Di Rita Reichardt – traduzione di Gianmaria Spagnoletti
Sir Alec Guinness è considerato uno dei migliori attori del ventesimo secolo, noto per la sua abilità nel portare in scena una vasta gamma di caratteri. La sua interpretazione di Amleto sul palcoscenico [dell’Old Vic] di Londra fu acclamatissima e conobbe un successo internazionale nei suoi film. Chi può dimenticare la sua magistrale interpretazione di Fagan in Oliver Twist, o il suo humour sardonico nelle commedie Sangue Blu (Kind Hearts and Coronets, in cui rivestiva otto ruoli) Lo scandalo del vestito bianco (The Man in the White Suit) L’incredibile avventura di Mr. Holland (The Lavender Hill Mob) e Il paradiso del capitano Holland (The Captain’s Paradise)?
Nel 1957, Guinness vinse un Academy Award come migliore attore per la sua interpretazione ne Il ponte sul fiume Kwai (The Bridge over the River Kwai). Film successivi includono Guerre stellari (Star Wars), La piccola Dorrit (Little Dorrit), la serie TV La Talpa (Tinker, Tailor, Soldier, Spy) e Tutti gli uomini di Smiley (Smiley’s People). Nel 1959 fu fatto cavaliere dalla regina Elisabetta. Tuttavia, nella sua biografia Blessings in Disguise [Non tutto il male vien per nuocere] Guinness diede quasi più risalto alla sua conversione al cattolicesimo che al successo della sua carriera di attore.
La sua fu una conversione insolita.
Alec Guinness nacque a Londra nel 1914 da Agnes Cuffe, una ragazza madre che si prendeva cura di lui in maniera disordinata. Si rifiutò sempre di rivelare l’identità del padre, e Alec non scoprì mai perché il suo certificato di nascita riportasse il nome Guinness. Fino all’età di sei anni il bambino venne lasciato solo per ore e ore ogni giorno. Sua madre contrasse un breve matrimonio con un uomo brutale, odiato e temuto dal giovane Alec. L’unica tregua che il ragazzo potesse avere dalla miseria dell’indigenza e della trascuratezza arrivava quando veniva mandato a scuola. Da adolescente scoprì la magia del teatro.
All’età di sedici anni Guinness ricevette la Cresima anglicana, ma si dichiarò segretamente un ateo. "Certi avvenimenti o certe parole del Nuovo Testamento”, scrisse, "mi tiravano indietro, ogni tanto, verso qualcosa di molto vicino alla fede, e mantenni un interesse costante in materia di religione, benché fossi ignorante di qualunque teologia, ma per lo più cedevo al cinismo adolescenziale”.
Questo “interesse costante in materia di religione” portò il giovane Guinness a frequentare i riti presibiteriani per un certo periodo, ma l’attrazione fu di breve durata. Scrisse nella sua autobiografia che non gli era mai passato per la mente di varcare la soglia di una chiesa cattolica. Disse che la sua “tolleranza per i cattolici, a meno che non li si conoscesse di persona, era limitata a uno sguardo simpatetico, anche se condiscendente”.
Guinness lasciò la scuola a diciott’anni e lavorò come copywriter per un’agenzia pubblicitaria. Non pensava più molto alla religione, credendo che fosse solo “un mucchio d’immondizie, un maledetto complotto del Potere per tenere i lavoratori al loro posto”. Ebbe una infatuazione per il comunismo distribuendo libri marxisti/leninisti. Visitò incontri dei quaccheri, studio il buddismo e si interessò ai tarocchi.
La carriera di Guinness come copywriter fu un fallimento, così si rivolse al palcoscenico, realizzando un’attrazione che aveva avuto sin da bambino. Il successo non tardò ad arrivare.
Recitava nell’Amleto all’Old Vic quando un prete anglicano andò a trovarlo in camerino. Il prete lamentò che in scena Guinness si benediceva nella maniera sbagliata. Questo incontro si rivelò un passo verso il cristianesimo.
