martedì, febbraio 13, 2007

La scelta del Portogallo

(Questa storia mi ricorda tanto il referendum sulla legge 40. AB)

LA SCELTA DEL PORTOGALLO
Aborto, il governo scavalca il referendum
Non è stato raggiunto il quorum: solo il 44% degli aventi diritto si è recato alle urne. Ma l’esecutivo vuole bypassare comunque la volontà popolare

Dal Nostro Inviato A LisbonaLuigi Geninazzi
L'unico grande vincitore è l'astensionismo ma il fronte abortista canta vittoria. Più che un referendum quello tenutosi domenica in Portogallo è stato un sondaggio d'opinione. Senza alcun valore giuridico, essendo mancato il quorum, ma interpretato come un chiaro segnale politico per cambiare una delle leggi più severe di tutta Europa per quanto riguarda la difesa della vita pre-natale. Il sì alla «depenalizzazione» dell'aborto ha ottenuto più voti del no (59 % contro 41 %), ed anche se la maggioranza degli elettori (oltre il 56 %) non si è recata alle urne il premier José Socrates ha già fatto sapere che presenterà molto presto un nuovo progetto di legge. Poco importa che solo un cittadino su quattro si sia detto favorevole a cambiare la legislazione attuale. «Il risultato del referendum è inequivocabile», si è affrettato a dichiarare il capo del governo socialista che subito dopo la chiusura dei seggi era già in tv per annunciare, con aria soddisfatta, che «l'aborto cesserà di essere un crimine in Portogallo, un Paese che da oggi sarà più aperto e più libero». I giornali parlano di una scossa modernizzatrice ma l'unico terremoto che ieri si è fatto davvero sentire (la terra ha tremato verso mezzogiorno) non ha provocato danni. Ne farà di più il referendum? È dal 1998 che la sinistra portoghese punta a legalizzare l'interruzione volontaria della gravidanza che oggi è ammessa solo in tre casi (stupro, malformazione del feto e grave rischio per la salute psico-fisica della donna). Nove anni fa la consultazione fallì ma lo schieramento anti-abortista ottenne, sia pur di poco, la maggioranza dei voti espressi. Era una domenica di giugno e si disse che per colpa del caldo la gente aveva disertato le urne per riempire le spiagge. Domenica scorsa in molte zone pioveva e tirava un forte vento ma anche questa volta tantissimi non sono andati a votare. E certo non è stata di grande incoraggiamento l'indicazione preventiva del leader socialista, secondo cui si sa rebbe tenuto conto della maggioranza dei voti espressi anche in assenza del quorum. «È stata una grande e incontrovertibile vittoria che finalmente fa entrare il Portogallo nell'era moderna», ha proclamato trionfalisticamente Maria Alves, presidente del «Movimento per il sì». La nuova legge sarà presentata in Parlamento nei prossimi mesi, anche perché il governo l'ha già nel cassetto da tempo e potrà entrare in vigore all'inizio del 2008. Grazie alla maggioranza assoluta di cui gode nell'Assemblea nazionale il partito socialista, e con il sostegno degli altri partiti di sinistra, la legalizzazione dell'aborto sarà approvata senza incontrare grandi ostacoli. Il partito socialdemocratico (schierato a destra) è diviso al suo interno, mentre l'unico partito deciso a dare battaglia è il Cds, d'ispirazione democristiana, il cui leader José Ribeiro y Castro ha preannunciato che combatterà fino in fondo per evitare «questa pagina nera che Socrates ha intenzione di scrivere nella storia del Portogallo».I comitati civici in difesa della vita però non disarmano. «Vogliamo che alle madri che decidono di far nascere un figlio lo Stato dia un sussidio pari a quanto spende per ogni aborto» è la proposta lanciata da Joao Paulo Malta, dirigente della Piattaforma per il no. Il rischio che incombe sul Portogallo è una deriva zapaterista che preoccupa particolarmente la Chiesa cattolica. «Agora sim!», adesso sì!, è il titolo in prima pagina di «Publico», il giornale filo-governativo di Lisbona, secondo cui «il referendum segna la più cocente sconfitta della Chiesa dalla svolta democratica del 1974». Il voto di domenica ha confermato la spaccatura tra il Sud del Paese, politicamente a sinistra, ed il Nord legato alla tradizione. L'esito del referendum sarà al centro della riflessione che i vescovi lusitani hanno iniziato ieri pomeriggio a Fatima. «Il diritto alla vita non è materia che può essere stabilita da un referendum - è il commento del presidente della Conferenza episcopale, monsignor Jorge Ortiga -. La Chiesa continuerà ad essere voce profetica e solidale verso la vita. Quel che è successo domenica non è decisivo».

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