Rime de l'autunno
di Umberto Bottone (Auro D'Alba)
Questi viali dove spargo il mio
buon sangue, sorellina, ò già percorsi;
questa fonte bevvi a lenti sorsi
specchiandomi nel vago tremolio.
Quest'agave, sorella, ò già odorato
voluttà, sì come odoro i bianchi
ceri del tempio, quando sono stanchi
per aver tutto il gìorno lacrimato.
E seppi ancora i mille incantamenti
de le cose morenti e de le morte
mi aprì già il sole tutte le sue porte
e la luna l'impero degli argenti.
Questi salici, questi derelitti
salici, senza ormai lacrime più,
mi furono compagni, e il buon Gesù
che ci guarda co' suoi grandi occhi afflitti.
Un giorno ebbe una lampada votiva
ne la chiesola adesso diroccata,
e una lunga preghiera gli ò cantata
quando sentivo il cuor che mi moriva.
Sorella, piangi? Forse ti fa male
il mio male? Ti prende la tristezza
de l'autunno? La nostra tenerezza,
o dimmi non è uguale, non è uguale?
Forse ti prende la malinconia
dei ricordi? Ripensi forse al dolce
passato? Dimmi, il tuo dolor non molce,
amica, la mia buona compagnia?
Vano è il ricordo!... Tutto è morto, tutto
dovea morire con le moriture
cose. Le nostre giovinezze pure
glorifichiamo in un sereno lutto.
Ecco, avanza la nostra ultima sera,
e il crepuscolo fa da trovadore;
su, stringiamoci cuore sopra a cuore
sognando una lontana Primavera.
da Lumí d'argento (1906)
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