Come ha ricordato il Papa durante l'Angelus, inizia e domani a Dublino una conferenza internazionale per il bando delle cluster bombs.
Mosaico di Pace, la rivista di Pax Christi Italia ha pubblicato un ottimo dossier a riguardo.
Pensate per uccidere
Ma che cosa sono le cluster bombs? Si tratta di armi di grandi dimensioni che si aprono a mezz'aria spargendo ad ampio raggio decine, o addirittura centinaia, di piccoli ordigni (sub-munizioni). Le bombe a grappolo possono essere lanciate da svariati tipi di mezzi aerei, tra cui caccia, lanciarazzi e lanciamissili, che le spargono da quote altissime (spesso 5000 metri) così da dilatarne la capacità - peraltro già militarmente assai apprezzata - di ampia dispersione sul territorio. Sono infatti armi cosiddette "d'area", capaci di diffondere i propri contenuti su un'ampia superficie. Popolari perché hanno un'impronta di morte elevatissima, quindi. Le sub-munizioni sono progettate in modo da esplodere al momento dell'impatto con il terreno, a differenza delle mine che invece hanno bisogno del contatto con la vittima per essere attivate. Ma troppo spesso capita che siano difettose e l'elevato tasso di errore nel funzionamento (5%, dicono i produttori; dal 20 al 55%, segnalano altri esperti), rappresenta una minaccia umanitaria destinata ad aggravarsi su scala esponenziale se l'utilizzo di questo sistema d'arma non verrà fermato. Anche perché ormai il loro utilizzo in aree urbane densamente popolate è divenuto la norma...
Ma anche volendo prendere per buone le rassicurazioni sul funzionamento delle bombe a grappolo spavaldamente propugnate da chi le fabbrica, gli scenari sono tutt'altro che rassicuranti per chi resta a vivere nei Paesi colpiti. Tra ottobre 2001 e marzo 2002 sono state sganciate in Afghanistan 1.228 bombe cluster, contenenti 248.056 sub-munizioni. Nel migliore dei casi (5% di margine di errore), sarebbero comunque rimaste sul terreno di un'area già ampiamente battuta dalle mine più di 12.400 ordigni inesplosi innescati. Tra i 127 civili uccisi dall'ottobre 2001 al novembre 2002 si contano pastori che portavano le greggi al pascolo, contadini che aravano i campi, bambini che raccoglievano la legna... una storia già abbondantemente raccontata con la vicenda delle mine, per rimuovere le quali almeno gli afgani hanno sviluppato una capacità locale straordinaria. Adesso hanno dovuto ricominciare da capo con le bombe a grappolo, molto più pericolose da rimuovere: infatti devono essere fatte esplodere, una a una, sul luogo dove si trovano. In Iraq, durante le tre settimane campali di bombardamenti nella primavera del 2003, le forze armate americane e inglesi hanno sganciato circa 13.000 bombe, per un totale di 1,8-2 milioni di piccoli ordigni. Le ricerche condotte sul campo dall'organizzazione Human Rights Watch sono giunte alla conclusione che proprio queste operazioni sono state tra le principali cause di morti civili, con centinaia di morti e feriti fra la popolazione civile a Bagdhad, al-Hilla, Bassora, al-Najaf. Potrebbero essere 200.000 le piccole bombe inesplose sul terreno.
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