“Guidami, Luce Gentile, attraverso il buio che mi
circonda, guidami Tu! La notte è oscura e sono lontano da casa, guidami Tu!
Sostieni i miei piedi: io non chiedo di vedere, mi basta un passo solo.” Così
inizia “Lead, Kindly Light”, la poesia più conosciuta di San John Henry Newman.
Composta nel 1833 al ritorno da un drammatico viaggio in Sicilia, esprime un
senso di fiducioso abbandono verso Colui che conduce le nostre sorti personali
e del mondo.
Newman, poco più che trentenne, con due amici aveva intrapreso un lungo tour
del Mediterraneo, come consuetudine dei gentiluomini inglesi del tempo.
Passando per Cadice e Gibilterra, avevano poi visitato Algeri, Malta,
alcune isole della Grecia, la Sicilia e quindi Napoli e Roma. Dopo aver
trascorso oltre un mese a Roma, Newman decise di tornare nuovamente in Sicilia,
questa volta senza i suoi compagni di viaggio inglesi.
Nell’entroterra siciliano venne colto dalla febbre tifoidea, rischiando
di spirare lontano dai suoi cari, solo in terra straniera. Nei momenti più
drammatici del delirio ripeteva a chi l’accompagnava: “Non morirò. Non ho
peccato contro la luce”, riferendosi al peccato all’ostinazione intellettuale,
alla chiusura nei confronti della verità.
Questa certezza di innocenza si univa alla convinzione che Dio serbava per
lui una missione da compiere in Inghilterra e pertanto l’avrebbe risparmiato
dalla morte.
Sulla nave, di ritorno dalla Sicilia, Newman compose diversi poemi, tra i
quali “Lead, Kindly Light” che fa
riferimento anche alla malattia recente e allo scampato pericolo di morte.
Dopo l’invocazione iniziale, la lirica si rivolge al passato e poi al
futuro: “Non sono mai stato così, né ho pregato che Tu mi guidassi, mi piaceva
scegliere e vedere il sentiero ma ora guidami Tu! … La tua forza mi ha benedetto così a lungo, sicuramente
mi condurrà oltre lande e paludi, oltre rupi e torrenti, finché la notte è
trascorsa. …”.
La crisi siciliana assunse un significato religioso per il giovane
prelato anglicano, fu un momento di passaggio e di vocazione.
Come Newman stesso ricorda nella sua autobiografia, altri versi scritti
durante la traversata del Mediterraneo riprendono il tema della luce che ci
guida, sempre in connessione con la ricerca della verità.
“Quando considero il corso passato, vedo stagioni in cui il Raggio
Interiore risplendette con più chiarezza, o guidò una nuova via. La verità, in
più ricco scenario e più nobile ampiezza, fu data perché l’occhio potesse
spaziare ed i piedi trovare strada.” (Discipline)
Tornato in Inghilterra, Newman realizzerà che la sua missione consisteva
nel riscoprire le fonti spirituali e teologiche della tradizione anglicana.
Divenne uno dei leader dei Trattariani, o Movimento di Oxford, fino a quando,
una diecina d’anni dopo, questa ricerca lo porterà a riconoscere nella Chiesa
Cattolica la fede professata dai cristiani sin dalle origini.
“I Padri mi fecero cattolico”, scrisse più tardi a Pusey, il professore
di ebraico ad Oxford che lo aveva coinvolto in un’ambiziosa opera di traduzione
dei Padri della Chiesa, in cinquanta volumi. E proprio traducendo
Sant’Atanasio, Newman ritrovò il tema di Dio Padre che è luce splendente nel
Figlio inseparabilmente, tema utilizzato per contrastare l’eresia ariana che
negava la divinità di Cristo.
La conversione di Newman fu il compimento di un lungo percorso che ebbe
nella purificazione siciliana un momento
fondamentale. “La notte è oscura e sono lontano da casa, guidami Tu!”, scriveva
allora. Quella casa non erano solo gli affetti distanti. Inconsapevolmente, la
casa che l’attendeva era la Chiesa Cattolica.
Essere condotti dalla Luce è un’immagine che torna in molti dei suoi sermoni
e preghiere, sia del periodo anglicano che cattolico.
Una preghiera composta da Newman porta proprio il titolo “Per la Luce
della Verità” e recita: “O mio Dio, confesso che Tu puoi illuminare le mie
tenebre. Confesso che solo Tu lo puoi. Vorrei che la mia oscurità venga illuminata.
Non so se Tu lo vorrai. Tuttavia, il fatto che tu possa e che io lo desideri mi
bastano per chiedere quello che tu almeno non mi hai proibito di domandare. Qui
prometto che attraverso la Tua grazia, che imploro, abbraccerò ciò che riterrò
per certo essere la verità. E con la Tua grazia, mi guarderò da ogni inganno
che possa portarmi a scegliere ciò che vorrebbe la natura, e non ciò che è
approvato dalla ragione”.
L’assenso alla verità richiede l’approvazione della ragione da parte
umana ma anche l’illuminazione divina, senza la quale saremmo persi nelle
tenebre. In questa dinamica conoscitiva Newman inserisce l’implorazione di chi
osa domandare, fiduciosamente, di poter uscire dal buio.
Il legame tra luce e verità accompagnerà Newman fino alla fine della sua
vita ed anche oltre. L’epitaffio, in latino, che egli volle per la sua tomba,
recita “Dalle ombre e dagli spettri alla verità” (Ex umbris et imaginibus in
veritatem.) Solo con la morte la Luce finisce di guidarci, per essere
quindi contemplata senza veli in tutto il suo splendore.
Il Timone, gennaio 2023.
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