da "Avvenire" di oggi
L’ultimo uditore laico del Concilio
Caro direttore, nei giorni scorsi, sulla soglia dei 100 anni, è morto Ramon Sugranyes de Franch, esule catalano durante la dittatura, voluto da Paolo VI come uditore laico al Concilio, forse l’ultimo che era rimasto in vita, in ogni caso l’ultimo tra i più conosciuti.
Ha amato molto il nostro Paese, dove è venuto molto spesso per la Fuci, il Meic, l’istituto Maritain. I suoi rapporti sono stati strettissimi, sin dagli anni Quaranta, soprattutto con Giovanni Battista Montini, che poi da Papa lo volle uditore ben sapendo quali sarebbero state le reazioni di Francisco Franco. Paolo VI preparava scientemente, anche tramite lui e in raccordo col cardinal Benelli e col nunzio Dadaglio, l’evoluzione democratica spagnola. Stretti i rapporti anche con molti altri italiani, Vittorino Veronese, monsignor Guano, monsignor Bernareggi, con Guido Gonella. Il libro-intervista col monaco benedettino di Montserrat Hilari Raguer edito da Rubbettino, Dalla guerra di Spagna al Concilio ci racconta episodi avvincenti del secolo breve, tra vita civile ed ecclesiale, che meriterebbero di essere più conosciuti. Come laico impegnato da decenni nell’associazionismo internazionale tramite Pax Romana, insieme a Rosemary Goldie, anche lei da poco scomparsa, aveva ben sperimentato il metodo di lavoro utilizzato in Concilio, tra diverse lingue e culture, che per molti fu una novità. Almeno due gli episodi in cui i suoi interventi furono decisivi in Concilio: uno per superare un primo testo troppo rigido e dettagliato sulla paternità e maternità responsabile e l’altro per adottare criteri più restrittivi sull’armamento nucleare. Questo secondo, che amava spesso ricordare, fu caratterizzato da un dialogo col cardinale Ottaviani, ormai quasi cieco, che aveva fatto un primo intervento possibilista sull’uso delle armi nucleari, predisponendo la redazione del paragrafo 81 della 'Gaudium et Spes'.
Sugranyes domandò la parola, Ottaviani gli chiese in latino « Et tu qui es? », avendogli risposto che era il responsabile internazionale di Pax Romana, movimento internazionale di laici, Ottaviani rispose favorevolmente « Agitur de pace, loquere ».
L’argomento di Sugranyes fu che l’uso delle armi nucleari era di per sé incompatibile con uno dei criteri cardine della tradizionale dottrina della 'guerra giusta', quello della proporzionalità tra bene che si vuol difendere e male che si arreca difendendosi. Non che Sugranyes, per quanto esule che aveva rifiutato di schierarsi tra i due opposti campi della Guerra Civile, fosse un pacifista assoluto, era anzi un sostenitore ante litteram del diritto di ingerenza umanitaria e ricorda infatti nel libro che molti esuli democratici avevano sperato per la Spagna in un intervento militare di Francia e Inghilterra che li salvasse da Franco senza cadere nelle mani dell’Urss. L’argomento sulla proporzionalità convinse anche Ottaviani e si arrivò così alla condanna espressa nei paragrafi 80 e 81 della 'Gaudium et spes'. Gli uditori, nonostante il nome, il cui significato era stato chiarito da Paolo VI in termini estensivi « Auditores atque locutores » hanno ampiamente fatto valere il loro ruolo. Anche questo era un segno dei tempi.
Stefano Ceccanti
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