Da Il Riformista del 29 Maggio 2004
EREDITA'. UN ESEMPIO DI DISEGUAGLIANZA NECESSARIA
Senza cognome, che ne sarà dei padri?
La libertà di scelta porterebbe al caos e le madri sarebbero ancora più sole con i figli
Non si può certo negare che se il cognome dei nuovi nati è obbligatoriamente quello del padre (quando c'è) questo fatto costituisce un'evidente contraddizione nei confronti dell'uguaglianza dei sessi, ormai raggiunta in ogni ambito della vita sociale, ma anche dello stato di fatto: i figli sono sempre più delle madri - spesso sole, separate e comunque le uniche veramente responsabili della loro sorte - e i padri sempre meno presenti, sempre più marginali. Proprio per questo, però, la possibile scelta del nome della madre costituisce un problema: ha senso eliminare questo ultimo legame fra il padre e i figli? Viene il sospetto che, liberati anche del peso simbolico del nome, i padri spariscano del tutto, o al massimo siano relegati in ruoli sempre più deboli e precari nell'educazione dei figli.
Questa situazione ci offre allora l'occasione per una riflessione più complessiva sulla famiglia, o meglio sulla grave crisi in cui versa l'istituto familiare anche nel nostro paese. A ogni indagine statistica, in effetti, la famiglia appare sempre più incrinata e indebolita, fra coppie di fatto, separazioni, scelte di vita single. Sappiamo bene che la famiglia non è una struttura naturale, ma dipende dalla cultura, e che come tale può essere cambiata, ma ogni cambiamento in questa componente portante della società - quella che gli antropologi chiamano struttura della parentela e che, come ha scoperto Claude Lévi-Strauss, mette in atto una particolare visione del mondo - è di fondamentale importanza e coinvolge per intero una cultura.
Modificare questa struttura, quindi, significa cambiare in modo determinante la nostra cultura. Ma quali conseguenze può portare questa trasformazione al nostro senso d'identità? È questa una domanda che non ci poniamo, poiché ci sembra che rimuovere limiti sia sempre e comunque positivo. E positivo lo è effettivamente stato per molti aspetti: a esempio per lo status degli illegittimi o la possibilità, per le donne, di non assumere il cognome del marito. Siamo però proprio sicuri che si tratti della stessa cosa per il cognome materno?
La definizione del cognome, che segna l'appartenenza del nuovo nato a un lignaggio, è sempre avvenuta - anche nelle società primitive - secondo un sistema codificato di regole. Sistema che si fonda su una esigenza comune, quella di organizzare la continuità del gruppo sociale definendo al tempo stesso la legittimità dell'appartenenza al gruppo. Ogni sistema di filiazione deve fare i conti con queste due condizioni di base, perché il nome - segnando la filiazione e l'integrazione nel gruppo - costituisce l'elemento fondamentale che fa della persona un essere sociale.
Il nostro sistema parentale, come spiega l'antropologa Françoise Héritier, è quello “bilaterale”: noi siamo cioè imparentati allo stesso modo con nostro padre e con nostra madre, quindi non siamo in una società rigidamente patrilineare. Si potrebbe, se proprio vogliamo, capovolgere le regole, e prendere tutti il nome della madre, mantenendo il sistema così com'è, bilaterale. In questo caso, però, gli uomini perderebbero ogni possibilità di controllo sulla propria discendenza, e il potere riproduttivo femminile ne risulterebbe ingigantito. Si creerebbe così un chiaro scompenso, aumentato dal fatto che oggi i figli sono sempre più sentiti come proprietà delle madri. I progetti di legge avanzati non propongono tuttavia un capovolgimento della situazione, ma una possibilità di libera scelta che risulterebbe ancora più lesiva del nostro sistema parentale. Se tutti possono scegliere il nome che preferiscono - e magari anche cambiare nome nel corso della vita - la nostra cultura viene infatti privata di un aspetto fondamentale, cioè del sistema di filiazione, sostituito da un disordine nel quale domina il caos. L'identità degli italiani del futuro, quindi, rischia di essere sempre più fragile. Nonostante l'apparente coerenza con l'illusione pericolosa, e tipica della modernità, di potere determinare tutto nella nostra vita.
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