venerdì, novembre 21, 2003

Nel novembre 2001, a poche settimane dai tragici attentati terroristici dell'11 settembre, un gruppo di cristiani di svariate confessioni (cattolici, evangelici, ortodossi), responsabili di ordini missionari, islamologi, intellettuali e educatori idearono un appello ecumenico affinche' quanto era purtroppo accaduto non mettesse in discussione le iniziative di partnership fra cristiani e musulmani in corso. Con un obiettivo concreto, e controcorrente nei confronti del clima socioculturale imperante nell'Europa di quei mesi: la proclamazione di una Giornata da dedicare espressamente al dialogo interreligioso, e soprattutto al dialogo cristianoislamico. Senza negare le oggettive difficolta', decisamente in
aumento. L'esito fu consolante, a parere di chi, come me, era tra i promotori della cosa: oltre un centinaio di iniziative lungo tutta la penisola, l'operazione "moschee aperte", piu' di mille adesioni raccolte, e - soprattutto - la sensazione che la strada intrapresa fosse inevitabile quanto corretta.
Ecco perche' abbiamo deciso di riproporre quell'esperienza, puntando ad una seconda Giornata ecumenica del dialogo cristianoislamico, il 21 novembre 2003 e nei giorni successivi, di nuovo in coincidenza dell'ultimo venerdi' di Ramadan dell'anno islamico 1424 (per ulteriori informazioni si veda il sito: www.ildialogo.org), a imitazione dell'invito di Giovanni Paolo II per il 14 dicembre 2001.
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Certo, non sarebbe realistico nascondermi e nasconderci che l'obiettivo e', oggi piu' di ieri, quotidianamente messo in discussione, dalla cronaca nazionale di costume (se cosi' vogliamo chiamare, ad esempio, la triste vicenda del crocifisso di Ofena) a quella nera, con attentati sempre piu' crudeli che si ripetono ora dopo ora, con lo scopo lampante di scoraggiare quanti - e sono tanti, nonostante tutto - non si lasciano piegare alla logica dello scontro di civilta', della guerra infinita, delle chiusure identitarie e fondamentalistiche.
La paura e' grande, senza dubbio: ma farsi intimidire e smettere la pur difficile pratica del dialogo, e qui in particolare del dialogo cristianoislamico, equivarrebbe di fatto a dar ragione ai terroristi, a chi usa le bombe al posto dell'accoglienza e del confronto, a chi strumentalizza le parole religiose e lo stesso nome di Dio profanando radicalmente le une e l'altro. Ecco perche', proprio in una situazione come quella attuale, nella Giornata ecumenica e' necessario gridare che occorre piu' coraggio e piu' dialogo, non meno coraggio e meno dialogo. Anzi, che occorre un autentico salto di qualita' nel dialogo interreligioso, che non puo' piu' essere considerato un ambito per specialisti o per pochi, non un generico verbo buonista o un invito al semplicistico "volemose bene", ma un caso serio e un
tema decisivo per le varie comunita' di fede: sul quale investire con fatica la propria vita, studiando, discutendo, pregando, chiedendo a Dio di illuminarci e di illuminare la terra, in questa tremenda ora della prova.
Il cammino e' tutto in salita. A me, cattolico laico, confortano la prassi evangelica di Gesu' e la memoria del Concilio, la pedagogia dei gesti di Giovanni Paolo II e la firma della "Charta Oecumenica" europea.
Mi pare significativo, del resto, che questa nostra iniziativa, che prevede decine di appuntamenti in tutte le principali citta' del nostro Paese, non riesca a "bucare" il mondo dell'informazione (salvo benemerite eccezioni, che confermano la regola). E' qui contraddetta, infatti, la regola aurea dell'uomo che morde il cane: in una fase che viene sempre piu' percepita come un'anteprima di uno scontro finale tra occidente cristiano e islam, dovrebbe pure far notizia il fatto che, spontaneamente e senza particolari benedizioni dall'alto, una piccola tradizione, quella della Giornata
ecumenica del dialogo, abbia gia' messo radici, dimostrando il bisogno diffuso del dialogo. Che, in questi giorni, molte moschee e centri islamici vengano aperti a chiunque per la cerimonia della rottura del digiuno. Che si facciano dibattiti e incontri tra cristiani e musulmani. Che centinaia di donne e uomini continuino a sottoscrivere l'appello al dialogo, nonostante la nostra struttura di organizzatori sia quanto mai povera e priva di mezzi.
Credo che tutto cio' dovrebbe incuriosire...
A quanti, domani, donne e uomini di buona volonta', parteciperanno alle varie iniziative pubbliche, a quanti digiuneranno e devolveranno il denaro risparmiato a opere di solidarieta', ai monasteri e alle parrocchie e ai
centri islamici che pregheranno per la pace tra le fedi, grazie di cuore e buon cammino. Non facciamoci scoraggiare.
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Personalmente, tra le intenzioni della mia preghiera e del mio digiuno ho inserito la prossimita' profonda alle comunita' ebraiche d'Italia, di Israele e di tutta la diaspora, in modo speciale dopo gli attentati alle sinagoghe di Istanbul, perche' chi si impegna nel dialogo interreligioso e' chiamato a farlo a tutto campo: il mio 21 novembre 2003, ultimo venerdi' di
Ramadan 1424, e' anche una Giornata per la liberta' di religione e contro ogni forma di antisemitismo, di islamofobia e di razzismo. Con la fiducia e la speranza che contraddistinguono ogni figlia e ogni figlio di Dio, un cordiale abbraccio di pace - shalom - salaam.
Brunetto Salvarani

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