A volte ritornano. I radicali di Marco Pannella sono oggi in primo piano per il referendum sulla fecondazione assistita che minaccia di devastare i due poli. Ma anche per le proposte di “fecondazione artificiale” – cioè di alleanza - che arrivano da entrambi quei due poli, in cerca di energie alternative come promettono di essere i “Pannella solari”. Questo o quello per me pari sono, dice lui. Nei due schieramenti però non c’è unanimità: alcuni ritengono la presenza di Pannella nella politica italiana una fortuna, altri un’autentica sciagura nazionale. C’è chi gli rimprovera Cicciolina, chi Toni Negri, chi lo considera una presenza goliardica con attorno un’armata Brancaleone senza voti e senza credibilità.
Ma quello radicale è un fenomeno culturale e politico serio e bisogna fare lo sforzo di capire cosa sia e cosa implichi. Il più caustico ritratto di Pannella fu fatto vari anni fa dall’Unità con l’esilarante battuta di Bette Midler: “Adesso basta parlare di me. Parliamo di te: che cosa pensi di me?”. In effetti a Radio Radicale, a qualsiasi ora del giorno e della notte, è possibile che Giacinto detto Marco irrompa con interminabili concioni. Il palinsesto già prevede i suoi torrenziali interventi, perfino suoi comizi d’epoca riproposti come pezzi d’anquariato. Quando non c’è Pannella si viene chiamati a dire che cosa si pensa di questa o quella trovata pannelliana. Quindi è la volta di congressi e riunioni radicali dove di solito si discutono le idee di Pannella. Infine ci sono programmi come la rassegna stampa del mattino in cui si dimostra come da sempre abbia visto lungo Pannella e come siano miopi Bush, l’Onu, il Papa a non ascoltare i lungimiranti consigli di Pannella con i quali in quattro e quattr’otto si potrebbero sistemare l’Iraq, il conflitto israelo-palestinese, la Chiesa , stabilire la pace universale, debellare la fame, le malattie e l’infelicità dalla Terra.
Anni fa Ruggero Guarini osservava che i radicali - come la loro radio - sono la cosa meno laica che esista. Non solo per quell’orizzonte totalmente politico della vita (quindi totalizzante e ideologico) che perfino a sinistra hanno superato da anni. Non solo per quell’onnipresenza del Leader. Per quanto possa sembrare paradossale, in effetti, i radicali non sembrano toccati dal laico beneficio del dubbio. Mai. Hanno sempre e solo certezze: dispongono per ogni problema di una soluzione preconfezionata e indiscutibile, buona in ogni tempo. Ma è possibile avere certezze assolute e verità indiscutibili per i complicatissimi problemi sociali, politici ed economici che sono spesso incerti, esigono compromessi, provvisori tentativi di soluzione, disponibilità a tentare altre strade?
Le idee dei radicali sono dogmi di fede intangibili. Tutte le più complesse questioni (dall’economia all’assetto delle istituzioni, ai delicati equilibri planetari, alle leggi che implicano la vita umana e le incertezze della scienza), tutti i problemi che normalmente chiedono la fatica dello studio e restano incerti anche per la scienza, ed esigono l’elaborazione di diversi e perfettibili tentativi di soluzione, per loro sono semplicissimi: la realtà dei radicali è sempre in bianco e nero.
Da qui viene la loro concezione dualistica del mondo: il bianco e il nero, il sì e il no. Infatti il referendum è lo strumento prediletto, essendo quel meccanismo di consultazione che riduce semplicisticamente problemi complessi a un’alternativa secca fra il sì e il no (perfino quando c’è di mezzo la vita umana – come nella legge sulla fecondazione – ed è necessario armonizzare interessi contrapposti e conoscenze scientifiche incerte). Ma non basta l’ideologia del referendum, tutto il sistema politico – predica Pannella da anni - ha da essere bipartitico. Nemmeno l’approssimazione bipolare gli va bene: pretende due soli partiti. Puoi obiettare che una simile riduzione sarebbe ben poco democratica, tagliando fuori una quantità di culture politiche diverse che nei nostri paesi europei, per la loro lunga storia, sono presenti. Ma Pannella e i radicali non ci sentono: per loro il bipartitismo è un dogma di fede che ovviamente sono i primi a trasgredire presentandosi come ennesimo partito. Loro non avvertono questa contraddizione perché pretenderebbero addirittura che al bipartitismo arrivassimo non per aggregazione consensuale, ma per costrizione: col meccanismo “uninominale secco”. E’ la fissazione giacobina di cambiare la società attraverso lo Stato.
