giovedì, giugno 12, 2008

Irlanda e Lisbona: verso il no? Speriamo

Fra poche ore l’Irlanda va al referendum: per il Trattato di Lisbona, la pseudo-costituzione europea che non dice il suo nome. La massoneria eurocratica trema, perchè il fronte del «no» guadagna punti.

L’Irish Times ha condotto un sondaggio, che dà al «no» il 35% e al «sì» il 30%.
In seguito, il Sunday Business Post ha commissionato un altro sondaggio, l’ultimo che è possibile diffondere prima del voto di giovedì: 49% al «sì» e 39 % al «no».

Ma con un particolare inquietante per i massoni: anche in quest’ultimo sondaggio, il «no» ha guadagnato 6 punti, il «sì» un punto. E gli indecisi si aggirano, secondo Irish Times, sul 28%.

Il fronte del «sì» sta ricorrendo a trucchi e menzogne che, benchè tipici di lorsignori, non sono meno vergognosi. Per esempio il sindacato dei coltivatori irlandesi consiglia il «sì» dopo la promessa del primo ministro, Brian Cowen, di usare il suo diritto di veto nei negoziati con l’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC, World Trade Organisation) a difesa degli interessi agricoli.

Piccolo, trascurabile dettaglio: tale «diritto di veto» non esiste, nè per il premier irlandese nè per nessun altro, nemmeno per la UE nel suo complesso. E i negoziati presso l’OMC non c’entrano nulla con il Trattato di Lisbona, se non in quanto frutti del regime oligarchico mondiale.

Pochi giorni prima, a Lussemburgo, i ministri della Giustizia dei 27 membri UE hanno discusso nuove misure destinate a rendere più facile il divorzio nell’Unione Europea. La Svezia in primo piano, contrarissima ad ogni compromesso coi cattolici; si andava verso una «cooperazione rinforzata», che consente di imporre e far avanzare un progetto anche quando manca l’unanimità.

A questo punto però il rappresentante irlandese, Bobby McDonagh, ha fatto presente che tale discussione poteva danneggiare i fautori del «sì» al referendum, che si annuncia pure difficile... Risultato: discussione chiusa, progetto rimandato a dopo il referendum.

«Abbiamo ritenuto saggio concederci una pausa di riflessione», ha detto il rappresentante sloveno (la Slovenia ha la presidenza pro-tempore). Il commissario europeo alla Giustizia, il francese Jacques Barrot, ha detto: «Non è il momento». Lasciamo votare gli irlandesi, poi...

Non è la sola pausa di riflessione che la cosca eurocratica ha deciso per non svegliare l’irlandese che dorme. Si doveva discutere il bilancio dell’Unione Europea: rimandato a settembre. Si doveva diffondere il rapporto al parlamento europeo sull’attuazione del Trattato di Lisbona (i kommissari se ne infischiano delle opinioni pubbliche, già dettano l’appplicazione del Trattato): rimandato a fine giugno. Stava per uscire il Libro Bianco francese sulla Difesa e la Sicurezza, dove si parla ovviamente del rafforzamento della difesa europea: rimandato al 12 giugno anche quello, su richiesta a Parigi del governo irlandese. Silenzio, zitti zitti piano piano.

Ma in un caso la euro-massoneria ha dovuto parlare (1). Gli oppositori irlandesi hanno scoperto che il Trattato di Lisbona permetterebbe l’introduzione dell’aborto in Irlanda, vietato dalla Costituzione irlandese (articolo 40.3.3); allora la Commissione per il referendum ha emanato una dichiarazione asserendo che il protocollo 35 del Trattato di Lisbona garantisce che nulla può toccare della Costituzione. Era una menzogna.

Come ha rilevato il Coir, il gruppo d’opposizione al referendum e all’aborto, quello emanato dalla Commissione è un’opinione tutta sua. «Il Trattato di Lisbona dà alla Corte europea di Giustizia il diritto a prendere decisioni riguardo alle leggi irlandesi sull’aborto, sulla famiglia e sui diritti dei minori», ha insistito. Infatti.

I «protocolli» del Trattato sono praticamente illeggibili, a bella posta (una versione del trattato completa, senza taglia-e-cuci, è stata ricostruita solo dal 9 maggio) (2). Ma resta che l’articolo 2 della Carta dei diritti fondamentali effettivamente dà alla Corte di Giustizia il diritto di impancarsi sul diritto alla vita nei Paesi membri. In più, c’è un «protocollo» sui servizi d’interesse generale che impone «l’eguaglianza di accesso e di trattamento» fra i sudditi europei.

E dal 1991 - ecco il trucco - in base ad un certo «lodo Grogan», la Corte di Giustizia include l’aborto fra i «servizi economici»... da dare egualmente a tutte le povere donne. Senza contare che, per principio, il «diritto» europeo supera tutte le leggi nazionali, costituzioni comprese.

Non basta ancora: i massoni e i loro complici politici vogliono andare sul sicuro. A febbraio scorso, un emendamento presentato al parlamento europeo, che proponeva di rispettare il risultato del referendum irlandese, è stato bocciato a larga maggioranza dai deputati - che dovremmo avere eletto noi (ma naturalmente non è vero: li hanno «eletti» i partiti). Hanno votato a favore della proposta 129, contro 499, astenuti 33.

Ecco quello che fanno i «nostri» parlamentari a Strasburgo e Bruxelles, quando sanno di non essere visti. Hanno deciso di ignorare il risultato del referendum irlandese, se sarà un «no». Diranno che l’Irlanda è un Paese piccolissimo, senza peso, e non può cambiare la «volontà unanime» di noi europei... noi che non abbiamo votato, e quelli (francesi e olandesi) che hanno votato «no».

