domenica, luglio 31, 2005

IRA

Pochi blog italiani hanno commentato la notizia del cessate il fuoco dell'IRA.

Da segnalare Mario Adinolfi, molto coinvolgente, Harry, che ricorda una sua visita a Belfast subito dopo la strage di Omagh, e Antonio Iannamorelli, che riporta una lunga dichiarazione di Gerry Adams.

Queste le parole del Papa oggi all'Angelus.
Come sapete, nei giorni scorsi l’Irish Republican Army (IRA) dell’Irlanda del Nord ha annunciato di aver formalmente ordinato la fine della lotta armata in favore dell’uso esclusivo di trattative pacifiche. È una bella notizia, che contrasta con le dolorose vicende di cui siamo quotidianamente testimoni in tante parti del mondo e che giustamente ha suscitato soddisfazione e speranza in quell’isola e nell’intera comunità internazionale. Da parte mia, sono particolarmente lieto di unirmi a tali sentimenti. Inoltre incoraggio tutti, senza eccezioni, a continuare a percorrere con coraggio il cammino tracciato e a intraprendere ulteriori passi che permettano di rafforzare la fiducia reciproca, promuovere la riconciliazione e consolidare le trattative verso una pace giusta e duratura. Lo faccio con lo stesso vigore con cui il mio venerato Predecessore Giovanni Paolo II a Drogheda, nel settembre del 1979, implorava di allontanarsi dai sentieri della violenza e di tornare sulle vie della pace. All’intercessione di Maria Ss.ma, a San Patrizio e a tutti i Santi d’Irlanda affidiamo la nostra comune preghiera per questa intenzione

sabato, luglio 30, 2005

Ardigò, Zagrebelsky, la Chiesa e gli “atei devoti”

È un vero e proprio dibattito sullo stato della società civile e del sistema politico italiano quello che da diversi mesi si alimenta di tre fenomeni di spicco: la presenza attiva della Chiesa (come gerarchia, come istituzioni e ufficialità cattoliche); l’esistenza di una cultura laica che “non può non dirsi cattolica” (fenomeno non raro nella cultura italiana del Novecento, ma quasi assente nella seconda metà del secolo); e un’opinione pubblica che (secolarizzata quanto si voglia: ma quanto, in realtà, ci sfugge) riserva un rispetto nuovo al paradigma cattolico anche in sede civile.

Questi dati, con la loro singolare sporgenza nella sfera pubblica italiana, hanno indotto un coro, sostanzialmente monocorde, di diagnosi.

In negativo, tali diagnosi si concentrano anzitutto sulla invasività della Chiesa-istituzione e sulla pretesa egemonia di alcune figure ecclesiastiche, ma anche sulla “restaurazione” di una ragione e di una disciplina cattolica entro la Chiesa. Il tutto, si dice, nella latitanza del laicato cattolico. La querelle sulla “Storia del Concilio Vaticano II” contro e in difesa di Giuseppe Alberigo rientra in questo quadro.

La reazione ad evidenze sociali nuove, e certamente impreviste, ha un obiettivo principale, che è politico: contrapporre qualcosa, fosse solo un allarme martellante, alla capacità e qualità di decisione della gerarchia cattolica, temute sia in sede pubblica (si pensi ai richiami allarmati al Concordato) sia in sede religiosa e propriamente intraecclesiale.

Ma meritano egualmente attenzione gli argomenti messi in mostra. Ho di fronte gli interventi di maestri e colleghi, da Achille Ardigò a Pietro Scoppola a Gustavo Zagrebelsky, ma anche le argomentazioni “religiose” con cui su “la Repubblica” altri anticipano o tallonano gli opinionisti più rappresentativi.

Va detto subito: che si possa usare il termine “razionalismo”, come ha fatto ad esempio Achille Ardigò (e stupisce, in una intelligenza tanto rigorosa e “razionale”) di fronte alla evocazione del diritto naturale cristiano e al riaffiorare esplicito della teologia nel magistero cattolico (ora, nell’insegnamento di Benedetto XVI, quasi non fosse stata teologica gran parte della predicazione di papa Karol Wojtyla!), fa temere che in adulti di estrazione cristiana si sia smarrita persino la memoria della propria formazione. E se, come purtroppo avviene, si arriva ad agitare la retorica del Concilio per giustificare questa cancellazione, è giusto parlare non solo di un Concilio tradito, ma di un funzionamento oggettivamente perverso di “momenti” dell’eredità conciliare.

