Alla festa per la“nuova era della scienza”i laicisti si irritano
“ARGOMENTI AGGHIACCIANTI”, “IL PROBLEMA RESTA” E “NON CAMBIA NULLA”. INVECE DI: “WOW, UNA GRANDE NOTIZIA”
Annalena Benini
Sul Guardian hanno scritto che la clonazione è morta, sul New York Times commentano “un risultato stupefacente”, l’inizio di una nuova era e dappertutto (ma non da queste parti) si saluta con entusiasmo la grande scoperta americana e giapponese, cioè il ringiovanimento in laboratorio di cellule staminali adulte. A farlo sono gli stessi scienziati che criticavano il veto di Bush sugli embrioni cavie, gli stessi che speravano di ottenere buoni risultati dalle staminali embrionali e combattevano coerentemente la loro battaglia, volevano i fondi, spiegavano che era necessario sperimentare, provare, sacrificare, e se qualcuno pensava che quegli embrioni fossero vita umana, pazienza.
Ora è stato provato che non serve distruggere embrioni per far progredire il mondo, non serve levare l’etica dalla scienza per ottenere cellule preziose. Hanno perso e non hanno paura a dirlo, non nascondono “il gigantesco passo compiuto”, non scompaiono astiosi sotto i tavoli del laboratorio.
Robert Lanza, notissimo ricercatore di cellule staminali embrionali e titolare dei laboratori dell’Advanced Cell Technology (che da anni cerca di clonare embrioni, anche creando ibridi, e da anni dichiara di non riuscirci), ha detto che ora si apre “una nuova era per la scienza, l’equivalente biologico del primo aeroplano dei fratelli Wright: è come avere imparato a trasformare il piombo in oro”.
E’ così che si fa, è così che termina una guerra, è così che ci si dimentica perfino che ci sia mai stata una guerra. Onore ai vincitori, ma senza troppo gridare, e grande onore ai vinti, poi di nuovo tutti in laboratorio a combattere altre guerre.
Qui non è successo, qui nessuno ha festeggiato il risultato stupefacente. Carlo Flamigni, membro del Comitato nazionale di bioetica, molto disinvolto sull’uso degli embrioni (e sul commercio degli ovociti estratti alle ragazze ucraine), “esprime riserve” e spiega che in ogni caso anche adesso “il problema morale si pone esattamente allo stesso modo, c’è molta ipocrisia” perché le cellule ringiovanite diventerebbero uguali agli embrioni. Demetrio Neri, ordinario di Bioetica all’Università di Messina e vicino ai Radicali nella battaglia per la libertà di ricerca, dice che “sul piano etico non cambia nulla, perché anche se queste cellule sono state derivate, ora, da cellule adulte, si basano su ricerche precedenti in cui embrioni veri sono stati coinvolti, quindi chi dice che l’embrione è inviolabile non dovrebbe essere contento”.
Così Giulio Cossu, direttore dell’Istituto cellule staminali del San Raffaele di Milano (spiega che ora bisogna modificare la legge 40), così anche Cinzia Caporale, del Comitato nazionale di bioetica, che ha trovato perfino “agghiaccianti, grotteschi e antiscientifici” gli argomenti di coloro che da tempo provano a dire che gli embrioni non salveranno il mondo (poiché da dieci anni si tenta fallimentarmente a clonarli), e sono solo una vita umana da non distruggere.
Agghiaccianti e antiscientifici, e nessuno, qui, che abbia detto semplicemente: wow, è una grande notizia, c’era una strada alternativa ed è stata percorsa, sono stati grandiosi, perfino Bush è da lodare, oggi. Perché, a dover essere inelegantemente trionfanti, bisogna notare che, nonostante i convincimenti di Flamigni, Neri, Caporale eccetera, la ricerca giapponese non ha mai lavorato sulle staminali embrionali, ad esempio.
A dover meschinamente ricordare il passato, bisogna dire che Elena Cattaneo, scienziata in lite con il ministro della Salute per i fondi della ricerca sulle staminali, diceva che “solo dalle staminali embrionali si possono ottenere popolazioni omogenee”, e tutti insieme gli scienziati combattevano coerentemente la loro battaglia e avevano anche firmato un manifesto sul “valore scientifico, morale e civile” dei fondi pubblici per la ricerca sulle staminali embrionali e ovviamente “contro la dittatura dell’embrione”.
