Antonio Socci non mi ha mai appassionato. Lo trovo eccessivamente polemico, il che va benissimo per un giornalista che deve far vendere copie alla propria testata, ma non per chi ascolta un interlocutore per capire e farsi un’idea di come va il mondo.
Il rischio di chi come lui vorrebbe combattere l’ideologia è di diventare a sua volta ideologico. (Lo stesso rischio lo corrono i suoi piccoli epigoni di stranocrisitano.)
L’ideologia è uno schema mentale che ti permette di esprimere giudizi sul mondo, il cristianesimo invece è una persona: Gesù Cristo. Naturalmente l’esperienza religiosa è sempre mediata dalla nostra condizione storica e da questa esperienza nascono inevitabilmente delle visioni del mondo, visioni necessarie ma parziali di fronte alla complessità della vita. L’unico modo per non cadere nell’ideologia è la conversione, ossia lasciare che i nostri schemi si rinnovino continuamente alla luce dell’azione liberatrice di Dio.
Comunque ieri Socci era ospite di Ferrara ad Ottoemezzo, nella puntata dedicata alla Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, appena iniziata a Bologna. Partecipavano anche Giorgio Rumi, storico e Lorenzo Chiarinelli, vescovo di Viterbo e presidente del Comitato Scientifico organizzatore delle Settimane Sociali.
Socci ha iniziato facendo polemicamente notare che nel documento preparatorio mancavano le parole ‘Dio’, ‘Gesù Cristo’, ‘Dottrina sociale’, insomma concetti chiave per un cristiano. Al documento preparatorio e ai relatori invitati Socci ha contrapposto i messaggi del Papa, di Ruini e di Caffarra, vescovo di Bologna. Costoro erano naturalmente aveva dalla sua parte, contro la tradizione ‘cattolico democratica’ italiana, che secondo lui emergeva nell’impostazione generale data alla Settimana Sociale. A Socci doveva aver dato fastidio in particolare con uno dei relatori, Casavola, espressione ormai logora di quel cattolicesimo democratico che ha rappresentato il sostrato ideologico (certo ideologico, inutile negarlo) della migliore Democrazia Cristiana e che certi ambienti culturali nei quali l’editorialista del Giornale si è formato hanno tacciato nei decenni scorsi di protestantesimo, neopelagianesimo e via dicendo.
Casavola ieri aveva attaccato tra gli altri il primato del potere economico e la devolution e quindi in qualche modo l’attuale governo.
La contrapposizione tra organizzatori del convegno e gerarchia appariva subito pretestuosa, anche perché non si capiva dove Socci avrebbe collocato Chiarinelli, ma comunque ha acceso un interessante dibattito.
All’interno di questo schema il giornalista toscano ha tenuto a ricordarci che ieri ricorreva l’anniversario della battaglia di Lepanto, come se questa avesse qualche rilevanza per il tema della puntata. Qui si vede una delle caratteristiche del pensiero ideologico che ha sempre bisogno di un nemico per definire la propria identità, si pone per negazione, dividendo la realtà complessa in due metà di buoni e cattivi.
Io per curiosità sono andato a controllare il messaggio papale e, sopresa, neppure in questo compaiono le parole ‘Dio’ e ‘Gesù Cristo’. Mentre compaiono in quello di Chiarinelli. E allora? Ecco che il colpo ad effetto di Socci si ritorce contro la sua stessa argomentazione; la realtà si ribella agli schemi.
Ora non mi interessa riportare e commentare qui tutta la discussione, che mi è parsa molto stimolante, tant’è che Ferrara, anch’egli suggestionato, ha ‘sforato di 7 minuti’.
Una cosa però mi molto ha colpito, anzi un uomo: Chiarinelli.
Vescovo colto e prudente, ha risposto alle approssimazioni ideologiche di Socci con ragionamenti fini, distinzioni fondate, riferimenti dottrinali solidi. Peccato continuasse a citare Karl Rahner, Italo Mancini, Giorgio La Pira, intellettuali che, vista matrice culturale del giornalista toscano, non facevano che confermare il suo schema ideologico.
(Un’altra caratteristica dell’ideologia è che trova conferme ovunque mentre non riesce a vedere contraddizioni e confutazioni).
Alla fine, quando Chiarinelli ha parlato della ‘mediazione’, parola chiave nel dibattito CL-FUCI degli anni ’80, il povero Socci non ne ha potuto più e mentre i titoli di coda erano già andati ha tentato in tutti i modi di insegnare un po’ di dottrina al povero vescovo.
Chiarinelli, proprio per il suo stile argomentativo che richiedeva almeno 3 minuti di premesse prima di giungere ad una conclusione, non è un personaggio televisivo. A volte mi pareva una di quelle simpatiche caricature di preti fatte da Carlo Verdone.
Il suo muoversi da una parte all’altra dello schermo, la mano sempre sull’orecchio a mantenere il fastidioso auricolare, le sincere parole di cortesia all’inizio di ogni replica, sono tutti elementi sconsigliati dagli esperti di comunicazione televisiva. La televisione è ideologica, ama gli schemi, le semplificazioni, non provoca il pensiero ma la passione, il sentimento.
Ma i cuori si convertono non per potere dialettico, che al massimo attira verso una nuova ideologia, ma quando si incontrano persone; perciò Chiarinelli ieri è stato grandioso, è stato veramente uomo. Nonostante le provocazioni di Ferrara, che fa sempre il suo lavoro eccellentemente, e con un certo imbarazzo della giornalista che lo accompagna e che, anch’ella vittima del pensiero ideologico, non riusciva a capire da che parte collocare il nostro caro vescovo, costui ha scardinato schemi, accontentato un po’ tutti, tranne Socci naturalmente, e ci lasciato con molti pensieri.
Buon segno perché ci ha provocato non ad aderire ad una dottrina ma a confrontarci con un’esperienza, quella del cattolicesimo sociale italiano e alle sue ricchezze.
Nessun commento:
Posta un commento