Chiunque, in virtù dell’età e dell’appartenenza cattolica, abbia potuto fare esperienza della formazione intellettuale e religiosa classica degli anni Cinquanta e Sessanta (su cui il Concilio, ed altri fenomeni, avrebbero profondamente inciso, ma più tardi), formazione ancora coerente ed esplicita sul terreno dogmatico, aperta quindi alla ragione, giudicherà la discussione in corso da mesi come l’effetto di una vera e propria opera di dissoluzione operatasi in questi ultimi decenni nell’intelletto cattolico.

Dobbiamo ricordare al maestro Ardigò che né la nostra formazione né l’apporto conciliare furono “mistici”? O all’intelligenza di Zagrebelsky che la fede cristiana non ci fu trasmessa come “grido”, per evocare il titolo di un celebre libro? Questo ricorso all’emozione, alla tensione, alla “mistica”, ancora negli anni Sessanta, sapeva di irrazionalismo e di tarda eredità modernistica: eredità che, ben oltre Pio X, la scienza teologica cristiana del Novecento aveva negato costruttivamente.

Nei teologi del Concilio non vi è traccia di opposizione tra fede e ragione, tra teologia e mistica, tra mistica e Chiesa. D’altronde, poiché si cita sempre don Giuseppe Dossetti, giova ricordare che una lettura di base per i giovani che entravano al dossettiano Centro di Documentazione di Bologna era “Le Thomisme” di Étienne Gilson, e che la disciplina formativa era teologica e storica, di storia della Chiesa. Dunque “filosofia cristiana” e saperi positivi, razionali, centrati su istituzione e dottrina.

Le riduzioni equivocamente “mistiche” del positivo cristiano sono posteriori. Anche per la cultura cattolica hanno il loro “Sitz im Leben”, la loro posizione vitale, nel trauma culturale della secolarizzazione e dell’egemonia subita, negli erramenti utopici (sono essi che chiedono alla fede il sacrificio dell’intelletto), nell’illusione di conservare un “centro” abbandonando tutto il “resto”.

Eppure, nell’esperienza e giudizio di molti, il primato della spiritualità (riscoperto negli anni Cinquanta contro la “milizia pubblica” della Chiesa di Pio XII) era già insufficiente alla fine degli anni Sessanta. Chi non ebbe allora che “spiritualità”, e magari un esile orizzonte personalista-cristiano, non resse alle crisi iper-mobilitanti degli anni Settanta. Passò alla politica radicale, all’ideologia, o al neomodernismo di comunità e movimenti, o si “invisibilizzò”.

Coloro che ressero, lo fecero nella consapevolezza di un’autoconsistenza cattolica, nei principi, negli obiettivi, nei linguaggi; e furono aiutati dal persistere, sia pure accerchiato, della dottrina e quindi del Logos, nella Chiesa. E, in questo orizzonte, ebbero ancora un ruolo l’idea cristiana della politica, la concezione cristiana dello stato, il diritto naturale cristiano. La cultura cattolica dei meno giovani lo sa, e può solo fingere, oggi, di non ricordare.

Non lo dimentica, invece, la coscienza storica di molti non credenti. Gli “atei devoti” sono un magistrale promemoria per la coscienza cattolica e talora sono stati maestri per i maestri del cattolicesimo. Integrano di fronte al mondo comune, ad extra, la mancanza di una grande apologetica, il vuoto drammatico di quel nostro volerci “mistici”, l’incapacità di certa fede di dare intellettualmente conto di sé e della propria rilevanza per l’uomo storico. Questo oggettivo supplire che viene da intelligenze che, senza il dono della fede, pure si vogliono ad alta voce “cattoliche”, dovrebbe generare negli uomini di fede una tempesta autocritica. Sembra produrre, almeno a livello pubblico, solo cieche polemiche e deprecazione spiritualistica.

È vero: di quella che grandi intelligenze chiamavano l’essenza del cattolicesimo abbiamo cancellato le tracce, sentite come ostacolo alle nostre libertà politiche, etiche, spirituali. Ma abbiamo solo ottenuto nella Chiesa, per un lungo periodo, dei laicati tanto gelosi della loro auto-determinazione ecclesiale, quanto (troppo spesso) ideologicamente eterodipendenti, e indifesi di fronte al progresso della propria irrilevanza.

Non stupisce insomma che Joseph Ratzinger, in quanto teologo, sembri “razionalista” agli involontari protagonisti di quel disfacimento, come io lo giudico. Ma come si può pensare, anche, che quei modelli e quelle soluzioni appaiano ora affidabili?

