di Spartaco Pupo
Durante le proteste inscenate dal movimento Black Lives Matter lo scorso 7 giugno a Edimburgo, i manifestanti hanno pensato bene di “decorare” la statua di David Hume, posta in posizione prominente nella Royal Mile, nel cuore del centro storico della capitale scozzese, con un cartello recante un pensiero del grande filosofo: “Sono incline a ritenere che i neri siano naturalmente inferiori ai bianchi” (vedi foto).
Si tratta di una estrapolazione decontestualizzata da una nota a piè di pagina contenuta nel saggio I caratteri nazionali, pubblicato da Hume nel 1748, che qui riporto per intero: “Sono incline a ritenere che i neri, e in genere tutte le altre specie umane (ce ne sono altre quattro o cinque), siano naturalmente inferiori ai bianchi. Non c’è mai stata una nazione civile che non fosse di colore bianco, né alcun individuo eminente nell’azione come nella speculazione. Tra i neri non esistono ingegnose manifatture, né arti né scienze. D’altra parte, i popoli più rozzi e barbari tra i bianchi, come gli antichi Germani o gli attuali Tartari, hanno pur sempre qualcosa in cui eccellono: valore, forma di governo, ecc.; una differenza così costante e uniforme non avrebbe potuto esserci in così tanti paesi ed età se la natura non avesse fatto una distinzione originaria fra queste due razze. Per non parlare delle nostre colonie: ci sono schiavi neri in tutta Europa nei quali nessuno è mai stato ancora in grado di scoprire qualche traccia di ingegno, mentre dalle nostre parti la bassa plebe priva di educazione emerge e si distingue in molte professioni. In Giamaica, a dire il vero, si parla del nero come di un uomo di parte e di apprendimento; ma è probabile che sia ammirato per alcune doti sottili, come un pappagallo, che pronuncia in modo chiaro poche parole”.
Il contenuto di questa nota, contrariamente a quanto è accaduto a vari brani di altre opere, da Hume spesso rivisti o rielaborati, è stato riportato integralmente in tutte le edizioni successive della raccolta dei suoi saggi morali, politici e letterari, fino all’ultima, risalente al 1777 e contenente le revisioni finali dell’autore. Ciò testimonia che Hume non cambiò mai punto di vista. Il che ha indotto l’americano Richard Popkin a parlare per primo di “razzismo scioccante” di Hume. Correva l’anno 1973 quando Popkin, le cui ricerche sullo scetticismo occidentale ebbero grande risonanza in tutta Europa, si espresse in quel modo nei riguardi della presunta superiorità riconosciuta ai bianchi da Hume. Da allora, il saggio humiano è fatto a più riprese oggetto di maldicenze, pettegolezzi e censure.
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