sabato, novembre 10, 2007

Incontro di Benedetto XVI con i giovani della Federazione universitari cattolici italiani

È possibile l'amicizia tra l'intelligenza e la fede


"È possibile l'amicizia tra l'intelligenza e la fede". Lo ha ricordato Benedetto XVI ai giovani della Fuci (Federazione Universitaria Cattolica Italiana) ricevuti in udienza nella mattina del 9 novembre, in occasione del 110° anniversario di fondazione. Durante l'incontro, svoltosi nella Sala Clementina, il Papa ha sottolineato come proprio nell'ambito del dialogo tra "fides et ratio" la FUCI possa esprimere appieno anche oggi il suo antico e sempre attuale carisma. Ciò - ha avvertito il Pontefice - "comporta lo sforzo incessante di coniugare la maturazione nella fede con la crescita nello studio e l'acquisizione del sapere scientifico". In tale contesto acquisisce un originale significato l'espressione cara alla Federazione: "credere nello studio". Perché - si è chiesto Benedetto XVI - "ritenere che chi ha fede debba rinunciare alla ricerca libera della verità, e chi cerca liberamente la verità debba rinunciare alla fede"? La risposta del Pontefice è invece possibilista. Proprio durante gli studi universitari e grazie ad essi - ha spiegato -, si può realizzare "un'autentica maturazione umana, scientifica e spirituale".



