venerdì, aprile 11, 2025

Amore e fede

Un mezzo sicuro per non essere travolti dal fango delle strade, che è, purtroppo, nella natura umana, è guardare insistentemente l’azzurro e le stelle.

* *

C’è un canto, il primo canto del primo uomo, che suona come suprema lode alla prima donna, per tutte le donne, ed è d’una altezza lirica sublime, perché getta le basi dell’umana convivenza.

Quando il supremo Fattore trasse dal profondo sopore di Adamo il bellissimo corpo della sua compagna, l’uomo, stupefatto, esclamò: «Questa è la virago, osso delle mie ossa e carne della mia carne. Perciò l’uomo lascerà suo padre e sua madre, e aderirà alla sua moglie, e saranno due in una sola carne.»

Per quanto anche dell’unione l’uomo abbia fatto mezzo di concupiscenza e oggetto di sterile piacere, non c’è poema che possa eguagliare l’incontro e la mescolanza di due anime e di due corpi.

È sempre poesia altissima — e lo sarà finché l’odio non distrugga l’umanità a colpi di bomba atomica — incontrarsi sotto la bianca luna, in due esseri che si cercano perché si amano.

È l’esaltazione dell’atto che chiama la creatura a partecipare della creazione; è il complemento necessario alla divina sinfonia che sale dalle cose create; è il suggello alla fatica dell’Operaio, tanto innamorato del proprio capolavoro da alitargli sul volto il suo stesso respiro.

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Diffida della filosofia tributaria in genere, cioè di quella che tende a sganciarsi dalla filosofia madre. Studia, specula quanto vuoi, ma a un dato momento nulla potrai risolvere e placare in te senza un atto di fede.

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A chi osserva che parlare del Creatore, in fondo, è trattare sempre uno stesso tema, rispondiamo che è vero, ma che si tratta di un tema inesauribile. Parlarne dunque,  e ascoltare per amore, significa “acquistare” sempre, perché l’uomo, creatura imperfetta, prende dalla creatura amata.

Solo Iddio, che è perfezione, arricchisce l’oggetto del suo amore.

 

Benigno Assunti

 

30 marzo 1947

giovedì, aprile 10, 2025

Pilato e Don Abbondio

I due personaggi stanno bene insieme perché, in fondo, «se ne lavano le mani». Ma Don Abbondio, qualche rischio lo affronta: l’ira di Renzo, che doveva attendersi scoppiasse un brutto giorno, quando il giovanotto si fosse accorto d’essere stato gabbato. L’altro invece — Pilato — ha qualcosa di ripugnante, che ben giustifica il perpetuarsi del suo gesto nel tempo, volgarizzato a eterna sua dannazione.

Il cattivo prete, dinanzi a Federico che lo tempesta di colpi — come soltanto i santi sanno fare — si scorda di essere al cospetto di un principe della Chiesa ed esplode in quelle parole che rivelano tutta la sua pavida natura: «Gli è perché le ho viste io quelle facce!»

Il dramma di quell’anima è tutto qui. Don Abbondio, badate, è un povero curato campagnolo che ama, magari, il buon bicchiere, il letto caldo e il caminetto rovente: faccia piena, passo cauto, animo mite. Lontano, lontanissimo dalla santità — d’accordo, tanto che non riesce a comprendere Federico — ma, alla fin fine, senza quella disavventura, sarebbe riuscito un prete mediocre (accidenti ai signori e ai loro capricci!). Tanto è umano lo sfogo di Don Abbondio, che Federico è quasi costretto a far macchina indietro e a domandarsi: «Già, cosa avrei fatto io al suo posto?»

Porsi, all’incirca, questo interrogativo è — se non giustificare — compatire l’altro. Pilato sa di aver a che fare col Figlio di Dio, e lo baratta con Barabba. Scade di fronte a sé stesso e al popolo, nell’investitura ricevuta da Cesare e da Dio. Per paura di Cesare, condanna a morte il suo Dio. Tanto è sicuro della divinità del Cristo, che sul patibolo scrive: «Gesù di Nazaret, Re dei Giudei», e resiste ai gran sacerdoti che protestano: «Devi scrivere: Costui ha detto: “sono re dei Giudei”»

Solo allora Pilato ritorna autoritario e risponde: «Quanto ho scritto, ho scritto», quasi a farsi perdonare il sangue versato, il consentito delitto, l’abominevole assassinio che l’inchioderà per sempre alla gogna, insieme ai tanti — ai troppi — seguaci, con un martello ben più pesante di quello della Croce.

Auro d’Alba

16 marzo 1947

mercoledì, aprile 09, 2025

Colonne

Una mano ha fermato a mezzo volo la Vittoria, che registra sullo scudo le gesta compiute contro i Daci; l’altra è mozza: presente il crollo definitivo. Pensi al gesto disperato di Sansone, giudice d’Israele, che volle seppellirsi coi nemici, tradito dalla sua concubina filistea.

Sorta la prima in un’epoca di fede e di martirio, già splende nel sole eterno della Croce;
l’altra è spezzata dalla cieca furia del tempo, che tutto macera, abbatte, distrugge.