I poteri forti americani sono arrivati al punto di minacciare gli irlandesi, se votano no, di sanzioni. E’ accaduto a Dublino il 22 febbraio scorso, alla Camera di Commercio Americana in Irlanda. Il nuovo presidente di detta Camera, Paul Rellis, (un uomo del sindaco Bloomberg di New York, isnomma dell’alta finanza) ha ricordato a una platea di imprenditori che le aziende USA sono interessate a investire in un’Irlanda che, come membro della UE, «dà accesso ai 460 milioni di consumatori europei».

«Gli investimenti americani in Irlanda sono oggi pari a 83,6 miliardi di dollari», ha ricordato Rellis: «Un’Irlanda al cuore dell’Europa, con istituzioni riformate, rafforzate e più responsabili (sic) è infinitamente preferibile a un’Irlanda che diventi un ostacolo al comune progresso del continente. Un voto ‘no’ manderebbe un segnale molto negativo alla comunità degli affari e può influire sugli investimenti in Irlanda».

Noi ingenui possiamo chiederci perchè mai gli Stati Uniti devono dire la loro sull’Europa. Non possiamo far di meglio che riportare integralmente un articolo apparso su Il Giornale il 7 giugno, segnalatoci da un lettore:

«In questi giorni, con la ratifica da parte del Parlamento italiano del cosiddetto Trattato di Lisbona, si porrà fine definitivamente all’esistenza delle nazione Italia. E mano a mano si porrà fine all’esistenza di quasi tutte le altre nazioni in Europa. Non bisogna sorprendersi del silenzio che accompagna l’atto più importante che sia mai stato compiuto dal 1870 con il regno d’Italia. E’ un silenzio che non è dovuto soltanto al volere dei governanti, ben sicuri fin dall’inizio dell’operazione ‘Unione europea’ che bisognava tenerne all’oscuro il più possibile i cittadini, ma anche alla obiettiva difficoltà per i giornalisti di fornire informazioni e tanto meno spiegazioni di un progetto che esula da qualsiasi concetto di ‘politica’. Il Trattato di Lisbona è infatti una ‘visione del mondo’ universale, una teologia dogmatica con le sue applicazioni pratiche, la forma più assoluta di totalitarismo che sia mai stata messa in atto. Come potrebbero i giornalisti istruire con poche parole milioni di persone sulla metafisica di Kant? Eppure c’è quasi tutto Kant, inclusa la sua proposta per la Pace Perpetua, nel progetto dell’Unione europea. Ma c’è anche molto Rousseau, molto Voltaire, molto Marx, con in più quello che Tremonti definisce ‘mercatismo’: l’assolutizzazione del mercato. La falsificazione dei significati linguistici accompagna fin dall’inizio l’operazione europea: quello che viene firmato non è affatto un Trattato e non è neanche una ‘Costituzione’, come era stato chiamato prima che i referendum popolari lo bocciassero. E’ la proclamazione di una religione universale, accompagnata in tutti i dettagli dagli strumenti coercitivi verso i popoli e verso le singole persone per realizzarla. E’ il passo fondamentale, dopo averlo costituito in Europa, per giungere alla meta prefissata: il governo mondiale. Posso indicare in questo breve spazio soltanto alcuni degli strumenti preordinati:

A) Il sincretismo fra le varie religioni e fra i vari costumi culturali. Un sincretismo che verrà raggiunto con lo spostamento di milioni di persone e smussando tutte le differenze attraverso il ‘dialogo’. Discendono da questa precisa volontà dei governanti le ondate immigratorie che stanno soffocando l’Europa d’occidente. Si tratta di decisioni di forza, prese a tavolino: se nasceranno reazioni o conflitti, come di fatto sono già nati, provvederanno le schedature biometriche, la polizia e il tribunale europeo a eliminarli.

B) Il governo concentrato in poche persone, quasi sconosciute ai cittadini, mentre diventano sempre più pleonastici i parlamenti nazionali. Il parlamento europeo, infatti, tanto perché nessuno possa obiettare in seguito che non aveva capito, è stato istituito fin dall’inizio privo di potere legislativo. Pura finzione al fine di gettare polvere negli occhi ai cittadini e tenere buoni con ricche poltrone i residui pretendenti al potere nell’impero fittizio.

C) Nella sua qualità di fase di passaggio verso il governo mondiale, l’Europa deve essere debolissima, come infatti sta diventando. Per ora qualcuno lo nota a proposito dell’economia e della ricerca (ricerca significa intelligenza), ma presto sarà chiaro a tutti l’impoverimento intellettuale e affettivo di popoli costretti a perdere la propria identità, la propria ‘forma’ in ogni settore della vita. In Italia la perdita è più grave per il semplice motivo che gli italiani sono i più ricchi di creatività. Di fronte al vuoto di qualsiasi ideale e di qualsiasi futuro, i giovani si battono per quelli vecchi inesistenti, oppure ‘si annoiano’. Vi si aggiungono con uguale impoverimento i milioni di immigrati, anch’essi sradicati dalla loro identità e gettati nel crogiolo della non-forma.
Si tratta di conseguenze ovvie, perseguite con ostinazione durante il passare degli anni sia dai fanatici credenti nella religione universale che da coloro che se ne servono per assolutizzare il proprio potere. Ci troviamo di fronte a quello che i poeti tedeschi individuavano chiaramente durante il nazismo come ‘il generale naufragio dello spirito’. Seppellire le nazioni per paura del nazionalismo significa provocare di nuovo il generale naufragio dello spirito».

Maurizio Blondet

1) Tutte le informazioni sono tratte dall’ottimo «Le blog d’Yves Daoudal», informatissimo.
2) «Versions consolidées du traité sur l’Union européenne et du traité sur le fonctionnement de l’Union européenne», Journal Officiel de l’Union Européenne, 9 maggio 2008.

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