Simmetricamente, va affermato con forza che la diagnosi dell’attuale carenza di cultura e azione laicale è tanto interessata quanto erronea. I suoi criteri di giudizio appartengono a quel paradigma (indipendenza, invisibilità, irrilevanza) non più praticabile, neppure da chi non riesce a liberarsene. In realtà la costellazione attuale di laicati cristiani ha da tempo il suo mandato, come la sua vitalità e visibilità, nella visibilità stessa della gerarchia, che non eserciterebbe l’attuale decisione e limpidezza d’iniziativa se non si sentisse confermata, a sua volta, da una nuova volontà di realizzazione cattolica, quella che io chiamo un nuova “politicità”.

Pietro De Marco

venerdì, luglio 29, 2005

IRA statement

I migliori commenti riguardanti la dichiarazione dell'IRA di ieri li trovate su Slugger O'Toole.

Sulla stampa italiana ho letto finora solo due articoli del Corriere. Quello di Giorello non è male, anche se un po' troppo autobiografico. Riotta invece paragona l'IRA ai fondamentalisti islamici, mostrando di aver capito ben poco della storia nordirlandese.
Aspetto che sia consultabile l'edizione on-line del Manifesto per vedere i loro commenti.

Sui blog italiani non è apparso ancora nulla, tranne questo.

giovedì, luglio 28, 2005

Feed the blog

Da oggi abbiamo anche i FEED. Questo il codice per il vostro lettore: http://bottone.blogspot.com/atom.xml

Intanto, l'ultima mania che sta contagiando la rete pare siano i Widget. Resisterò?

Visto che ci siamo, date anche un'occhiata al sito di questo quindicenne (!!!) che oggi s'è guadagnato un articolo sulla home page di Repubblica.

Frequenze disturbate

Su SONORIKA si vincono biglietti per Frequenze Disturbate.

Peace


28-07-2005

"Today may be the day that peace replaced war, that politics replaced terror, on the island of Ireland."


Domandone

Dopo la pausa estiva, riprendono su questi schermi le nostre consuete trasmissioni.
Cominciamo con il domandone, offertoci da Azioneparallela.
Lo so che tra i miei 30 lettori non ci sono filosofi ma non bisogna essere del settore per rispondere, anzi, sono proprio i profani i destinatari del domandone.
(Qualcuno ha già risposto qui)


Cosa voi vi aspettate dalla filosofia? (in subordine, oppure affianco: e cosa c’è da aspettarsi dalla filosofia?).
La domanda può esser tradotta in una domanda circa i compiti della filosofia (o dei filosofi): vi va bene questa traduzione? Dei compiti di uno scrittore si discute da mane a sera: ne nascono poetiche, manifesti, estetiche. Possono entusiasmare o inorridire o lasciare indifferenti, ma certo nessuno si meraviglia che uno scrittore abbia una sua poetica (oppure: una sua visione del mondo; oppure: un suo mondo interiore; oppure: una sua verità etica ed estetica) Ma assegniamo pure un compito alla filosofia: non si troverà subito chi abbasserà perciò stesso la filosofia al rango di un’opinione (autorevole, ma pur sempre opinione)? E che ce ne facciamo dell’opinione di un filosofo?
E se invece non di un’opinione si tratta, ma di sapere, di scienza, come potremo ancora assegnare un compito alla filosofia? Ne assegnate di compiti, alla scienza? (In quanto scienza, dico). E cosa ci sarebbe allora da aspettarsi? Forse solo che il filosofo faccia il suo mestiere, come lo scienziato il suo. Niente compiti, dunque.
Ma insomma: volete la botte piena e la moglie ubriaca? Volete che la filosofia sia investita di un compito, abbia un senso o dia senso, e poi volete pure che sia scienza, e siete pronti a spararle addosso perché è solo opinione? Oppure no? Oppure volete solo e vi basta l’opinione autorevole (ma poi: perché autorevole?).

(Stavo per aggiungere: rivolgo questa domanda non ai filosofi, ma a tutti gli altri, ma è aggiunta superflua. Altro domandone, infatti: dove stanno i filosofi in rete? Com’è che non riescono a stare in rete? Somiglierebbero troppo agli scrittori?)

lunedì, luglio 25, 2005

Libri

Le vacanze in Italia stanno per finire, mercoledì tornerò in Irlanda e anche questo blog riprenderà la sua consueta attività.

Gli amici di wxre non ci hanno risparmiato il meme dei libri.

