mercoledì, gennaio 07, 2004

Italia. E' stata rinviata a data da destinarsi la proposta del ministro alle Attivita' Produttive che aveva chiesto alla collega ministra dell'Istruzione di istituire al piu' presto nelle scuole "lo studio dei casi di eccellenza degli imprenditori italiani". Gli "eccellenti", da proporre solennemente a esempio e monito delle giovani generazioni, da qualche tempo in qua non hanno molto tempo per impartire lezioni di vita; che peraltro, per ministro e ministra, sarebbero i piu'
qualificati a impartire, a parte questi noiosi contrattempi. Il contributo del governo italiano - e diciamo pure della classe dirigente italiana - al crac Parmalat e' principalmente questo; ideologico, vale a dire. Da una ventina di anni in qua, e da tre-quattro anni in modo sempre piu' ossessivo, la filosofia del regime e' che il Vip Non Sbaglia Mai.
Tranvieri, disoccupati, parroci, carabinieri in pensione, cococo', operai: tutti corporativi o qualunquisti, nostalgici di un passato "sociale" obsoleto, indigeni polinesiani di fronte ai missionari del progresso. Su questo, fra destra e "sinistra", c'e' una (inconsapevole) convergenza, che va molto oltre i governi.
Lo scandalo Parmalat e' ideologicamente italiano. Ma da un punto di vista tecnico e' globale. Il governo (e la Banca d'Italia) non hanno vigilato. Ma le maggiori banche (che sono ormai transnazionali) erano implicate. I conti esteri, le Cayman, gli affidavit finanziari, le "consulenze" pelose erano senz'altro multinazionali. Questo non e' un altro caso Enron: e' *il* caso Enron, cioe' l'assoluta irresponsabilita' del management finanziario, che finalmente arriva
*anche* in Italia. Quel tizio dalla barbaccia antipatica probabilmente ci avrebbe fatto su un libro - o forse l'ha gia' fatto.

Riccardo Orioles

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