È iniziato il secondo semestre dell’anno accademico. Per la DBS terrò 3 corsi. Il primo è Critical Thinking, ossia logica informale. Si tratta di un corso che ho già svolto presso la DBS lo scorso anno e presso UCD nel semestre scorso. Ho due classi per un totale di oltre 200 alunni, la maggior parte dei quali studia psicologia.
Il secondo corso è Philosophy of Science, per il secondo anno di Arts. In totale poco più di venti studenti divisi in due classi. Preparare questo corso è stato per me tornare ai vecchi tempi, visto che agli inizi degli anni Novanta ho letto un bel po’ di libri di Popper. Parlerò, ovviamente, anche di Feyerabend. Gli studenti devono scrivere un breve saggio durante il semestre e come argomento avevo pensato alla critica che Popper fa della psicoanalisi. Però, viste le note vicende di questi giorni, penso che chiederò loro di scrivere qualcosa a proposito di Feyerabend e Galileo.
Il terzo corso, che inizia domani, fa parte del master sulle dipendenze (MA in Addiction Studies). Il mia materia è Cultural Issues in Addiction Studies, ossia storia e antropologia delle dipendenze. Ci concentreremo sulle dipendenze da sostanza e inizieremo con l’alcool, anche se il master riguarda tutte le forme di dipendenza (gioco d’azzardo, internet, videogiochi, shopping, collezionismo, sesso, e così via)
Si tratta, per me, di un ambito nuovo e pertanto nei mesi scorsi ho dovuto studiare molto. La materia però è affascinante. Come ben sa chi mi conosce, non bevo, non fumo, non faccio uso di droghe, non mi piace il caffè, insomma sono tutto fuorché un esperto. Eppure ....
5 commenti:
Che opinione s'è fatto, si licet quaerere, del clima culturale favorevole allo sviluppo delle dipendenze?
Ritiene vi siano, o vi siano stati, dei progetti culturali intesi allo sviluppo di queste forme dipendenza? Se sì, quale la finalità remota di questi progetti?
Il tema m'interessa particolarmente, sarei curioso di conoscere un'opinione informata.
Ha per caso incrociato l'opera di Michael Jones nell'ambito degli studi in materia?
Cordialmente
Giampaolo
mi piace questo elenco di esclusioni.
quale voce non vi appartiene?
Giampaolo, non capisco bene le tue domande. Sicuramente la cultura o la subcultura di appartenenza influisce sul consumo di alcune sostanze o su alcuni comportamenti.
Se però intendi chiedermi se alcune dipendenze speficiche siano state promosse attraverso progetti da parte di organizzazioni o poteri, beh, non so risponderti. A cosa stai pensando?
Michael Jones non lo conosco.
Anonimo, non ho capito la domanda.
Dal titolo del corso "cultural issues..." immaginavo ti fossi occupato del clima culturale atto a favorire, se non proprio a stimolare, la disposizione alla dipendenza.
Citavo Michael Jones poichè quest'autore ha trattato l'argomento in quei termini in diverse opere, "libido dominandi" su tutte, rilevando una strategia culturale a monte, declinantesi poi anche in politiche nazionali e aziendali ben precise, senza scadere in complottismi d'accatto.
Insomma una traduzione in termini di analisi filosofico-culturale di quelle che Giovanni Paolo II definì culture di morte nella Evangelium vitae, indicandone l'antropologia di riferimento.
La tesi di quest'autore, sintetizzando grossolanamente, è che vi sia stata e vi sia una promozione di costumi, mode, stili di pensiero intenzionati precisamente allo sviluppo quanto più ampio possibile di dipendenze, il tutto a partire dagli esperimenti di ingegneria sociale concepiti nell'ambiente accademico del comportamentismo statunitense.
Mi spiace non essere stato chiaro nella formulazione della domanda precedente, spero aver chiarito maggiormente la mia curiosità ora.
Giampaolo
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