La prima volta che sono stata a Creggan ho incontrato le donne di
Unheard voices,
un progetto del Fondo per la pace che portava le donne divise dal
conflitto a conoscersi, parlarsi, e diventare amiche, sostenendosi a
vicenda. I Troubles hanno inciso sulla vita delle donne: hanno dovuto
portare avanti le famiglie quando i mariti, i genitori o i fratelli
finivano in carcere, seppellire i propri cari, crescere i figli. Sono
appunto le voci inascoltate, la guerra è spesso considerato un fatto di
soli uomini. E ora le stesse donne vedono perdersi i propri figli, da
generazione che ha avuto la fortuna di non conoscere le bombe, ma che ha
vissuto in una situazione di povertà e mancanza di futuro.
Ricordo
delle donne di Creggan la rabbia comune nei confronti di un governo che
dal gennaio 2017 è fermo in Nord Irlanda: il parlamento che detiene i
poteri devoluti dalla Gran Bretagna, il cosiddetto Parlamento di
Stormont, da due anni e mezzo è chiuso per mancanza di accordo tra le
due parti che hanno sottoscritto gli accordi di pace, gli unionisti e i
repubblicani. Il reportage lo scrissi per Vatican Insider e lo potete
leggere qui.
Perché le donne in Nord Irlanda oggi non danno molta importanza alla
Brexit come fattore di degenerazione della situazione sociale: le
ragioni del disagio e della povertà sono da ricercare per loro in quel
processo di pace del 1998 non ancora compiuto fino in fondo. Sono da
ricercare nel fatto che dopo il cessate il fuoco dell’Ira, che ha
consegnato le armi in proprio possesso proprio come gesto chiave per
contribuire alla firma degli accordi,
gruppuscoli di
irriducibili, come la Nuova Ira, a cui dalle prime indagini del Servizio
di polizia del Nord Irlanda dovrebbe essere attribuita la morte di Lyra
McKee, sono ancora lì, silenti per la maggior parte del tempo, ma
protagonisti di rivolte che potremmo paragonare a quanto vanno a fare i
Black Block periodicamente nel resto d’Europa. Rivolte periodiche,
mirate, fino ad oggi a bassa intensità. Gruppuscoli che
gallegiano nel brodo primordiale della povertà e della marginalità di
una vita di bassa scolarizzazione e sussidi di disoccupazione. Di abuso
di alcool.
Creggan
è un piccolo quartiere, che si trova poco sopra il Bogside, l’enclave
cattolica tristemente famosa in tutto il mondo perché teatro degli
scontri che diedero inizio con il Bloody Sunday ai trent’anni di
violenza settaria. Un quartiere in cima a una collina, da cui si può
ammirare una vista pazzesca di quelle fortificazioni che quest’anno
vedranno i festeggiamenti per i 400 anni.
Dentro
il centro commerciale di Creggan hanno sede tutte le associazioni che
lavorano ai progetti di inclusione sociale del quartiere. Lyra, secondo
le testimonianze che ho potuto raccogliere oggi, era molto vicina a
questo mondo che lavora per la pace ogni giorno. Lo era quando viveva
nella sua città natale, Belfast, aveva continuato ad esserlo quando si
era trasferita a Derry. E questa era la visione delle cose che aveva nel
suo approccio al lavoro di reportage e scrittura.
Vicky
Cosstick, giornalista che si occupa da anni di studiare il processo di
pace mi ha scritto oggi che Lyra, che aveva otto anni quando gli accordi
di pace sono stati siglati, è vittima “dell’eredità non risolta del
conflitto”. Ed era questo il tema a cui stava lavorando per il
suo prossimo libro che avrebbe dovuto pubblicare la prestigiosa casa
editrice Faber and Faber.
La
Brexit può solo accelerare l’emersione di questa eredità non risolta
fino in fondo. E non è detto, paradossalmente, che non possa fare da
acceleratore alla risoluzione. Oggi a Creggan, per la prima volta in
assoluto, si è recato un leader del Dup, Arlene Foster. Ha detto forse
le parole più interessanti tra le autorità politiche di tutti e cinque i
partiti che sono andati a rendere omaggio alla reporter uccisa: “Non
importa se siate cattolici o protestanti, irlandesi o britannici – ha
detto – questo omicidio ci riguarda tutti e questa violenza va fermata”.
Gerry Adams, storico leader di Sinn Féin, attraverso un tweet ha detto
che la formazione della Nuova Ira deve essere sciolta e che non possono
arrogarsi il diritto di utilizzare il nome di una formazione che ha
scelto la strada della pace. La Chiesa cattolica ha mostrato attraverso i
suoi pastori il disappunto profondo per un omicidio che rischia di
vanificare anni di dialogo tra le due comunità. E queste sono solo le
prime reazioni. Sicuramente ci saranno gesti e manifestazioni forti
nelle prossime ore.
La
newsletter però questa volta più che mai vuole smentire la falsa
convinzione che si è diffusa con cronache e soprattutto analisi –
lasciatemelo dire – che hanno peccato di pressapochismo – che la
violenza stia tornando in Nord Irlanda. Quella violenza che oggi
è storia non può tornare. Prima di tutto per una semplice ragione: il
disagio che si vive sul fronte di tradizione unionista si vive
altrettanto dalla parte repubblicana. Il conflitto ha danneggiato
entrambe le parti nei trent’anni appena trascorsi e non è assolutamente
immaginabile che la miccia sia la Brexit, di cui oltretutto non si sono
fidati fin dalla prima ora i Nord Irlandesi, avendo votato in
percentuale massiccia per rimanere in Unione Europea.
La risoluzione di un possibile controllo di frontiera, invece, sarà
oggetto di una consultazione di entrambe le parti dell’isola, accordo o
non accordo a Westminister. E qui sono certa, dalle notizie che ho, che
superata la follia delle votazioni delle scorse settimane alla Camera
dei Comuni (dove di conoscenza del Nord Irlanda se n’é vista ben poca)
scenderanno in campo figure di mediazione che hanno da ambo le parti
l’interesse a non vedere una degenerazione dei rapporti tra i due Paesi –
la Gran Bretagna e il Nord Irlanda.
L’accordo
di pace, il Good Friday agreement, da tutto questo può uscire
paradossalmente rafforzato. Ma questo, come vi ho promesso, lo faremo
spiegare al professor John Brewer, la cui seconda puntata
dell’intervista è rinviata a dopo Pasqua.
Quel che rimane, oggi, è l’immenso dolore per questa morte insensata.
Ma soprattutto rimane la convinzione che oggi più che mai gli sforzi per
la pace a quelle latitudini vadano conosciuti, condivisi e fatti
oggetto di racconto. Soprattutto per chi non deve più essere indotto a
pensare che possa tornare la guerra.
A tutti voi il più caro augurio di Buona Pasqua
Francesca
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