sabato, agosto 15, 2020

Il Covid ci ha reso vulnerabili, ma consapevoli

 La pandemia di questi mesi ripropone un tema filosofico fondamentale: la naturale vulnerabilità e dipendenza che contraddistinguono la condizione umana. La cosa può dispiacere a chi coltiva ancora il grande sogno di diventare padroni incontrastati di noi stessi e di tutto ciò che abbiamo intorno, ma siamo “animali razionali dipendenti”, come recita il titolo di un celebre libro di Alasdair MacIntyre, vecchio di oltre vent’anni e attualissimo. Siamo animali dipendenti e fragili: un dato di fatto di per sé incontestabile, che però, dai greci ai giorni nostri, viene trascurato nella sua grande portata antropologica.

  

Aristotele, ad esempio, enfatizzava soprattutto l’individuo sufficiente a se stesso, il megalopsychos; molta filosofia moderna esalta il concetto di autonomia individuale; soltanto pochi pensatori si soffermano invece sulla umana vulnerabilità e sulle dipendenze dall’aiuto altrui che ne conseguono nelle diverse fasi della vita: l’infanzia e la vecchiaia in primis, ma anche le infermità e le malattie da cui tutti gli uomini possono essere affetti temporaneamente o per sempre. Di passaggio faccio notare che è precisamente questo il dato naturale sul quale MacIntyre costruisce la sua filosofia morale, tesa a mostrare come proprio le virtù che garantiscono un “agire razionale indipendente” hanno bisogno di essere accompagnate da quelle che egli chiama “le virtù della dipendenza riconosciuta”.


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