venerdì, agosto 09, 2024

Libri nuovi e usati

«Capelli sul cuscino»

L’amico si affrettò a posare sulla tavola il volume coperto di bella carta color torlo d’uovo; il
volume sul cui frontespizio aveva letto questo titolo eccentrico: Capelli sul cuscino; e, torcendo la
bocca: «Fa un certo effetto» mi disse «come trovare uno (un capello, intendeva) nella minestra».
È il guaio dei titoli a tinte forti, e intenzioni, diremo così, sviscerate. Impazzano come la crema; e,
passato un po’ di tempo, non hanno più affatto sapore, o hanno preso sapori inquietanti.
In un grosso libro del dottor Eugenio Duehren: Le Marquis de Sade et son temps (Etudes relatives a
l’histoire de la Civilisation et des Moeurs au XVIII.me siècle),2 pubblicato in francese, a Berlino,
dall’editore Barsdorf, nel 1901, si impara che i titoli sul genere Sciogli la treccia, Capelli sul
cuscino, etc., etc., erano di gran moda in pieno incendio rivoluzionario. E il Duehren ce ne procura
un elenco, il quale potrebbe prestarsi a raffronti utili con i titoli in corso nella letteratura erotica e
frenetica che imperversò, or sono pochi mesi, durante quella che, secondo molti pronostici, pareva
dovesse essere la nostra vigilia rivoluzionaria.3
Mi preparavo, tempo fa, a sviluppare appunto cotesti raffronti in un articolo, quando una mattina,
guardando in giro, non ritrovai più i sintomi della rivoluzione, né la letteratura eroticorivoluzionaria.
In Italia i mutamenti storici avvengono con tale urgenza, che non si fa a tempo, il più
delle volte, a consacrarli non dico in un libro, ma in una colonna di giornale!
Sarebbe tuttavia ingiusto identificare, per via del titolo: Capelli sul cuscino, queste novelle di Auro
d’Alba4 (Edit. Mondadori, Milano, 1921), con la novellistica testé scomparsa. Il titolo può essere
sforzato ed oltrepassato. E le novelle, che del resto non dovrebbero nemmeno considerarsi,
strettamente, come novelle, possono non mancare di mende, nell’ideazione e nello stile. Ma
rappresentano un progresso marcato, sugli scritti precedenti del d’Alba. E si ornano continuamente
dei segni d’una sensibilità assai fresca e sincera. È facile, così, dimenticare anche quel tanto di
romantico, che l’autore non ha saputo risparmiarsi, tratteggiandoci alcuni dolenti episodi del
riassestamento postbellico.
Ciò che sopratutto importa, è che, con questo libro, lasciando le convenzionali bravate del
futurismo, il d’Alba mostra di volere impegnarsi in una via di lavoro serio. Un’altra pecorella torna
all’ovile. C’è posto anche per lei: e sia la benvenuta.

Emilio Cecchi

«La Tribuna», venerdì 18 novembre 1921.


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