Gli appelli pro-ricerca e il "problema embrione"
Se si nasconde il prezzo da pagare
Vittorio Possenti
La questione delle cellule staminali di derivazione embrionale rimane al centro dei dibattiti e delle preoccupazioni, poiché la loro "creazione" comporta la soppressione dell'embrione umano da cui sono ricavate. È difficile incontrare una questione più carica di responsabilità morale e di implicazioni legislative: volenti o nolenti il "problema embrione" sta al cuore della nostra convivenza, e questa dalla sua soluzione prende valore o si mortifica. Aspetti che sembrano assenti in un recente comunicato congiunto di due Consorzi Europei di ricerca sulle cellule staminali - Estools e Eurostemcell - composti da bioeticisti e biologi di vari Paesi. In una parte riguardante l'Italia e sottoscritta da due validi ricercatori, Giuseppe Testa ed Elena Cattaneo, si denuncia che da noi si discrimina la ricerca non rendendo disponibili il finanziamento pubblico per le ricerche sulle staminali embrionali, che dovrebbe invece essere allineato con quello europeo e concorrere alla crescita della ricerca europea. I firmatari esortano «il governo italiano a cambiare questa situazione, predisponendo un piano volto al sostegno del grande potenziale dell'Italia in questo ambito», ed evitando di rallentare il progresso delle conoscenze che in futuro potrebbero contribuire a identificare cure. Nel comunicato non si trova alcun richiamo alla situazione cruciale dell'embrione umano. Forse gli estensori hanno già deciso che non è un essere umano a pieno titolo, ma un mero grumo di cellule prive di senso e finalismo, di cui si può disporre a piacimento. La cosa di cui ci si preoccupa è invece che vi sia sufficienza di cellule staminali affinché gli scienziati possano proseguire nella loro ricerca. Una scelta utilitaristica presiede alla dichiarazione: i ricercatori promettono utilità pubblica, nascondendo il prezzo da pagare. Con tale dubbio metodo si rivolgono alla politica nonché all'opinione pubblica, per averne l'appoggio affinché faccia pressione sullo Stato, in uno scambio agevolmente individuabile: consentiteci di operare senza remore e noi vi promettiamo terapie e benessere.
A proposito della ricerca sulle cellule staminali embrionali e di quella sulle cellule staminali adulte, il comunicato (in un brano che pare afflitto da contraddizioni perché sembra dire 'a' e il suo contrario) osserva che «non vi è alcuna evidenza scientifica per distinguere» le due ricerche «a riguardo della loro potenziale utilità per trattare condizioni attualmente incurabili». Se le cose stanno così, e se è probabile che le potenzialità terapeutiche delle staminali adulte siano paragonabili a quelle delle embrionali, non si comprendono i motivi per non concentrarsi sulle prime, il cui impiego non solleva le gravissime obiezioni della ricerca sulle seconde. Si chiede urgentemente al legislatore tedesco e italiano (Paesi in cui esistono restrizioni in merito) di operare per rendere possibile agli scienziati europei di lavorare insieme liberamente nel perseguimento della conoscenza. L'appello merita un commento. Non vi è dubbio che il perseguimento della conoscenza pura è un valore in sé, poiché non esistono conoscenze vietate o cattive; esistono invece azioni buone e azioni cattive o vietate. Orbene il criterio secondo cui la conoscenza è sempre buona incontra un limite quando essa viene ottenuta compiendo un'azione cattiva, come è la soppressione di un innocente, o la sua riduzione a mezzo. La domanda suona: è la ricerca scientifica qualcosa che si sottrae alle regole morali in virtù delle sue promesse terapeutiche, e che ha diritto di chiedere un pieno appoggio per i suoi scopi? O invece l'agire dello scienziato è parte dell'agire umano, e come tale ugualmente soggetto alle regole morali? I ricercatori non stanno al di sopra della società e non possono richiedere un'esenzione dall'etica in nome della scienza o dell'utilità delle ricerche. Esistono argomenti razionali di grande peso a favore dello statuto personale dell'embrione umano, ed esiste una diffusa sensibili tà pubblica a favore di una valida tutela giuridica del concepito, ossia dell'assunto che l'embrione non è un "signor nessuno", e che va trattato come qualcuno e non come qualcosa. Sarebbe stato ragionevole trovarne almeno un cenno nel comunicato.
L'embrione ci pone dinanzi a un caso serio. In quel piccolo essere, in quella minima vita, inapparente, invisibile, assoggettabile a ogni possibile forma di manipolazione e violenza (ad esempio il congelamento, che è violenza della più bell'acqua in quanto si impedisce all'embrione di svilupparsi), ciascuno di noi e il nostro futuro di esseri umani risulta in gioco senza sottintesi e vie di fuga.
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