L’una già respira nella Vita; l’altra è sconquassata dalla mano fredda della Morte.

Due civiltà? Forse due modi di vita: con Dio o contro Dio.

«Tutto si fece per mezzo di Lui e senza di Lui nulla fu fatto. In Lui era la vita e la vita era la luce degli uomini. E la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non la ricevettero.»

Cominciò da allora il lavorìo lento e inesorabile del tempo: da quando, cioè, Iddio disse ad Adamo: «La terra è maledetta per causa tua. Col sudore della tua fronte mangerai il pane
finché non ritornerai polvere.»

Gli uomini eressero templi agli dèi falsi e bugiardi, e il tempo li azzannò, e l’odio li corrose dalle fondamenta.

Le colonne si ammucchiarono fino alle più alte vette, poi sprofondarono nell’abisso.

«Ma stava per venire nel mondo la luce vera, ad illuminare tutti gli uomini. Egli era nel mondo, e il mondo per Lui fu fatto, e il mondo non Lo riconobbe. Venne nella sua casa, e i suoi non Lo accolsero. Ma a quanti Lo ricevettero diede il potere di diventare figliuoli di Dio.»

Dal Limbo al Paradiso.

Cristiano, questa è la tua Genesi. Il tuo Avo è Gesù. Tu non sei nato da sangue, né da volere di carne, né da volere d’uomo, ma solo da Dio. Da quando il Verbo si fece carne ed abitò fra noi, tu sei colonna della Sua Chiesa.

 

Auro d’Alba

9 marzo 1947

martedì, aprile 08, 2025

Il regno

«Nessuno, che dopo aver messo mano all’aratro volga indietro lo sguardo, è buono per il Regno di Dio.»

Talvolta noi crediamo crudeli, o, almeno, egoisti, quei chiamati da Dio che non si volgono a salutare neppure chi guarda dalla porta di casa. Ma sono, invece, anime già distanti, definitivamente perdute alla terra, perché guadagnate al Cielo.

* *

Preghiera:
Fa, o Signore, che nelle infime ribellioni, negli insoffocabili impulsi, nei momenti irrefrenabili, io non giunga mai a maledire il fratello, ma il male ch’è in lui. Fa — soprattutto — che nell’odiare quel male, io non dimentichi mai il tuo Discorso: «Beati i mansueti, perché essi erediteranno la terra».

* *

Combatti dunque il male che è in lui, ma amalo il tuo nemico, perché questo tuo ostile fratello è mezzo, è prova, è avvio di perfezione: una pietra del faticato lastrico che mena al Padre.

* *

L’eroismo è umano, la santità è sovrumana. Una volta aspiravo a quello, oggi non ambisco che a questa: e così dovrebbe ogni cristiano.
Ma noi della Verità e della Vita non siamo che larve.

* *

Mano a mano che procedi nel tempo, senti che la vita ti esclude. Ed è bene, perché il distacco totale sarà così meno doloroso.
Conforto ineffabile: quanto più ti respinge la terra, tanto più ti richiama il Cielo.
* *

Chi pecca odia, cioè rinnega l’Amore.
Dio è Amore, e perciò il peccato è contro Cristo.

* *

Lo so, fra i due alberi, quello dell’Eden e quello della Croce, è penoso scegliere quest’ultimo; ma tu devi considerare, fratello, che solo il secondo è albero di Vita.


2 marzo 1947

 

lunedì, aprile 07, 2025

Approdi

    1.  L’odio del malvagio contro il virtuoso è irriducibile. Confusamente egli sente che dall’altra parte è la           verità, e s’accanisce, perché la sola presenza del buono denuncia il male che è in sé.

  1. Io ho paura dell’uomo che nega. Lo considero un essere senza freno e senza controllo, fuori dell’orbita dell’umano consorzio, capace di ogni mala azione. Certo, è al di sotto della bestia che segue semplicemente il proprio istinto, mentre egli mette a servizio dell’istinto l’intelligenza.
  1. La differenza fra l’uomo, piccolo re dell’universo, e il mondo creato sta in ciò: che l’uomo ha coscienza di essere, mentre l’universo non l’ha. L’uomo sa di vivere e di morire, l’universo non lo sa. È questa la prova dell’umano privilegio.
  1. Fuggire il dolore è spesso atto di superbia dell’essere finito, del limite cui il dolore è strettamente legato, perché solo l’Infinito è pienezza di felicità. Affronta perciò il dolore e amalo come mezzo di espiazione che ti condurrà oltre il limite segnato, ossia: dalla terra al cielo.
  1. Combatti. Uccidi giorno per giorno la bestia che è in noi: non sarai da meno delle figure più celebri dell’umanità. Perché se l’eroismo è arduo, la virtù è sovrumana: quello, infatti, può essere espressione di un attimo; questa, è il risultato di un eroismo continuo.
  1. Lo so: quando ti sembra di aver toccato un vertice, ecco che ti ritrovi respinto alle falde del monte. La vita dell’uomo è un alternarsi di voli e di cadute. Quel che importa è rialzarsi e tornare a battere le ali.
    Solo l’uomo perduto più non le avverte, perché è invischiato nel fango.