L’immagine di un Paese come foglio bianco – col mito dell’ “uomo nuovo” - fu di Mao Zedong, ma prima di lui di tutte le gnosi rivoluzionarie. A cominciare da quelle francesi. Invece il mondo esiste da prima e vi sono identità e culture diverse, è fatto di mille sfumature da valorizzare, di mille interessi da armonizzare, di tante sensibilità da rispettare e di mille incertezze perché l’uomo non ha una conoscenza assoluta della verità e può sbagliare. Per i radicali invece è possibile una gnosi totale del Vero (a costo di forzare i dati della scienza, come sulle cellule staminali) e dunque esiste solo bianco e nero, sì e no, destra e sinistra. E’ un’idea manichea del mondo. Nel senso filosofico: l’antica dottrina manichea era una delle forme dello gnosticismo e autorevoli studiosi – come Erich Voegelin – hanno mostrato che proprio questa antica eresia è il substrato di tutte le ideologie della modernità. Specie quelle illiberali.
Ciò che si presenta come intransigenza morale, spesso, in politica è solo dogmatismo e il dogmatismo dei radicali mal si concilia con il realismo e con la necessità del compromesso che la politica deve necessariamente (e nobilmente) praticare. I radicali amano presentarsi come liberali, ma il maggior teorico della “società aperta”, Karl Raimund Popper, ci ha insegnato a considerare come vero nemico della libertà il “perfettismo politico”, qualunque sia il suo contenuto. Ciò spiega perché i radicali hanno talora buone idee e condivisibili – per esempio sulla giustizia, l’economia o su certe battaglie internazionali – ma restano nell’insieme dottrinari e indigeribili: perché anche le idee buone devono tener conto delle situazioni storiche ed essere compatibili con altre idee e forze sociali e non si possono trasferire in modo dogmatico in leggi o politiche di governo.
Il dogmatismo non è compatibile né con i riformatori socialdemocratici, né con quelli liberaldemocratici, né con i conservatori. Non è compatibile con l’attuale stagione politica italiana – che fa emergere i realisti e accantona i fondamentalisti – né con la situazione internazionale dove si cercano soluzioni realiste e si rifugge dagli astratti proclami di principio.
Ai radicali (che continuo a elogiare per tante battaglie sui diritti umani) consiglierei la lettura di un libro di un amico comune, Adriano Sofri: “Il nodo e il chiodo”. Aiuta a capire una generazione che cominciò a pensare il mondo con una filosofia dualistica (bianco-nero, destra-sinistra, amico-nemico, borghesia-proletariato, capitalismo-comunismo), una generazione che trasformò le proprie idee politiche in verità assolute, chiodi da piantare con gesto risoluto sulla testa del Nemico, e poi – dolorosamente – si accorse che il mondo è piuttosto un complicato groviglio da sciogliere con pazienza, per tentativi, con rispetto dei diritti altrui e accettazione dell’errore. I radicali potrebbero essere utili al Paese, ma dovrebbero diventare laici.
Antonio Socci
Il Giornale 6.10.2004
1 commento:
Mi dispiace che tu abbia ripreso questo articolo, di una grossolanità imbarazzante. Nonostante dichiarazioni contrarie, Socci non dice nulla di serio sui radicali. Le osservazioni sui metodi di lotta politica di Pannella e dei radicali possono scoraggiare qualcuno che nei radicali italiani voglia militare, ma non mi pare riguardino punti di merito (che Socci sistema velocemente in qualche incidentale). Quel che dice dei referendum è privo di qualunque fondamento storico-politico e giuridico (avrebbe un senso solo se tenere i referendum equivalesse all'abrogazione del parlamento). Per giunta, l'argomento è quello stesso che si usava contro il suffragio universale (la politica è complessa, chi non è colto o abbiente o non so che non può capire). Quel che dice sul bipartitismo non so come si possa apprezzare in Irlanda, ma mi pare rientrare in quella che un temo si chiamava giustificazione surrettizia dell'esistente (e tra i due difetti, 2 o 40 partiti, continuo a considerare meno grave il primo). Trovare il modo di accusare i radicali di avere una visione giacobina per via della predilezione per l'uninominale secco è al di sopra delle mie possibilità di comprensione. Poi certo, uno, se vuole, può vedervi manicheismo, gnosticismo, persino maoismo, ma si tratta di quella deformazione ideologica che proprio tu noti nel precedente post. Si può non essere d'accordo coi radicali, ma per questo non c'è bisogno di sararne tante in un solo articolo (azioneparallela)
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