Cari giovani amici della FUCI,
mi è particolarmente gradita questa vostra visita, che compite al termine delle celebrazioni per il centodecimo anniversario della nascita della vostra Associazione, la FUCI, Federazione Universitaria Cattolica Italiana. Rivolgo a ciascuno di voi il mio saluto cordiale, incominciando dai Presidenti Nazionali e dall'Assistente Ecclesiastico Centrale, e li ringrazio per le parole che mi hanno rivolto a vostro nome. Saluto Monsignor Giuseppe Betori, Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana, e Mons. Domenico Sigalini, Vescovo di Palestrina ed Assistente Ecclesiastico Generale dell'Azione Cattolica Italiana, che vi hanno accompagnato in questa Udienza e che con la loro presenza testimoniano il forte radicamento della FUCI nella Chiesa che è in Italia. Saluto gli Assistenti diocesani e i membri della Fondazione FUCI. A tutti e a ciascuno rinnovo l'apprezzamento della Chiesa per il lavoro che la vostra Associazione svolge nel mondo universitario al servizio del Vangelo.
La FUCI celebra i suoi 110 anni: un'occasione propizia per guardare al cammino percorso e alle prospettive future. La custodia della memoria storica rappresenta un prezioso valore perché, nel considerare la validità e la consistenza delle proprie radici, si è più facilmente spinti a proseguire con entusiasmo l'itinerario avviato. In questa lieta circostanza, riprendo volentieri le parole che dieci anni or sono ebbe a rivolgervi il mio venerato e amato predecessore Giovanni Paolo II, in occasione del vostro centenario: "La storia di questi 100 anni - egli disse - sta proprio a confermare che la vicenda della FUCI costituisce un significativo capitolo nella vita della Chiesa in Italia, in particolare in quel vasto e multiforme movimento laicale che ha avuto nell'Azione Cattolica il suo asse portante" (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XIX, 1 [1996], p. 1110).
Come non riconoscere che la FUCI ha contribuito alla formazione di intere generazioni di cristiani esemplari, che hanno saputo tradurre nella vita e con la vita il Vangelo, impegnandosi sul piano culturale, civile, sociale ed ecclesiale? Penso, in primo luogo, ai beati Piergiorgio Frassati e Alberto Marvelli, vostri coetanei; ricordo personalità illustri come Aldo Moro e Vittorio Bachelet, entrambi barbaramente uccisi; né posso dimenticare il mio venerato predecessore Paolo VI, che fu attento e coraggioso Assistente ecclesiastico centrale della FUCI nei difficili anni del fascismo, e poi Mons. Emilio Guano e Mons. Franco Costa. I recenti dieci anni sono stati inoltre caratterizzati dal deciso impegno della FUCI di riscoprire la propria dimensione universitaria. Dopo non pochi dibattiti e accese discussioni, a metà degli anni Novanta, in Italia si è posto mano ad una radicale riforma del sistema accademico, che ora presenta una nuova fisionomia, carica di promettenti prospettive insieme però ad elementi che suscitano una legittima preoccupazione. E voi, sia nei recenti Congressi che sulle pagine della rivista Ricerca, vi siete costantemente preoccupati della nuova configurazione degli studi accademici, delle relative modifiche legislative, del tema della partecipazione studentesca e dei modi in cui le dinamiche globali della comunicazione incidono sulla formazione e sulla trasmissione del sapere.
È proprio in questo ambito che la FUCI può esprimere appieno anche oggi il suo antico e sempre attuale carisma: e cioè la convinta testimonianza della "possibile amicizia" tra l'intelligenza e la fede, che comporta lo sforzo incessante di coniugare la maturazione nella fede con la crescita nello studio e l'acquisizione del sapere scientifico. In questo contesto acquista significativo valore l'espressione a voi cara: "credere nello studio". In effetti, perché ritenere che chi ha fede debba rinunciare alla ricerca libera della verità, e chi cerca liberamente la verità debba rinunciare alla fede? È invece possibile, proprio durante gli studi universitari e grazie ad essi, realizzare un'autentica maturazione umana, scientifica e spirituale. "Credere nello studio" vuol dire riconoscere che lo studio e la ricerca - specialmente durante gli anni dell'Università - posseggono un'intrinseca forza di allargamento degli orizzonti dell'intelligenza umana, purché lo studio accademico conservi un profilo esigente, rigoroso, serio, metodico e progressivo. A queste condizioni, anzi, esso rappresenta un vantaggio per la formazione globale della persona umana, come soleva dire il beato Giuseppe Tovini, osservando che con lo studio i giovani non sarebbero mai stati poveri, mentre senza lo studio non sarebbero mai stati ricchi.
Lo studio costituisce, al tempo stesso, una provvidenziale opportunità per avanzare nel cammino della fede, perché l'intelligenza ben coltivata apre il cuore dell'uomo all'ascolto della voce di Dio, evidenziando l'importanza del discernimento e dell'umiltà. Proprio al valore dell'umiltà mi riferivo nella recente Agorà di Loreto, quando esortavo i giovani italiani a non seguire la strada dell'orgoglio, bensì quella di un realistico senso della vita aperto alla dimensione trascendente. Oggi, come in passato, chi vuole essere discepolo di Cristo è chiamato ad andare controcorrente, a non lasciarsi attrarre da richiami interessati e suadenti che provengono da diversi pulpiti dove sono propagandati comportamenti improntati all'arroganza e alla violenza, alla prepotenza e alla conquista del successo con ogni mezzo. Si registra nell'attuale società una corsa talora sfrenata all'apparire e all'avere a scapito purtroppo dell'essere, e la Chiesa, maestra di umanità, non si stanca di esortare specialmente le nuove generazioni, alle quali voi appartenete, a restare vigilanti e a non temere di scegliere vie "alternative" che solo Cristo sa indicare.
Sì, cari amici, Gesù chiama tutti i suoi amici a improntare la loro esistenza ad un modo di vivere sobrio e solidale, a tessere relazioni affettive sincere e gratuite con gli altri. A voi, cari giovani studenti, chiede di impegnarvi onestamente nello studio, coltivando un maturo senso di responsabilità ed un interesse condiviso per il bene comune. Gli anni dell'Università siano pertanto palestra di convinta e coraggiosa testimonianza evangelica. E per realizzare questa vostra missione, cercate di coltivare un'intima amicizia con il divino Maestro, ponendovi alla scuola di Maria, Sede della Sapienza. Alla sua materna intercessione vi affido e, mentre vi assicuro un ricordo nella preghiera, imparto di cuore a tutti con affetto una speciale Benedizione apostolica, che volentieri estendo alle vostre famiglie e alle persone a voi care.

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