In una terribile notte della seconda Guerra mondiale, mentre Londra veniva bombardata dalla Luftwaffe, Guinness cercò riparo nella canonica del Rev. Cyril Tomkinson. Era preoccupato per sua moglie e suo figlio, che erano in un cottage in affitto a Stratford-upon-Avon. Davanti a un bicchiere di vino di Bordeaux, il chierico anglicano diede a Guinness una copia dell’Introduzione alla vita devota di S. Francesco di Sales e gli consigliò di genuflettersi sempre davanti all’altare. Guinness non aveva idea di cosa si intendesse per “Presenza Reale” ma, con le bombe che esplodevano tutt’intorno, il momento non sembrava appropriato per una discussione.
Guinness tornò alla fede anglicana e spesso andava in bicicletta nell’oscurità delle mattine invernali per ricevere la comunione in una chiesa di campagna. La sua amicizia con Tomkinson aveva ridotto il suo anticlericalismo ma non il suo anticattolicesimo. Ci voleva Padre Brown perché quel processo avesse inizio.
Padre Brown è il monotono ma simpatico prete cattolico inventato da G. K. Chesterton. Una delle interpretazioni più memorabili di Guinness fu quella di questo prete umile e abile a risolvere delitti.
Il film veniva girato in uno sperduto villaggio francese. Una sera Guinness, ancora in costume di scena, stava tornando al suo alloggio. Un bambino, scambiandolo per un vero sacerdote, lo prese per mano e fiduciosamente accompagnò quel “prete”.
Quel fatto colpì Guinness. "Continuando a camminare", disse, "Riflettei che una Chiesa che poteva ispirare una tale fiducia in un bambino rendendo i preti, anche sconosciuti, così facilmente avvicinabili, non poteva essere così “malvagia” o “inquietante” come spesso mi immaginavo. Cominciai a liberarmi dei miei vecchi, inveterati pregiudizi”.
Poco più tardi il figlio undicenne di Guinness, Matthew, si ammalò di poliomielite e fu paralizzato dalla vita in giù. Il futuro del ragazzo era incerto e, alla fine di ogni giorno di lavoro sul set, Guinness cominciò a frequentare una piccola chiesa cattolica posta sulla via di casa. Decise di fare un patto con Dio: se Dio avesse fatto guarire Matthew, Guinness non avrebbe ostacolato il figlio se avesse desiderato diventare cattolico.
Fortunatamente Matthew si riprese completamente, e Guinness e sua moglie lo iscrissero a un’accademia gesuita. A quindici anni Matthew annunciò che desiderava diventare cattolico. Guinness rispettò il suo patto con Dio: accettò la conversione di buon grado.
Ma Dio voleva molto di più. Guinness si mise a studiare il cattolicesimo. Ebbe lunghi colloqui con un prete cattolico. Fece un ritiro in un’abbazia trappista. Andò addirittura a Messa con Grace Kelly mentre lavorava a un film a Los Angeles. Le dottrine dell’indulgenza e dell’infallibilità papale lo rallentarono un po’, ma la sua descrizione di come finalmente entrò nella Chiesa è eloquente: "non c’era stato nessuno sconvolgimento emotivo, nessuna grande intuizione, certamente nessuna vera comprensione di materie teologiche; solo un senso di storia e di congruenza delle cose."
Guinness fu accolto nella Chiesa cattolica dal vescovo di Portsmouth, e mentre era in Sri Lanka per girare Il ponte sul fiume Kwai sua moglie lo sorprese convertendosi anch’ella. Come nel caso di altri neoconvertiti, sentì periodi di pace profonda intervallati da piacere fisico. Narrò di aver corso una volta come un matto per visitare il Santissimo Sacramento in una chiesetta anonima. Riflettendo su quell’episodio scrisse: “Se la religione aveva un significato, questo era che l’uomo intero pregava, mente e corpo insieme . . . Ne ebbi una conferma quando scoprii che il buon, intelligente, e perfettamente sano Ronald Knox si era trovato a correre, in più di un’occasione, per visitare il Santissimo”.
Sir Alec Guinness morì nel 2000 a ottantaquattro anni, grato al Padre Brown di Chesterton, che lo aveva condotto per mano nella Chiesa, e alla guarigione di un bambino, che suggellò un patto con Dio.
Rita Reichardt è madre di cinque figli. Ha insegnato nelle scuole superiori,è stata catechista parrocchiale e attualmente conduce un programma su grandi libri cattolici. Scrive da La Grange, Illinois.
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