il processo di produzione della seta?
All’interno di questa città-fabbrica si svolgevano tutte le fasi del
processo produttivo che portavano alla realizzazione di veri capolavori
artigianali: il filo del baco da seta (lungo anche centinaia di metri),
dopo esser stato ammorbidito nell’acqua calda e steso in tensione,
andava a formare delle matasse.
Successivamente, meditante il supporto di un telaio in legno, si procedeva alla tessitura ovvero alla rifinitura dei tessuti.
Il tessuto ottenuto subiva poi una serie di operazioni di rifinitura
come, per esempio, la “marezzatura”, cioè la compressione sotto grandi
cilindri, cui facevano seguito l’apprettatura, la cimatura e la
piegatura.
Si producevano stoffe per abbigliamento e per parati, in
una ricca gamma di rasi, broccati, velluti. La gamma dei colori, tutti
naturali, era molto varia.
Di ogni singolo colore esistevano numerose sfumature.
Ad esempio il verde veniva declinato in verde salice, noce peruviana,
orso, orecchio d’orso, palombina, tortorella, pappagallo, canario,
Siviglia, acqua del Nilo, fumo di Londra, verde di Prussia.
Nei
primi decenni dell’Ottocento, con l’introduzione della tessitura
Jacquard, la produzione si arricchì di stoffe broccate di seta, d’oro e
d’argento, scialli, fazzoletti, corpetti, merletti.
Al giorno
d’oggi, complice la tecnologia, il sistema tradizionale ha subito dei
cambiamenti: una volta realizzato il disegno, infatti, viene
scannerizzato e passato a un telaio meccanicizzato che, come per magia,
permette ai tessuti di prendere vita.
L’utopia di San Leucio terminò
nel 1861, con l’annessione del Regno al Piemonte a seguito della
invasione sabauda: il setificio fu dato ai privati, e lo statuto divenne
carta straccia.
Tuttavia per fortuna la manifattura leuciana è
sopravvissuta al Regno delle Due Sicilie e alla dominazione sabauda e,
seppur con caratteristiche molto diverse, continua oggi a mantenere in
vita una tradizione lontana e preziosa, che si è diffusa nel mondo.
Così i risultati di tanta fatica e perseveranza sono arrivati molto
lontano ed il sogno rivoluzionario di Ferdinandopoli, valicando i
confini dello spazio e del tempo, attraversando i secoli e l’oceano, ha
raggiunto i nostri giorni e l’altra parte del mondo.
Basti pensare
ai validi esemplari di seta di San Leucio che tutt’oggi arredano la
Reggia di Caserta, le stanze del Vaticano, del Quirinale e ancora dello
Studio Ovale della Casa Bianca nonché le bandiere, comprese quelle che
sventolano a Buckingham Palace.
Andare San Leucio a visitare il
Palazzo del Belvedere che ospita il Museo della Seta equivale a scoprire
un mondo nuovo, il mondo della seta. Sì, perché il Museo è un prezioso
contenitore di meraviglie che permette di ripercorrere le tappe salienti
del successo serico di questa realtà ammirando antichi macchinari,
telai, manufatti, torcitoi, ma non solo… Ammirare la splendida, cromia
dei tessuti e degli abiti in mostra è un piacere per gli occhi… E cos’è
questa se non Arte?
ELEONORA GENOVESI
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