Perché l’Alzheimer, la sclerosi multipla, il Parkinson, i diritti dei malati (“Se un giorno si avranno risultati nella cura di terribili malattie grazie alla ricerca altrui sulle staminali embrionali, se avverrà questo, sulla scorta della pseudo etica oggi sbandierata, i malati italiani non potranno accedere a queste cure?”, chiedeva Elena Cattaneo). Erano tutti sinceramente preoccupati, ora potrebbero essere, almeno, sinceramente contenti.
© Copyright Il Foglio, 23 novembre 2007
Per Kass adesso clonazione al bando
“La riprogrammazione alla pluripotenza delle cellule umane somatiche è un traguardo enormemente significativo, possono celebrarlo sia i sostenitori del progresso medico sia i difensori della dignità umana. I risultati nei papers della ricerca pubblicati martedì sono completi e impongono il rispetto: le cellule sono versatili e utilizzabili come le cellule staminali embrionali, sono state ottenute senza la creazione e la distruzione dell’embrione e la necessità di sfruttare le donne per gli ovociti. Ma soprattutto, queste cellule possono essere ottenute da chiunque, consentono lo studio delle cellule affette da malattie differenti e, quando le terapie basate sulle cellule staminali saranno diventate disponibili, provvederanno i tessuti per il trapianto personalizzato e senza rigetto.
I benefici etici e politici sono egualmente grandi. Il presunto bisogno della clonazione terapeutica cosiddetta, clonare gli embrioni per la ricerca, è venuto meno.
Quindi possiamo passare dalla ‘life issue’ delle distruzione dell’embrione alla ‘dignity issue’ della fabbricazione dei nuovi nati e predisporre una legislazione che metta al bando la clonazione e altre degradanti forme di creazione dei nuovi nati, come ha raccomandato il President’s Council on Bioethics. Proibire ogni tentativo di concepire un figlio che non sia l’unione dello spermatozoo e dell’ovocita, entrambi ottenuti da essere umani adulti.
Erigere questa barriera contro il ‘Nuovo Mondo’ sarebbe un grande risultato che i pro life possono felicemente far loro senza esitazioni”.
Leon Kass, ex capo del Consiglio di bioetica della Casa Bianca al National Review
© Copyright Il Foglio, 23 novembre 2007
LE STAMINALI ETICHE VISTE DALL’ AMERICA / 2
La scoperta delle “cellule ips” chiude una guerra culturale made in Usa
New York. La guerra culturale sugli embrioni probabilmente è finita, almeno così sostengono i grandi giornali liberal americani,
gli stessi che in questi anni hanno alimentato il fronte “scientifico” del dibattito e spesso sottostimato quello “etico”. Il punto di scontro è quello della distruzione dell’embrione, cioè del primo stadio della vita umana, al fine di cercare disperatamente nuove e possibili cure per le persone in carne e ossa. I sostenitori della sperimentazione credono sia immorale fermare il progresso della ricerca scientifica, gli altri che non sia lecito porre fine a una vita umana per curarne un’altra.
Ora, con tutte le cautele necessarie, lo scontro è stato superato grazie a due ricercatori del Wisconsin e del Giappone e, come ha detto uno dei due, “tra dieci anni questo dibattito sarà soltanto una simpatica nota a margine della storia”. I due scienziati hanno infatti scoperto il modo di trasformare normalissime cellule di pelle umana in cellule staminali embrionali, esattamente quelle su
cui da una decina d’anni il mondo scientifico ripone le maggiori aspettative per trovare rimedi a malattie oggi incurabili. Il procedimento dei due scienziati non comporta né l’uso né la distruzione degli embrioni. Le nuove staminali embrionali etiche si chiamano “cellule ips”, “induced pluripotent stem cells”, “staminali pluripotenti indotte”.
Il lieto fine, come nei film hollywoodiani, è reso ancora più formidabile dal fatto che uno dei due grandi pacificatori, lo scienziato del Wisconsin, è James A. Thomson. Il nome ai profani del settore non dice niente, ma il New York Times racconta che il dottor Thomson, 48 anni, è lo stesso Thomson che nel 1998 è stato il primo ricercatore ad aver estratto cellule staminali da embrioni umani, distruggendo nel processo l’embrione e avviando un dibattito etico e culturale in America e nel resto del mondo.