Cominciamo dalla biblioteca.
La mia camera nella casa in Abruzzo conserva circa 500 libri, non solo miei ma anche del resto della famiglia. Si va dalle enciclopedie, agli atlanti, dalla narrativa ai libri di medicina di mio padre. Almeno un terzo della collezione è di argomento religioso. I miei libri scolastici sono nello sgabuzzino sotterraneo. Nella cassaforte è custodito un pamphlet con dedica autografa di J.H. Newman. Un altro libro di un certo valore è una copia della Vita di Cristo di Papini, rilegata in pelle rossa, edizione limitata e autografata.
Nella mia camera napoletana, invece, conservo un centinaio di libri, quasi tutti filosofici. Uno dei piani dello scaffale è dedicato a Wittgenstein, un altro a Newman e un altro alla filosofia del linguaggio.
Tra i libri di valore segnalo una copia dell'antologia Filosofia e Linguaggio che Paul Ricoeur ha dedicato al sottoscritto.
Nello scantinato ho altri 200 libri circa, anch'essi prevalentemente di argomento religioso-filosofico.
Nella mia cameretta dublinese, sulla scrivania ho una ventina di libri legati alla mia ricerca, che uso quotidianamente. In questo momento riguardano quasi tutti Newman, Aristotele o Locke. Su una mensola invece ho una ventina di libri antichi, ottocenteschi, comprati su EBay. Qualche copia autografa; l'unica di valore è, tanto per cambiare, di John Henry Newman.
Sotto il letto ho una collezione di romanzi di Thackeray! Nell'armadietto di facoltà una cinquantina di volumi vari.

Libri che sto leggendo
. In questi giorni per motivi di studio ho letto: John Locke, Some Thoughts Concerning Education (Heineman, 1964); Giovanni Velocci, Newman Il problema della conoscenza (Studium, 1985); Enrico Berti, Profilo di Aristotele (Studium, 1998) e St. John of the Cross, Dark Night of the Soul (Image Books, 1990).
Mentre per svago sto leggendo: Alcide De Gasperi, L'Europa Scritti e discorsi (Morcelliana, 2004).

Ultimo libro che ho comprato. Oltre ai già citati volumi di Velocci, Berti e De Gasperi, lo stesso giorno ho comprato anche Romano Guardini, Il diritto alla vita prima della nascita (Morcelliana, 2005).

I libri che consiglio. Difficile consigliare un libro senza conoscere il destinatario dei nostri consigli. Diciamo che tra i libri usciti negli ultimi mesi non potete fare a meno di leggere la mia traduzione de L'Idea di Università di John Henry Newman. Se vi piace la musica vi consiglio Just a Folksinger (Arcana, 2004) di Annalisa Cuzzocrea e Rossella Bottone. ;)

Passo il testimone all'altra metà di wxre, ossia GdC, a Simona, ad Annina e Vincenzo, e a successfully.

domenica, luglio 17, 2005

Osservatore Romano

La vacanza sta per terminare a tornerò presto su questi schermi.
Intanto vi segnalo la recensione, apparsa su L'Osservatore Romano, della mia traduzione de L'Idea di Università di Newman.

venerdì, luglio 08, 2005

I Giovani Musulmani Italiani (GMI), l’Unione dei Giovani Ebrei Italiani (UGEI), gli universitari della FUCI (Federazione Universitaria Cattolica Italiana) e i Giovani delle ACLI (Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani) condannano fermamente l’attentato a Londra e con esso ogni forma di terrorismo. Nessuna motivazione può essere valida per giustificare un atto così grave, affermano congiuntamente le associazioni: nessuna religione, né quella islamica, né quella ebraica, né quella cattolica, può essere strumentalizzata dalla violenza.

Se anche l’attentato londinese dovesse rivelare una matrice islamica, ancora non accertata, le associazioni ricordano che in Italia vivono numerosi e onesti cittadini musulmani impegnati nel dialogo e completamente estranei alle dinamiche terroristiche, soprattutto tra le nuove generazioni. Il terrorismo vuole innescare divisione nella società occidentale: proprio in questo momento bisogna ribadire che la pace si costruisce nel dialogo. I giovani musulmani, ebrei e cristiani italiani esprimono solidarietà alla popolazione britannica.


Responsabili:

Manuela Sammarco (Fuci): 3495302799 press­_fuci@yahoo.it

Gianluca Budano (Acli): 3383647073 gianluca.budano@acli.it

Tobia Zevi (Ugei): 3391045435 presidente@ugei.it

Osama Al Sagir (Gmi): 3336055320 presidente-gmi@libero.it


Gmi è l’associazione giovanile nazionale della comunità islamica italiana, opera su tutto il territorio italiano.

