Per non sentirsi stupidi, all’università, era obbligatorio leggere Derrida. Mi ricordo intere mandrie di studenti (e io con loro) compulsare nevroticamente i suoi scritti senza riuscire a capirci nulla (ma facendo finta di aver sempre compreso tutto). E poi correre, quella volta all’anno in cui Derrida veniva a tenere le sue lezioni magistrali, a sentirlo, armati di registratore, e uscire dalla sua conferenza, un’ora più tardi, molto più confusi (pochi) e più esaltati (la maggioranza) di quanto lo si era prima. Un delirio. Più tardi, quando lessi Robert Hughes (e ripresi Schopenhauer), capii qual era il meccanismo psicologico che stava alla base delle nostre sofferenze: il narcisismo dell’intellettuale.
Edoardo Camurri
(Il resto dell'articolo lo trovate su Il Riformista)
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