lunedì, febbraio 16, 2004

Leon Kass, presidente del Consiglio di Bioetica americano, è l'intellettuale preferito di Teresa, la mia supervisor.
In Italia è poco conosciuto. Sabato è apparsa una sua intervista su Avvenire, che qui riporto. Ci tengo a precisare che Kass non è cattolico e nemmeno cristiano, ma ebreo.


Da Chicago Ivana Arnaldi

«È molto problematico varcare confini morali tanto importanti. Una volta consentito che gli embrioni umani vengano usati per la ricerca scientifica, sarà impossibile limitarne l'uso. Si finirebbe con l'accelerare il nostro già sdrucciolevole cammino sul crinale della scogliera etica». Il professor Leon Richard Kass, presidente del Consiglio di Bioetica americano, commenta così l'annuncio della clonazione terapeutica di 30 embrioni dato dagli scienziati delle Università del Michigan e di Seul.

Questo suo giudizio preannuncia già una ferma presa di posizione del Consiglio di Bioetica statunitense?
Sembrerebbe che l'era della clonazione umana sia già tra noi. Oggi si clonano le blastocisti per la ricerca, domani saranno clonati le blastocisti per creare bambini. A mio parere e, presumo della maggior parte dei componenti del Consiglio di Bioetica Usa, l'unica strada per impedire che ciò accada è che il Congresso vari, in fretta, un divieto assoluto o una moratoria di tutta la clonazione umana.

Ma impedire completamente la clonazione degli embrioni - dicono i sostenitori - significherà impedire anche la ricerca a scopi terapeutici?
Se vogliamo bloccare lo sviluppo delle bombe all'antrace, noi ci adoperiamo per impedire innanzitutto la produzione delle spore. E lo facciamo prima che vengano immesse in un sistema di produzione d'armi. Così, se vogliamo essere davvero seri sul no alla clonazione di esseri umani, dovremmo provare ad arrestarne il processo sin dall'avvio. Perché, una volta che gli embrioni clonati saranno prodotti e disponibili nei laboratori, sarà molto difficile controllare ciò che ne viene fatto. Creati in circostanze di segretezza industriale, potrebbero essere comprati e venduti facilmente per qualunque scopo.

Da quando è stato chiamato a dirigere il Consiglio di Bioetica della Casa Bianca, non sono stati pochi i suoi critici. Solo per citarne qualcuno, si è scritto che lei è un conservatore della teocrazia repubblicana, che al pensiero sostituisce la fede...
Rifiuto quelle accuse. La vita pubblica, a volte, diventa veramente incivile. Purtroppo, sono stato coinvolto in battaglie che non hanno nulla a che vedere con la mia persona. Se qualcuno si occupa di problemi che urtano il dogmatismo di altri, è normale che finisca con il diventare loro nemico. Ho sempre creduto nella scienza, nella medicina e nella tecnologia. La vita della gente è stata certamente migliorata dalla scienza e dalla tecnologia, e non desidero affatto che venga invertita questa tendenza. Semplicemente, non condivido la rincorsa a certe abilità tecniche che possono trasformare la nostra natura.

Le sue preoccupazioni per la manipolazione genetica derivano forse dal timore che possa essere trasformata anche la nostra stessa umanità?
La terapia genica per il trattamento di certe malattie è appena giunta a una forma altamente specializzata. Dovremmo perciò accoglierla favorevolmente. Ma accettare la modificazione genetica sino all'alterazione di ciò che noi siamo, significa porsi su un terreno pericoloso. La medicina è guidata dalla convinzione che la buona salute sia la norma. I nuovi poteri della biotecnologia possono, però, consentirci di superare perfino i limiti impostici dalla natura.

Gli scienziati americani e coreani hanno affermato che la loro sperimentazione ha solo fini terapeutici, che non hanno intenzione di clonare l'uomo e, anzi, chiedono il divieto della clonazione riproduttiva...
A prescindere dal fatto che io mi sono sempre opposto al prolungamento indefinito della vita, voglio precisare che, allo stato attuale, non si sa ancora quanto verrà mantenuto delle promesse formulate oggi. Si rischia di sfruttare tristemente le speranze della gente che soffre. Tuttavia, solo distruggendo l'embrione umano tali cellule possono essere estratte. E l'inizio della vita umana non può essere fissato arbitrariamente a un certo stadio dello sviluppo embrionale. L'avvio è si tuato già al primo stadio d'esistenza dell'embrione stesso. In un contesto di tale rilevanza morale, si può approvare la distruzione della vita nascente a fini di ricerca? La clonazione a scopi terapeutici porterà, inevitabilmente, a creare bambini geneticamente identici ai loro genitori, prospettiva che io definisco ripugnante. Non vorrei passare per un sostenitore della sofferenza, ma non possiamo permetterci di ignorare la vita umana nascente. Lasciare la vita nelle mani degli scienziati potrebbe perciò costituire un grave pericolo per la nostra dignità, anche in considerazione delle pressioni industriali che spingono all'uso di queste tecniche. Spetta ai vari governi evitare questo rischio.

Ma gli scienziati sono contrari ai limiti imposti dai governi, giustificando la propria ricerca con il pluralismo di scelta?
È vero che il pluralismo deve essere rispettato, ma è indispensabile che vi siano norme e soluzioni generali, non solo di carattere procedurale, che impegnino tutti i gruppi di ricerca. Purtroppo, tra gli scienziati vi è la tendenza a rifiutare qualunque critica al loro operato e alle loro sperimentazioni. Se la moralità viene confinata nella libera scelta, senza alcun giudizio sulla qualità di quella opzione, sarà solamente la legge a colmare il vuoto morale che ne deriva.

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