sabato, febbraio 21, 2004

Fede popolare, con occhi nuovi


Maurizio Blondet

Paolino di Nola in realtà era nato a Bordeaux. Gran signore, fu mandato in Campania come alto amministratore romano. Una volta, lì visitò il santuario del martire Felice: il calore dei fedeli mediterranei, che circondava il luogo, lo convertì subitamente. Fu allievo di Ambrogio da Milano; si fece monaco, e volle abitare nel santuario, fra il popolo e i poveri. Corrispose con Agostino a cui chiese fra l'altro come reagire a quei devoti che volevano farsi seppellire presso il sepolcro di Felice. Da neoplatonico, Agostino era incline a temere in quel desiderio un sentore di magia e superstizione. Paolino (a sua volta padre della Chiesa) era meno rigoroso: non voleva rigettare quella devozione, pensando potesse essere rettificata. L'ha raccontato monsignor Domenico Sorrentino, segretario della Congregazione per il culto divino, a conclusione di un convegno straordinario che la Facoltà Teologica Meridionale ha tenuto a Molfetta: «Cristianesimo popolare oggi».
Passano i secoli, ma la tensione permane: fra la devozione del popolo e lo spiritualismo dotto; la cordiale popolarità dei santi e la sufficienza degli intellettuali; e l'apprensione di qualche giovane seminarista che guarda a volte scandalizzato al correre di denaro nei santuari del Sud, a certo arcaismo, all'esibizione e al miracolismo, alle "impurità" della devozione popolare. Monsignor Sorrentino, già prelato del Santuario di Pompei, è stato più conciliante. La novità, forse rivoluzionaria, è che nel clero del Sud si sia disposti oggi a guardare al cattolicesimo della plebe come a un tesoro, anziché come a un rischio inquietante. Più d'uno dei docenti ha riconosciuto che, forse, «ci si può far evangelizzare dalla religiosità popolare». Ci pare il riscatto su un antico complesso d'inferiorità. E una riconquista spirituale. Tenace, la gente meridionale ha mantenuto processioni, santi patroni, statue impreziosite d'oro, richieste di miracoli e cortei dei santi medici, pazientemente resistendo ai benintenzionati attacchi degli "aggiornati", dei banditori della "fede adulta" unilateralmente intesa. Sotto feste e riti "scandalosi", ha conservato fedele un patrimonio teologico in attesa che i dotti lo riscoprissero. E che la Chiesa d'Italia capisse quant'è fortunata, ad avere ancora un popolo di santuari e processioni. Perché è la carne del cristianesimo, che tiene aperte le chiese. In Olanda, davanti ai portoni artistici delle cattedrali si parcheggiano le auto; è il supremo successo di un cattolicesimo puro e adulto, che ha depurato la fede dal popolo. Tutto senza tensioni, si dice, non accorgendosi dell'involontaria autoironia.
Nel nostro Meridione, non mancano manifestazioni di attaccamento focoso, irruenze, commistioni. Tant'è che i vescovi non di rado sono intervenuti per distinguere e correggere. Talora questo mondo sarà anche inelegante, ma è segno che la gente sente la religione come "sua". In Italia, anzi a Milano, entrate in una stazione di polizia o dei carabinieri: dal muro vi guarda, quasi immancabilmente, una foto di padre Pio. Il santo più meridionale del nostro tempo. Iniziativa privata, devozione, del maresciallo e del vicequestore. Credo che ogni arrestato, anche il peggior farabutto, guardi quel Padre Pio come una garanzia: non è stato catturato da SS. È fra gente nostra. Fra esseri umani: o fra cristiani, come si dice nel Sud. Se sapessimo quanto siamo fortunati.

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