Ci troviamo, come Azione cattolica italiana, nell’ambito del XXXI Convegno Bachelet, a riflettere sui 150 anni dell’unità d’Italia, un appuntamento che ci vede, come cattolici, particolarmente partecipi perché parte integrante della nostra nazione. La stessa associazione è stata, infatti, tra le primissime realtà dello Stato unitario ad avere una connotazione nazionale. Un’attenzione che è squisitamente nello stile dell’associazione chiamata e impegnata a formare le coscienze, capace di offrire alle persone di ogni età e condizione di vita un cammino di attenzione all’altro e al bene comune. Proprio Vittorio Bachelet, approfondendo il legame tra educazione e bene comune, sottolineava: «Educare al senso del bene comune vuol dire formare a un retto e vigoroso ideale, aiutando l’uomo a impadronirsene con l’intelligenza e ad adeguarvi la sua formazione spirituale morale tecnica. Vuol dire formare l’uomo a una lineare aderenza agli essenziali immutabili principi della convivenza umana e in pari tempo al senso storico, alla capacità cioè di cogliere il modo nel quale quei principi possono debbono trovare applicazione fra gli uomini del suo tempo; vuol dire altresì rendere consapevole l’uomo della necessità di attrezzarsi spiritualmente, intellettualmente, moralmente, tecnicamente per divenire capace di attuare concretamente quei principi nella concreta convivenza umana in cui è chiamato a vivere».
È per questo che la nostra riflessione, che parte dal cammino unitario nazionale, oggi si ferma a guardare alle vicende del Paese e a sottolineare alcune ripercussioni di natura educativa, forse sinora sottovalutate. Bene ha fatto il cardinale Angelo Bagnasco, nella recente prolusione ad Ancona al Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana, a evidenziare il disastro antropologico che si compie a danno dei giovani e di quanti sono nell’età in cui si fanno le scelte definitive per il futuro della propria esistenza. C’è una rappresentazione fasulla dell’esistenza, c’è un tentativo di mettere in primo piano il successo basato «sull’artificiosità, la scalata furba, il guadagno facile, l’ostentazione e il mercimonio di sé». Il rischio è che le recenti vicende, che trovano ampio spazio nei media, facciano emergere la desiderabilità di stili di vita per i quali «il potere può tutto». È per questo motivo che torniamo a dire una parola non sui risvolti politici, ma su quelli, appunto, educativi.
NON È EDUCATIVA l’immagine della donna emersa in numerosi racconti giudiziari e mediatici. Ne è stata ripetutamente e insistentemente violata l’intangibile dignità, libertà, uguaglianza. NON È EDUCATIVA, allo stesso tempo e con la stessa intensità, l’immagine dell’uomo incapace di riconoscere nel corpo della donna, e nel proprio, un dono straordinario, certamente non finalizzato ad appagare un desiderio egoistico di possesso. È, invece, EDUCATIVO, a nostro avviso, ridire con forza, con parole condivisibili da tutti, la bellezza vera di ogni età e di ogni soggettività, il senso profondo dell’essere uomo e dell’essere donna. Per questo chiediamo al mondo dei media un modo diverso di comunicare senza ammiccamenti e senza ridurre la donna e l’uomo solo a corpo da guardare, da possedere, da sfruttare.
NON È EDUCATIVA l’idea che i giovani e gli adolescenti, per realizzarsi, debbano mettere da parte i propri talenti, seguendo tristi scorciatoie. È difficile costruire un mondo diverso e migliore se l’unico insegnamento trasmesso alle nuove generazioni è quello di cercare ostinatamente i favori del potente. È EDUCATIVO, ed importante, valorizzare e dare sempre più spazio ai giovani talenti dello studio, della ricerca, dei mestieri e delle professioni, ai giovani del volontariato e del servizio gratuito agli altri. Scegliamo con consapevolezza quali modelli culturali offrire a tutti, senza, ovviamente, cadere nel moralismo di facciata.
NON È EDUCATIVA la percezione che il riserbo delle inchieste giudiziarie sia costantemente minato da interessi politici e giornalistici, e che sul sistema della giustizia si addensi l’ombra della manipolazione di parte. Allo stesso tempo,DISEDUCA al valore dell’informazione assistere sui media ad una guerra frontale, caratterizzata anche da “dossieraggi” e “killeraggi” contro i propri “nemici”, che siano politici della parte avversa o magistrati o uomini della cultura e dell’informazione. Vorremmo sottolineare che non è casuale la contemporanea perdita di credito, tra gli italiani, e della politica e della giustizia e dei media, i tre attori di un circolo che sta diventando oltremodo vizioso. È EDUCATIVO, al contrario, riaffermare il senso della deontologia e dell’imparzialità in professioni, ruoli e responsabilità pubblici ad alto valore civile, fondamentali per la tenuta della democrazia.
NON È EDUCATIVO coinvolgere nei conflitti giudiziari, mediatici e politici le istituzioni della Repubblica. Siamo ad un passo da un baratro che porterebbe i cittadini a ritenere le istituzioni come parte in causa dei conflitti tra persone e gruppi di potere, e non più come luoghi di tutela. È EDUCATIVO, al contrario, promuovere un intenso sforzo: tenere le istituzioni fuori dalla bagarre, restituirle alla loro credibilità pubblica e alla loro funzione di servizio, facendo in modo che in queste vicende possano essere punti di riferimento saldi, e non parti in gioco.
NON È EDUCATIVA la passività dell’opinione pubblica. È, invece, EDUCATIVO l’esercizio di una cittadinanza attiva e responsabile.
È dunque EDUCATIVO valorizzare il tanto che di buono, operoso, lungimirante, concreto offre ancora oggi il nostro Paese. Ci sono realtà, civili e ecclesiali, che ogni giorno si sforzano di veicolare queste idee per costruire davvero un tessuto di valori positivi e condivisi. Ci sono agenzie educative, come la scuola, in cui tra mille difficoltà si cerca di formare anche ad una vita civile consapevole. E ci sono famiglie – le quali costituiscono ancora il cardine della nostra società – che, pur fra innegabili difficoltà, cercano di dare una cornice di riferimento etica ai loro figli. Forse in questo momento tutto ciò può sembrare di secondaria importanza. Ma chi crede nel futuro sa che non è così. Ed è per questo che ci appelliamo a tutti i protagonisti delle attuali vicende perché recuperino urgentemente, per il bene del Paese, il senso della misura, del decoro, del rispetto. L’Italia necessita di giovani sereni, coscienziosi e operosi; di adulti sobri, responsabili e aperti. Su italiani come questi si può costruire un domani migliore.
Roma, 12 febbraio 2011
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