Strane cose accadono nel Vecchio Continente ai tempi delle chiese chiuse dal coronavirus
L’Irlanda ‒ dico l’Irlanda “cattolica” ‒ sarà l’ultimo Paese in Europa a riaprire le chiese alle Messe. Accadrà il 20 luglio, una data che si stenta a scorgere persino con il binocolo. Effetto di un governo sempre più lontano da quella cultura cattolica che ha per secoli connotato, e orgogliosamente, l’Isola Verde. Basta seguire David Quinn, direttore dell’Iona Institute di Dublino, nonché opinionista dei settimanali The Sunday Times e The Irish Catholic, per esserne edotti e restarne informati.
La Francia ‒ dico la Francia della legge sulla laicità del 1905 che sancì la separazione totale fra Chiesa e Stato, rimpiazzando il Concordato del 1801 ritenuto evidentemente troppo permissivo pur essendo stato imposto con le baionette da Napoleone Bonaparte (1769-1821), e della legge 2004 che vieta l’uso di simboli religiosi a scuola (croci, kippah, velo islamico e quant’altro), ha invece definito «[…] l’interdizione generale e assoluta» dei luoghi religiosi come «[…] sproporzionata rispetto all’obiettivo della preservazione della salute pubblica» e, visto il «[…] carattere essenziale di questa componente della libertà di culto», «[…] un attentato grave e manifestamente illegale verso quest’ultima». Lo ha fatto il 18 maggio il Consiglio di Stato intimando al primo ministro di modificare entro otto giorni il decreto liberticida dell’11 maggio.
Tempi interessanti
Quando, nel 1978, lo scrittore e pensatore russo Aleksandr I. Solženicyn (1918-2008) definì il nostro «un mondo in frantumi» non immaginava forse a quale punto di inversione dei poli saremmo giunti. Mentre nella cattolica Irlanda il governo tiranneggia una Chiesa che evidentemente si lascia tiranneggiare, la Francia laicista afferma una verità di principio sacrosanta. Per tutti. Continua infatti a sbagliare di grosso (obiettivo e retorica) chi pensa che la libertà religiosa, e quella sua reificazione concreta che è la libertà di culto nelle sue varie dimensioni ed espressioni, sia una questione da credenti e da beghine, da preti e da perpetue. Ne beneficiano pure loro, ovvio, ma in quanto persone umane.
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