giovedì, aprile 29, 2004

Una volta tanto concordo con Giuseppe Genna.
Ecco la sua recensione del Codice Da Vinci. (Se a qualcuno interessa posso fornire l'elenco di inesattezze e strafalcioni del bestseller)


Che vada affanculo Dan Brown, che vada affanculo il suo soap-thriller complottista, che vada affanculo il Priorato di Sion, che vada affanculo il mercato, che vadano affanculo i cattolici americani e quelli italiani, che vada affanculo Umberto Eco che ha ridato fiato a questa melma degna di massoni deviati e vaticanisti vandeani, che vada affanculo Renato Farina (che sproloquia in tv sull'esoterismo, gli archetipi e Dan Brown), che vada affanculo Top Secret (programma complottardo su Rete4, condotto da un bagigio di nome Brachino), che vada affanculo John Grisham, che vada affanculo il Corriere che dedica una pagina intera a questo gorgo di letame, che vada affanculo l'idolatria della suspense predigerita, che vadano affanculo le traduzioni cinematografiche dei bestselleroni, che vadano affanculo il marketing, il passaparola, le letture da zie con le cofane azzurrate, la dittatura del thriller di consumo, la sapienzialità da circo Orfei, la paranoia che scuote la vita impiegatizia, la tanta cacca fatta leggendo sull'asse del water laccata, lo sfrigolio del mistero sull'autobus prima di entrare in ufficio, lo spazio narrativo nell'attesa che si liberi la parrucchiera, i Miti in edicola, la storia dell'arte a dispense, gli allegati ai quotidiani, l'idea che il Graal sia un cristallo di Boemia, tutti gli Indiana Jones, l'Omnibus da fila in posta, la fiction, Orgoglio, il reality show, il teratocapitalismo, l'esalazione del sospiro da finale di giallo, il piacere di concludere le parole crociate, il fascino della decrittatura da codici, i Merovingi, l'Oas, l'odio per il papato e l'odio del papato, la montatura della cappella di Rosslyn, Spielberg, Clancy, Koontz, l'enigma da cassiere del Pam, la cultura per masse bolse e bovine, il vanto del manager che pensa di avere letto, i neolibri da comodino, il finto pop, la trama appassionante, la scrittura piana che può essere abbordata da tutti, i dialoghi efficaci, la storia che prende e risana il budget della casa editrice, l'asta internazionale per acquisire i diritti, i tour degli autori, i Giuttarifaletti e tutti i bestselleristi americani all'amatriciana, l'hardcover con ricaduta in economica che sarà backlist in logica longseller, la disneyzzazione del sacro atto della lettura, la piacevolezza della scopata culturale, il cioccolatino con il liquore dentro, il buco con la caramella intorno, Bruno Martino comparato a Beethoven, la figa onnipresente per dare quel pizzico in più.
Cioè: vada affanculo Il Codice Da Vinci.

Il Codice Da Vinci è l'improbabile che viene accettato come norma esistenziale di massa. E' la solita complottata (capisco amici scrittori che da anni asseriscono di odiare i complottisti) sulla materia più scadente del complottismo sapienziale: i Templari, e chi erano i Templari, e custodivano il Sacro Graal, e il Graal si trova nei Pirenei, e la storia della cristianità è tutta da rivedere, e i tanti piccoli Tonini che hanno tacitato la Profezia che poteva fare crollare Roma nel corso dei secoli dei secoli, e il grano segreto, e la custodia del Sepolcro, e Cristo che scende dalla Croce e si scopa Maddalena e va a vivere in Provenza o in Gran Bretagna a Stonhange o in India o in Giappone, e le sètte che mettono in pericolo il pianeta, e il manipolo di fascisti che trama nell'ombra. Insomma, un manuale della finta cultura popolare d'élite, che già aveva sfracannato i coglioni agli intelligenti quando uscì il Pendolo di Foucault di Eco e che, mercé la giustificazione del consumo di massa, continua a stracciare gonadi da quando io ho coscienza di esistere.
Che palle.
L'ennesima variazione sulla solita trama complottarda è questa merda totale in carta non ecologica, firmata d un saccentissimo autore americano che sostiene di avere studiato ai massimi livelli non solo la storia, ma anche le opere d'arte che cita in questa colossale barzelletta in stile Peter Kolosimo - Dan Brown, la più recente variazione del grishamismo di riporto, la venefica incarnazione di quello che si fa i miliardi raccontando il Segreto con la cialtroneria di una Riza Psicoletteraria.
Tutto ruota intorno alla sapienziale fraternità del Priorato di Sion: una bufala inventata dal fascio transalpino Pierre Plantard, che costruì ad arte il fenomeno di Rennes Le Chateau, dove sarebbe stata custodita la coppa che avrebbe contenuto il sangue del Cristo dopo opportuno intervento di Giuseppe d'Arimatea. Una scarica di diarrea che schizza su e da Fulcanelli, Louis Pauwels e Jacques Bergier del Mattino dei maghi, la Blavatskij in salsa teocialtrona, Dylan Dog e Martin Mystère. Da una parte la Massoneria, autentica via sapienziale di autoconoscenza e realizzazione, viene distorta dalla deriva politica - e dall'altra parte viene stravolta dalla deriva culturale in cui la trascina immondizia come il parathriller di Dan Brown.
Quando dicono a me, che sarei autore di thriller, quanta esaltazione e quanti brividi procura il fatto che mi occuperei di complotti, mi incazzo. Io mi occupo di complotti tanto quanto Dan Brown si occupa di ascesi. Il supermercato della spiritualità non è soltanto la new age - è la narrativa di consumo. Questa ulteriore farsa spacciata come letteratura conferma che il genere nero/spionistico/investigativo non sta correndo un grave rischio: ha già rischiato. E ha perso.
Il thriller non è più un genere: è la zuppa Campbell della letteratura. Al primo che sostiene che io scrivo thriller, regalo una copia del Codice da Vinci, pur di levarmelo dai coglioni. Sia chiaro tuttavia che all'ultima che mi accusa di scrivere gialli e quindi di non avere rischiato nulla in narrativa, il Codice da Vinci non glielo regalo, poiché per certa gente il genere thriller, genere che non esiste più, è a tutt'oggi un genere che non esiste ancora.
Non compratelo o, se ve lo hanno regalato, fate quello che fece Houellebecq con Grisham in Piattaforma: buttatelo nel cestino.

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