I tubi della centrale termoelettrica di Sofia si dipanano per decine di chilometri. Ed è proprio qui che i senzatetto trascorrono l’autunno e l’inverno. I condotti sono larghi dai quattro ai sei metri, e alti due metri e mezzo. Tra i tubi c’è una certa distanza, qua e là si trovano delle nicchie e grandi spazi seminterrati, che spesso diventano veri e propri "appartamenti" sotterranei. All’interno la temperatura è di 36 gradi ed è per questo che i senzatetto vi entrano principalmente di notte e durante le giornate più fredde. Nelle stagioni calde, invece, le case abbandonate o i numerosi parchi di Sofia sono le abitazioni preferite dai clochard. Per molti anni nessuna forza dell’ordine si è avventurata negli oltre 240 chilometri di tunnel che attraversano la città. Alcuni sono vecchie catacombe romane, altri rifugi anti-bombardamento della Seconda guerra mondiale, altri ancora utili vie di fuga per il governo in caso di attacchi aerei. È per questo che, con gli anni, i tunnel hanno fornito riparo a detenuti in fuga e a ladri; ma la maggior parte delle persone che oggi vivono sottoterra sono solo molto sfortunate: rimaste senza casa o famiglia durante il cambio di regime. «Io lavoravo all’estero. Quando sono tornato, mia moglie viveva con un altro uomo. Così ho lasciato la casa e i bambini e ho iniziato a vivere nei tunnel». Questa è una delle storie più frequenti nella città sotterranea.
Durante l’inchiesta dello Standart abbiamo incontrato anche un ex insegnante di tedesco che, rovistando nella spazzatura, si è costruito una biblioteca con volumi unici. Un altro senzatetto lavorava alla Biblioteca nazionale di Sofia come restauratore. Un altro ancora parla otto lingue, e ha lavorato come cameriere a Londra, Ginevra e Parigi.
Vivere nei tunnel non è facile. Molte persone sono malate e spesso muoiono dopo pochi anni, a causa della sporcizia e dell’aria malsana che si respira. A peggiorare la situazione ci sono la puzza e l’umidità. Per superare le difficili cond izioni ambientali i senzatetto si ubriacano di continuo; dato che non possono permettersi gli alcolici in bottiglia, che costano circa tre euro, ripiegano sull’alcol puro a 96 gradi, che trovano in farmacia per 45 centesimi di euro, cui aggiungono altri sette centesimi per acquistare un succo di frutta solubile nell’alcol. Mischiato con l’acqua, questo intruglio garantisce quasi un intero giorno di sbornia.
BBoko, 32 anni, ha vissuto nei tunnel a lungo. È scappato di casa nel ’90, dopo un banale litigio con il padre. È uno dei pochi senzatetto che non è stato costretto a vivere nel tunnel, ma lo ha scelto. Nel mondo sotterraneo ci sono però anche molte famiglie con bambini. Durante l’inchiesta abbiamo trovato nelle nicchie materassi e accanto biberon, giocattoli e abitini da bambini. I tunnel sono usati anche come nascondigli da madri minorenni, che partoriscono i loro figli in ospedale e subito dopo si nascondono nei sotterranei per non essere accusate di abbandono. Tuttavia a causa della sporcizia e del forte calore, molte di queste giovani madri muoiono per complicazioni legate al parto.
Il governo e le Ong sono informati e conoscono il problema, ma non hanno le risorse necessarie per porvi rimedio. Gli assistenti sociali non riescono a gestire il flusso di persone che entrano nella comunità dei senzatetto. Oltre l’ottanta per cento di questi non possiedono documenti d’identità e rimangono anonimi agli occhi dello Stato, non potendo così ricevere il sussidio o entrare nei ricoveri per vagabondi.
Dopo la pubblicazione dell’inchiesta di Standart il sindaco di Sofia, Bojko Borisov, è sceso – primo politico nella storia – nei tunnel e ha visitato queste vere e proprie città sotterranee promettendo di costruire una struttura di accoglienza dove gli homeless possano rifugiarsi, e di avviare un sistema di identificazione per i senzatetto. Finora, però, solo alcuni hanno ottenuto questi vantaggi. Tuttavia, con l’aiuto di alcune Ong, alcuni senzatetto sono riuscit i a venire fuori dall’incubo. Muzi, ad esempio, vent’anni, è diventato un assistente sociale in una neonata associazione. Uli, 46 anni, sta lavorando come muratore e spera così di riuscire a costruirsi la propria casa. Un donatore inglese ha poi sentito la storia di Marian, una ragazzina molto malata, cui ha deciso di pagare le cure in ospedale e di insegnarle fotografia. Ginka, una ragazza scappata di casa, è ritornata a vivere con i suoi genitori.
Vladimir Iontchev
Avvenire, 16/9/2007
Nessun commento:
Posta un commento