sabato, novembre 13, 2010

E Berlino si scusò con gli speculatori

di Maurizio Blondet


Cinque capi di governo europei si sono precipitati a rassicurare la speculazione finanziaria. Il ministro degli Esteri tedesco Westerwelle – si noti, non quello delle Finanze, che era di ritorno da Seul – ha dovuto fare praticamente le sue scuse ai mercati: i detentori privati dei debiti pubblici europei non correranno alcun rischio, non pagheranno pegno. Quando la cancelliera Merkel ha detto che «anche loro saranno chiamati a contribuire» al prossimo default stile greco, scherzava... Continuate pure a speculare a rischio zero.

Ciò per il buon motivo che dopo la frase della Merkel pronunciata qualche giorno fa, i mercati hanno chiesto l’8,92% d’interesse per accettar di comprare il buono decennale irlandese, che ad agosto si negoziava a 4,89%; con ciò praticamente condannando l’Irlanda alla bancarotta, e il conseguente contagio, con bancarotte a catena di Portogallo e Spagna (e Italia, dopo). Il collasso puro e semplice della zona-euro. Che non è affatto scongiurato nonostante le scuse dei politici agli speculatori; dopo le frasi rassicuranti di Westerwelle, il decennale irlandese è sceso da 8,92% a 8,78%, comunque impagabile per l’Irlanda.

Come siamo arrivati qui? Ricapitoliamo fin dal principio, tutto il succo del disastro finanziario, citando ampiamente Paul Jorion.

Da vent’anni i redditi (mancanti) sono stati sostituiti da crediti. Il cartello di carta dei crediti è crollato dall’estate 2007, aggravandosi mese dopo mese con la rivelazione di scandali e frodi e sporchi trucchi sempre più inverosimili, a cominciare dai subprime. Invece di prendere atto che era una crisi di insolvenza degli speculatori e delle grandi banche d’affari, si è deciso di diagnosticare il male come crisi di liquidità. Ossia: no, non è cancro, è semplice disidratazione; occorre qualche fleboclisi. Diagnosi sbagliata, ma tranquillizzante. Era il Washington Consensus, e gli Stati europei hanno obbedito.

Gli Stati hanno infatti trasfuso liquidità in gran fretta ed enormi volumi alle banche, a tasso praticamente zero. Adesso le banche, quei fondi creati a spese dei contribuenti futuri, li distribuiranno alle imprese e alle famiglie in nuovi crediti, mutui, fidi; guadagnandoci, e intanto rimettendo in moto l’economia a credito. Ma non ha funzionato: causa recessione, le banche e la finanza ha capito che famiglie e le imprese non erano in grado di rimborsare; e nemmeno chiedevano più di fare altri debiti. Perciò hanno messo quei fiumi di denaro in pensione presso le Banche Centrali, o acquistato titoli di Stato: non corrono rischi gli audaci speculatori.

Ma siccome gli Stati si sono indebitati fino ai capelli per dare liquidità alle banche, e s’erano portati garanti della loro solvibilità, mentre le entrate tributarie degli Stati calavano causa recessione, i tassi richiesti dai «mercati» sui debiti pubblici salivano e salivano, mentre il valore dei prestiti della banche agli Stati calava; ciò specialmente per gli Stati deboli e mediterranei, ma anche baltici e Irlanda. Disdetta, il portafoglio delle banche si svalorizzava, costringendole a ricapitalizzarsi.

La diagnosi (deliberatamente) sbagliata produceva così la prima spirale viziosa verso l’inferno: le banche s’indebolivano perchè avevano le casse piene di titoli di debiti di Stato che perdevano valore, in quanto gli Stati s’erano indeboliti per salvare le banche.

Lo Stato più debole nella zona euro, la Grecia, ha chiesto aiuto all’Europa. Malmostosa, anzi ostile risposta di Berlino: tocca a noi virtuosi pagare per le cicale! Ma alla fine, bene o male, è stato messo insieme un fondo di garanzia europeo (Financial Stability Facility) per sostenere i Paesi incapaci di pagare il loro debito pubblico: 750 miliardi di euro. Una cifra più teorica che reale, ma ha calmato un poco i mercati, che sono tornati a comprare i Buoni del Tesoro dei Paesi in crisi.

E chi non lo farebbe? Perchè comprare Buoni tedeschi all’1%, poniamo, quando uno speculatore può comprare Buoni greci, portoghesi, spagnoli lucrando tassi doppi e tripli? L’Europa, le sue classi cosiddette dirigenti, di fatto ha invitato gli speculatori a comprare BOT di Stati fallimentari assicurando: paghiamo noi, il rischio per voi mercati è nullo.


