giovedì, aprile 04, 2019

I frutti del WCF di Verona


WCF_Verona_famiglie
E adesso? Che cosa avete ottenuto? Suvvia, avanti, tanto rumore per nulla. Forse non si esprimono esattamente in questi termini, ma molti dei critici del Congresso mondiale delle famiglie di Verona ora – a manifestazione conclusa – fanno leva su questo, soffermandosi sulla presunta inutilità di una tre giorni che, invece, un’utilità l’ha avuta eccome. E su molteplici versanti, peraltro. Essenzialmente, potremmo dire che finora i frutti della tredicesima edizione del Congresso mondiale delle famiglie sono stati di tre tipologie.
Il primo risultato è, per così dire, di tipo ideologicoIl grandissimo astio che questa kermesse ha attirato non per giorni ma anche per settimane, anche prima che si svolgessero i lavori, ha infatti messo la cultura dominante di mostrare tutta la sua aggressività, la sua cattiveria, la sua intolleranza. Con la conseguenza – positiva quanto davvero imprevista – che, a solidarizzare non tanto e non solo con il Congresso di Verona ma con il diritto stesso di poter esprimere determinate idee, sono state figure insospettabili; come Maurizio Coruzzi, in arte Platinette, che su Canale 5 ha apostrofato i critici dell’evento come coloro che sono voluti andare a «rompere le scatole», e come Giuseppe Cruciani, arrivato addirittura a salire sul palco del Congresso.
Un secondo risultato, certo non negativo, raggiunto dalla manifestazione è stato invece di tipo politicoE non si allude, qui, agli esponenti di rilievo del panorama nazionale che pure hanno inteso supportare il Congresso, apportando ad esso prestigio; ci si riferisce invece al fatto che non per ore, neppure per giorni, ma anche qui per intere settimane tutti i talk show – e tutti i politici a essi invitati – si sono trovati a discutere del tema della famiglia. A qualcuno potrà sembrare poca cosa, ma di fatto non succedeva da anni. Di più: probabilmente non è mai accaduto, neppure ai tempi dei Family Day che portarono in piazza milioni di persone.
Un terzo risultato ottenuto dall’evento scaligero è di tipo ideale. Occasioni come questa, infatti, hanno la capacità di ritemprare gli animi del popolo pro family. Anzi, proprio le numerose e violentissime aggressioni verbali che hanno accompagnato la tre giorni, alla fine, hanno di certo finito per rafforzare in chi l’ha seguita o ha partecipato alla Marcia conclusiva di domenica, che ha di certo avvertito ancor più di prima la portata controcorrente e profetica dei propri valori.
Da questo punto di vista, sbaglia chi pensa che eventi come il Congresso mondiale delle famiglie di Verona o producono atti politici concreti o sono dei totali fallimenti. Esiste anche una dimensione, per così dire, intermedia e psicologica, per non dire spirituale. Ed è proprio in questo ambito, che c’è da sperare che l’evento porti frutto. Quella in corso, infatti, non è una disputa bensì una vera e propria lotta contro la famiglia.
Lo disse anni or sono papa Giovanni Paolo II, quando parlò apertamente di «nemici di Dio» all’opera «attorno alla famiglia e alla vita» (Rio de Janeiro, 3.10.1997) e lo ha ripetuto, in tempi più recenti, anche papa Francesco, ricordando che «oggi c’è una guerra mondiale contro il matrimonio» (Tbilisi, 1.1.2016). In termini ancora più espliciti, suor Lucia dos Santos, una dei tre pastorelli di Fatima, aveva profetizzato che «lo scontro finale tra Dio e Satana» sarebbe stato non sul razzismo o sullo ius soli, bensì «su famiglia e vita». Ergo, a Verona i rappresentanti di un esercito prezioso hanno potuto rigenerare le loro energie. Sembra poco ma invece, forse, è tutto quello che conta.
Giuliano Guzzo

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