Nove anni dopo, ha raccontato lo stesso Thomson al Times, in quegli stessi laboratori è riuscito a risolvere le sue preoccupazioni etiche, ben presenti e pressanti malgrado sapesse che gli esperimenti sugli embrioni avrebbero offerto informazioni fondamentali per capire lo sviluppo umano e individuare nuove cure:
“Se la ricerca sulle cellule staminali embrionali umane non mette almeno un pizzico di disagio, vuole dire che non si è riflettuto abbastanza – ha detto Thomson al Times – Io ci ho pensato molto e a lungo”.
La straordinaria scoperta, ancora da perfezionare, ha avuto il merito di ribaltare il dibattito politico e culturale intorno alla ricerca scientifica, al punto che il Washington Post ha individuato nel lavoro dei due scienziati una specie di rivalsa pubblica della politica e delle scelte di George W. Bush. Il presidente americano, infatti, aveva vietato il finanziamento federale alla ricerca sugli embrioni, e poi posto il veto alla legge libertaria approvata di recente dal Congresso democratico, convinto che sarebbe stata la stessa comunità scientifica a trovare una via d’uscita al dilemma etico.
I collaboratori di Bush hanno spiegato che la Casa Bianca si auspicava esattamente una soluzione eticamente compatibile come quella trovata dai due scienziati e hanno ricordato
che uno dei due studi ha ricevuto finanziamenti federali dall’Istituto Nazionale della Salute. “La scienza ha prevalso sulla
politica – ha detto Karl Zinsmeister, capo dei consiglieri di politica interna di Bush, ribaltando una delle accuse che il fronte pro ricerca rivolge da sempre ai difensori dell’embrione – Se si fissano parametri ragionevoli e si offrono molti incoraggiamenti e tanti fondi pubblici la scienza trova sempre il modo di risolvere il problema e noi non dobbiamo combattere una guerra culturale”.
Il vicepresidente della task force sulle staminali al National Institutes of Health, James Battey, ha detto di “non vedere nessuna
ragione al mondo per cui il lavoro dei due ricercatori non debba ricevere finanziamenti federali”, mentre Richard Doerflinger della
Conferenza episcopale americana, ha confermato che “gli scienziati cattolici non pongono questioni morali alla nuova tecnica”.
I politici più liberal, a cominciare dal senatore Ted Kennedy, hanno riconosciuto la straordinaria portata del lavoro dei due scienziati, ma non sembrano così decisi a rinunciare alla battaglia, ormai un po’ di retroguardia, sul finanziamento federale alla ricerca sugli embrioni. Eppure, racconta il Washington Post, anche i più scettici dell’approccio bushiano riconoscono che la creazione di cellule “staminali ips” rende molto più complicata la campagna a favore della ricerca embrionale, anche se gli scienziati dicono che è ancora troppo presto per abbandonarla.
Nel breve questo vuol dire che il Senato di Washington avrà molta più difficoltà a trovare la maggioranza qualificata di 67 senatori
per superare il veto di Bush sulla proposta di reintrodurre i finanziamenti a favore della ricerca sugli embrioni.
L’aspetto più interessante, come ha segnalato ieri in prima pagina il Washington Post, è che la scoperta di un modo non controverso per creare cellule staminali equivalenti a quelle embrionali ha generato scosse economiche e geopolitiche in California, nello stato di New York e negli altri sei stati americani che in questi anni hanno deciso di investire miliardi di dollari in centri di ricerca che sperimentano sulle staminali embrionali.
Questi stati avevano individuato nel vuoto creato nel 2001 dal divieto di finanziamenti federali deciso da Bush uno spazio straordinario per attirare i migliori scienziati, costruire le infrastrutture più avanzate tecnologicamente e offrire quindi nuove opportunità di lavoro e di business alle proprie comunità.
La California, da sola, s’è impegnata a investire nella ricerca sugli embrioni tre miliardi di dollari in dieci anni.
Ora, però, c’è la possibilità concreta che le “staminali ips” possano attirare i fondi federali e rendere superati gli investimenti già fatti sulla ricerca embrionale. C’è chi dice che i due filoni resteranno paralleli, ma c’è anche chi crede che i 560 milioni l’anno che il National Institute of Health garantisce agli
studi sulle staminali non embrionali potrebbero diventare molti di più e, addirittura, democratizzare il campo della ricerca scientifica biomedica. “Mi immagino già -– ha detto
al Post Jonathan Moreno, professore di bioetica all’Università della Pennsylvania – che in posti come il Texas e la Virginia ci saranno politici che diranno: ‘Be’, ora possiamo farlo anche noi’”. (chr.ro)
© Copyright Il Foglio, 23 novembre 2007
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