venerdì, novembre 06, 2009

Traduzione e giustizia in Paul Ricoeur

La prossima settimana sarò a Roma per partecipare al seminario Levi Sandri sulla traduzione giuridica.
Questo è il sunto del mio intervento.


Traduzione e giustizia in Paul Ricoeur

All’interno della recente produzione filosofica il problema della traduzione è stato trattato da un numero relativamente limitato di autori. Possiamo ricordare i contributi di Donald Davidson e Willard van Orman Quine nell’ambito della filosofia analitica mentre in quella continentale Jacques Derrida e Paul Ricoeur sono i maggiori pensatori che hanno esplicitamente tematizzato la pratica del tradurre per trarre conseguenze dal punto di vista speculativo.
Il mio intervento si concentrerà su Paul Ricoeur il quale ha affrontato la questione della traduzione in diversi interventi, presentati occasionalmente negli ultimi quindici anni della sua lunga vita e poi raccolti in due volumi: Le Juste 2 (2001) e Sur la traduction (2004).
La peculiarità di Ricoeur, rispetto agli altri filosofi appena citati, è che egli individua nella traduzione un paradigma dell’atteggiamento nei confronti dell’alterità, affermando che gli intenti etici di quella che egli chiama ‘ospitalità linguistica’ possono modello per ogni genere di ospitalità. La traduzione diventa così un modello per la riflessione etica e giuridica. Non è un caso che uno dei saggi del secondo volume che Ricoeur ha dedicato alla sua teoria della giustizia, Le Juste 2, riguardi appunto la traduzione.
Nel mio intervento intendo approfondire la relazione tra traduzione e giustizia, caratteristica del pensiero ricoeuriano, mostrando come tale relazione si configura all’interno del suo sistema filosofico.
Presenterò in modo particolare le sue riflessioni sull’atto del giudicare e sulla “distanciation”. La “distanciation”, ossia la giusta distanza tra soggetto ed oggetto, è un concetto chiave della teoria ermeneutica di Ricoeur ma è anche il principio che sta a fondamento della sua concezione della giustizia, principio che si oggettivizza nelle istituzioni giuridiche. L’atto del giudicare, invece, viene analizzato da Ricoeur non solo nell’ambito giuridico ma anche in quello medico, morale ed estetico. Egli mostra in tal modo la caratteristica precipua che accomuna, tra le altre cose, traduzione e giustizia, ossia la necessità di applicare un principio generale a casi particolari attraverso una attività pratica: l’atto del giudizio.
A partire dalle riflessioni di Ricoeur, proverò a mostrare le possibili conseguenze per quel particolare ambito di intersezione tra traduzione e giustizia che è appunto la traduzione giuridica.

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