Si svolge in questi giorni a Pisa il congresso nazionale della FUCI. Riporto qui un articolo a riguardo uscito oggi su Avvenire.
Sto leggendo le tesi congressuali e mi paiono ben fatte. Anche se sono un po' lunghe, ho deciso di riproporle sul mio blog, a puntate.
Forme del sapere, la Fuci riflette a Pisa
Da Pisa Andrea Bernardini
L'università italiana cambia. I corsi di laurea proliferano e accolgono un numero sempre più alto di studenti; la formazione interessa ormai anche l'ingresso (orientamento) e l'uscita (job placement) dal percorso universitario vero e proprio. Gli studi umanistici e quelli tecnici scientifici sono mondi sempre più lontani e la cultura del nostro tempo sembra privilegiare i risultati, la performance, il saper fare, rispetto alla pura speculazione, all'indagine. Se ne parla in questi giorni a Pisa in occasione del 58° congresso nazionale della Federazione universitaria cattolica italiana (Fuci) dal titolo «Work in progress: Università e forme nuove del sapere». Ieri i 180 delegati al congresso hanno dipinto l'affresco del cambiamento: le recenti riforme del 1999 e del 2004 hanno arricchito l'offerta formativa. «Oggi - dice la presidente della Fuci, Federica Di Lascio - si parla più coerentemente di saperi al plurale, perché le conoscenze sono sempre più specializzate e frammentate. E, tra i saperi occidentali, hanno acquisito pieno diritto di cittadinanza anche culture un tempo lontane». Ma dentro gli atenei c'è ancora spazio per la partecipazione e lo scambio? In una parola: c'è vita? Si offrono strumenti utili al discernimento vocazionale? La formazione segue le inclinazioni del singolo? E chi esce dalle quattro mura dell'università è consapevole che ciò che ha imparato deve essere una risorsa da "distribuire" a tutti? Queste sono le domande al centro del congresso della Fuci. Sapore e lievito dell'università italiana da ben centodieci anni (gli auguri sono arrivati anche dal segretario generale della Cei, Giuseppe Betori), i fucini sono presenti in una cinquantina di atenei (ma i gruppi sono più numerosi). Chiaro il loro stile: in pochi, si inseriscono tra centinaia di migliaia di studenti fuori sede presi tra lezioni, affitti onerosi, sudate notturne per il prossimo esame, proponendo a tutti una domanda semplice: che senso ha quello che facciamo? E proprio questa domanda libera ricerca (quella vera) che in diversi casi porta alla «Verità». «Nell'università lo studente deve costruire la propria personalità: il proprio modo di pensare, vedere, giudicare il mondo - ha commentato l'arcivescovo di Pisa, Alessandro Plotti -. E l'ateneo deve tornare ad essere luogo di vita dove si creano ponti tra docenti e studenti e tra studenti e studenti». Incalzante il rettore dell'ateneo pisano, Marco Pasquali: «Voi studenti non siete i clienti dei nostri servizi, ma i protagonisti». Interessante il dibattito tra Salvatore Natoli, filosofo, e Carlo Calandra, fisico, testimonial della giornata di apertura. Un chiaro segno che per i fucini la cultura è una sola e che le barriere interdisciplinari non sono insormontabili.
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