Riassumendo, dunque, Newman presenta almeno tre grandi motivi per la nostra riflessione:
1. il sapere è un bene in sé da non sacrificare a nessun utile
2. il sapere va ricondotto ad unità
3. l’università è un luogo di relazioni umane.
Se confrontiamo questi principi con l’università che conosciamo è evidente quanto Newman sia inattuale: il sapere è sempre più succube delle logiche del mercato, si fa sempre più frammentario e l’università è per la maggioranza degli iscritti un luogo di alienazione, dove i fallimenti prevalgono sui successi.
Indubbiamente alcune problematiche che sono state poste al centro della riforma universitaria contemporanea difficilmente sono assimilabili a quelle trattate da Newman. La necessità di armonizzazione dei sistemi di educazione superiori nello spazio europeo, il legame tra formazione e mercato del lavoro, la mobilità internazionale non erano problemi nel mondo Ottocentesco.
Gli obiettivi della ristrutturazione dei percorsi di studio d’altronde sono noti: aumentare il numero dei laureati, avvicinare il tempo reale di studio a quello legale ed elevare la bassissima percentuale di matricole che completano il percorso di studi; parametri rispetto ai quali siamo molto indietro al confronto con gli altri Paesi europei. A mio modesto parere Newman avrebbe ben poco da dire su simili questioni tecniche.
Newman è inattuale perché non ci offre soluzioni ma i suoi criteri possono valere come ideali orientativi secondo i quali andrebbero coniugate le scelte fondamentali che guidano il corrente processo di riforma.
Se infatti crediamo il sapere è un bene in sé, da non sacrificare a nessun utile, compito dell’università non sarà rincorrere il mercato ma piuttosto precederlo per orientarlo. Tra mercato e formazione non prevarrà un rapporto servile; obiettivo dell’università sarà non preparare tecnici diligenti ma professionisti dalla capacità critica.
Se crediamo che il sapere vada ricondotto ad unità, l’università sarà il luogo dove si acquista la capacità di godere dei risultati di ogni branca del sapere, sapendo superare le parzialità per elaborare una visione unitaria. Di fronte alla frammentazione dei saperi e alla proliferazione delle discipline, cresce l’esigenza di ricondurre la conoscenza all’interno di un orizzonte comune di senso, nell’era della complessità si fa ancora più vivo il bisogno non solo di analisi ma di sintesi.
Oggi, tanto a chi fa ricerca che a chi lavora, è richiesta la capacità di uscire dai limiti della propria disciplina. Un buon ingegnere non può essere solo un ingegnere, un buon medico non può essere solo un medico. Un professionista deve sapere sempre più di quello che fa e questa è oggi una condizione fondamentale per poter reggere una vita lavorativa che sarà sempre meno un posto e sempre più un percorso.
Infine se crediamo poi che l’università debba essere un ruolo di relazioni umane sarà necessaria una razionalizzazione del rapporto tra il numero degli studenti e quello dei docenti; pensando inoltre a forme di tutorato per frequentanti a tempo limitato e monitorando periodicamente il carico di lavoro reale e la sua corrispondenza ai crediti formativi dichiarati nei vari moduli didattici.
Ho consultato i registri dell’università di Newman conservati presso gli archivi dello University College Dublin. Il giorno dell’inaugurazione, il 3 novembre 1854, c’erano 6 professori, 9 lettori e 17 alunni, che sarebbero diventati una quarantina durante l’anno accademico. Questa è un’università a misura d’uomo!
Per poi creare veramente una comunità universitaria, va promosso e sostenuto l’associazionismo studentesco ; in un’università sempre più individualistica, con percorsi sempre più autonomi, il suo ruolo può essere quello di costruire quella rete di relazioni umane e di approfondimenti extracurriculari tale da rendere l’esperienza dello studio un’occasione di crescita globale.
Newman non è un uomo per tutte le occasioni, anzi, non era attuale nel suo tempo, quando non fu molto ascoltato ed il suo progetto di università non ebbe successo, e probabilmente non lo è neppure oggi ma è proprio per questo che continueremo ad interrogarlo, per ascoltare una voce mai abbastanza attuale.
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