L’Ugei è l’organo ufficiale dei giovani ebrei d’Italia e riferimento giovanile dell’Unione delle comunità ebraiche.


I Giovani delle Acli sono i Giovani delle Associazioni Cristiane dei lavoratori Italiani; presenti in 50 province della penisola, si occupano, tra le altre cose, di lavoro, educazione alla politica, Europa.

La Fuci è la Federazione Universitaria cattolica Italiana, nata nel 1896, oggi presente e attiva in circa 60 atenei italiani.

mercoledì, luglio 06, 2005

Hiatus

Questo blog si prende qualche giorno di vacanza. Ci vediamo presto.

martedì, luglio 05, 2005

Cari scienziati, certifichiamo anche l'etica

Giuseppe O. Longo

Uscendo dalle torri d'avorio e dai piccoli laboratori faustiani e intrecciandosi con la tecnica, con l'economia e con la società tutta, la ricerca scientifica ha perso i suoi tradizionali connotati di libertà e di gratuita irresponsabilità e deve sottostare a due tipi di vincoli. Da una parte ha sempre più bisogno di soldi e ciò la sottopone alle imposizioni dei finanziatori, perché chi paga pretende un ritorno e tende a sostenere solo le ricerche «redditizie». Per un altro verso le conseguenze dell'attività scientifica riguardano tutti, quindi il pubblico, giustamente, vuole non solo essere informato, ma anche esercitare un controllo su ciò che fanno i ricercatori. Mentre poco possono fare per sottrarsi al vincolo finanziario, gli scienziati tentano di liberarsi dal controllo sociale invocando la «libertà di ricerca», locuzione che assume una tinta francamente umoristica, trattandosi pur sempre di una libertà vigilata dal capitale. Il vincolo sociale, d'altra parte, si presenta con una forte connotazione etica e precauzionale. E' come se la società innestasse sulla scienza un «organo etico» di controllo, una sorta di protesi o imbrigliatura molto più fastidiosa del filtro finanziario, perché in cambio delle limitazioni che impone sembra non dare nulla. Per sottrarsi a questa pastoia e riacquistare almeno una parvenza dell'antica libertà ch'è sì cara, la scienza deve mostrare alla società un volto benigno, anzi provvidenziale, dichiarandosi capace di portare l'umanità verso traguardi sfolgoranti: onniscienza, immortalità... Ma si tratta di traguardi dubitosi, gravidi di incognite e di rischi, sui quali è imprudente ostentare sicurezze. D'altra parte, come si fa a presentare al pubblico ignorante i problemi in tutta la loro complessità? Si rischierebbe di smorzarne l'entusiasmo. Per continuare ad agire in libertà, sia pur vigilata, la scienza deve dunque, in sostanza, fingere. In ciò l'aiuta, all'insegna di un autoinganno più o meno consapevole, uno stuolo di volonterosi corifei, di intellettuali progressisiti e di divulgatori inossidabili, tutti più o meno beneficiari degli utili e della riconoscenza che la scienza raccoglie. In questo modo, con una sapiente e concertata operazione di anestesia, la scienza neutralizza l'organo etico e precauzionale che la società le ha imposto per filtrarne l'attività. Ma, proprio per la sua unanimità, questa declamatoria opera di persuasione finisce col generare diffidenza e la diffidenza può tramutarsi in ostilità. I ricercatori reagiscono con tracotanza e il divario si allarga a frattura. Di qui le «fughe nell'irrazionale», come le definiscono gli scienziati, ma spesso si tratta del tentativo di non banalizzare problemi complessi e di non svendere tradizioni, credenze radicate e sentimenti profondi sulle bancarelle del pensiero unico e omologante. Tanto più che, paradossalmente, proprio la divulgazione scientifica ha fornito a un pubblico sempre più vasto e sempre meno ignorante nozioni e strumenti che gli consentono di compiere un'analisi critica di quanto viene proposto dagli specialisti. Si veda il risultato del referendum...

venerdì, luglio 01, 2005

Non piove, governo ladro!

Da domani, a malavoglia, sono di nuovo in Italia fino al 27 c.m..
Perché a malavoglia? Basta guardare le temperature di oggi: Dublino 11-19; Napoli 21-30.
Previsioni per domenica: Dublino 8-18; Napoli 21-30.