Axel Weber
Per mesi la speculazione internazionale ha lucrato benefici astronomici su questi suoi investimenti nel debito di Stati-subprime, ma garantiti da stati prime. Gli interessi gravanti sulla Grecia sono un poco calati. Poi, ad ottobre, la Merkel e il suo banchiere centrale Axel Weber saltano fuori a dichiarare: «Alla prossima crisi di tipo greco, i detentori dei Buoni del Tesoro devono essere parte della soluzione anzichè del problema». E i tedeschi, affiancati da Sarkozy, cominciano a parlare, in caso di crisi di Portogallo, Irlanda o Spagna, di procedure di fallimento ordinato, di riscaglionamento del debito, di ristrutturazione, di scrematura dei detentori privati dei titoli di quel debito.

Il che significa: voi speculatori avete titoli pubblici portoghesi o irlandesi e vi aspettate che l’Europa vi ripaghi a scadenza il 100%, dopo 10 anni in cui lucrate gli interessi? No, ci sarà una procedura fallimentare, e voi sarete chiamati a pagare la vostra parte come creditori di un fallito: del BOT portoghese a valore facciale 100 vi sarà restituito 70. Oppure 60, o 30. O il decennale diventerà trentennale. O il pagamento del capitale sarà sospeso, e riceverete solo gli interessi.

Intendiamoci, l’idea è giusta e sana. Banche e fondi speculativi hanno goduto di uno scandaloso stato di privilegio, dando loro il permesso di comprare BOT greci e portoghesi con l’assicurazione che non correvano rischi, perchè a pagare il conto degli insolventi sarebbero stati i contribuenti tedeschi ed europei in genere. Del resto, quel meccanismo di garanzìa, che invita la speculazione a comprare BOT di Paesi in crisi, aggrava la situazione di detti Paesi. Per la Grecia, le banche e i fondi speculativi hanno potuto accollare circa 150 miliardi di euro ai governi europei, mentre la Grecia sta affondando nella spirale degli interessi composti a tal punto che, se all’inizio della sua crisi il debito pubblico era del 115% del PIL, alla fine del presunto salvataggio sarà del 150% cento. Impagabile.

Sì, i mercati speculativi meritano di essere puniti. Mentre le economie occidentali precipitano, sono i soli a continuare a guadagnare – e guadagnano sulla crisi e rovina degli Stati e delle società. E’ quel che si chiama azzardo morale, questo speculare su alti tassi (con la scusa che si presta a Paesi a rischio) quando il rischio è zero, perchè garantito dal fondo europeo di stabilità.

La Merkel e il suo banchiere hanno dunque detto la cosa giusta. Ma al momento e nella situazione sbagliata. Gli Stati sovrani (si fa per dire) dell’eurozona devono emettere l’anno prossimo 915 miliardi di nuovi debiti o rinnovarli, per coprire i loro immensi debiti (fatti per salvare banche e speculazione); finchè ci sono i mercati finanziari, devono chiedere i prestiti ai mercati. I quali hanno subito risposto alla (vuota) minaccia della Merkel chiedendo immediatamente all’Irlanda tassi del 9% anzichè il 4,5%.

Il settore privato (come chiamano se stessi gli speculatori inglesi) non vuol accollarsi la sua parte di perdite, ed ha la forza per rifiutarsi al taglio di capelli minacciato da Merkel e Sarko. Il governo tedesco ha dovuto chiedere umilmente scusa per aver pensato per un attimo che anche i mercati e le banche devono soffrire un pochino per i danni che essi stessi hanno provocato; le nuove norme non saranno in vigore prima del 2013, ha belato (complimenti per la rapidità, nel mondo del trading al millesimo di secondo). O, come la mettono gli speculatori della City, «i governanti non capiscono il risultato di un’alta esposizione del loro debito pubblico in mano a non-residenti».

E’ questo il punto: ci siamo inutilmente indebitati con l’estero, che i governi non controllano, anzichè coi nostri cittadini (come fa ancora il Giappone). E i nodi vengono al pettine.

Adesso il crollo dell’Irlanda è scritto (anche se a metà 2011) e il contagio si sta espandendo al Portogallo, e si vede nella forbice richiesta dai mercati per comprare BOT spagnoli e italiani. E’ a rischio l’intera eurozona, e nel modo più confuso e disordinato.




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