23 febbraio 1947

domenica, aprile 06, 2025

Una foresta armoniosa: Tu non vedi gli alberi, ma ascolti il vento che passa e desta i richiami dei secoli e dei millenni.

Quanti nidi nascosti, quante misteriose risse sedate, quanti gorgheggi unanimi saliti dal tempo all’infinito, diventati gridi d’angoscia o inni di gloria, colpi d’ali sonore o ruggiti profondi!

Un oceano squassato: Arrivano a lunghe pause le grandi ondate e rapiscono navi — le anime assetate — come gusci di noce. Se non le frantumano, è perché la mano di Colui che ordinò alla tempesta di fermarsi intorno alla barca di Pietro tiene prigioni le acque e, con un gesto, le placa. Somiglia quel gesto a quello dei ministri della Sua Chiesa, che da due millenni Lo evocano sugli altari, segnando in aria una Croce.

L’anima dell’organo singhiozza, esulta, s’accascia, prorompe, si smorza, risale. E il gesto di Gesù si rinnova sulle creature avvinte o ribelli, sulla perfidia e sulla bontà, sui carnefici e sulle vittime, sui farisei e sui fedeli, sui tristi e sui puri.
Purché veniamo a trovarlo, anche solo per un attimo, Gesù — che se ne sta giorno e notte nel suo tabernacolo, in attesa, Egli, l’Atteso, rinnova quel gesto, purché facciamo elemosina a Lui — Elemosiniere divino — di uno sguardo, di un saluto, di una preghiera.

Un cielo percosso dalla bufera: Cupo e denso di tuoni, di gole stretto dallo spasimo, che si spalanchi all’improvviso e mostri il suo vero volto, che fa presentire il Paradiso.

Un coro d’angeli osannanti: Chi intona il Dies irae, chi suona lunghissime trombe per annunciare il Giudizio.D’un tratto il clangore si placa, e voci bianchissime ti trasportano lassù, lassù dove tutto è volo, perdono, estasi, innocenza.

Le lodi sono tante quante le canne degli organi nelle cantorie del mondo; e ogni canna ha la sua gola inconfondibile: dolce, profonda, soave, paurosa, triste, gioiosa, umana e sovrumana, chiusa o distesa, di rampogna o di misericordia.

Una lontanissima eco della voce di Dio.

 

9 febbraio 1947

sabato, aprile 05, 2025

Commento a un preludio

«Andrò all’altare di Dio. Al Dio che allieta la mia giovinezza.»

Tutto è garrulo e quasi festoso fino alla fine, mentre il Cristo rinnova il sacrificio incruento.
M’è avvenuto spesso, e non sembri irriverenza, di ascoltare durante la Messa un passo lontano, cadenzato sul ritmo d’una fanfara celeste; tutta di lunghe trombe d’oro e d’argento, sottilissima, sfavillante al sole.

«Giudicami, o Dio, e decidi la mia contesa; salvami dalla gente non pia, dall’uomo perverso e maligno.»

La contesa è in noi fin dalla nascita: l’Angelo e la bestia li portiamo dentro dai primi passi. La candida infanzia è dominata dall’Angelo, protetta dalle sue ali; ma la bestia prende possesso di noi man mano che perdiamo l’innocenza. La contesa è fra i due. L’Angelo si batte lealmente, a viso aperto, spada al sole. La bestia colpisce con armi subdole, sempre alle spalle.

«Perché tu sei, o Dio, la mia fortezza... Perché mi avanzo triste mentre il nemico mi affligge?»

Non bisogna curarsi della bestia. A furia di non avvertirne la presenza, finirà per stancarsi e abbandonare la preda. Via la tristezza dal cuore, se è mondo. Se Dio è con noi, chi potrà esserci contro e portarci afflizione?

«Donami la tua luce e la tua verità; esse mi dirigano e mi conducano al tuo monte santo, e nei tuoi tabernacoli.»

Il Golgota è qui, sulla tovaglia bianca, sulla tavola per tutti, che ci sfamerà, che ci disseterà. Cristo sta per uscire dal tabernacolo, evocato dal Suo ministro, anche se indegno, cui Egli deve obbedienza per la nostra salvezza. Nessuno è respinto da questa Mensa. Noi fatichiamo ad accogliere un convitato, spesso ci pesa porgere un piatto all’affamato. Egli ci nutre col Suo Corpo, ci disseta col Suo Sangue, da gran Signore.

«Mi accosterò all’altare di Dio, al Dio che allieta la mia giovinezza.»

Il passo si fa più frequente, serrato. Le fanfare squillano. La gioia è nell’aria. La pienezza della gioia è la felicità che viene solo da Lui. Nutriti da quel Cibo, dissetati da quella Bevanda, la nostra giovinezza sarà eterna e vinceremo la Morte; perché una sola è la morte da temere: scadere dalla Sua amicizia, perdere l’anima.La morte della carne è solo apparente, se saremo nella Sua Grazia.

«Ti canterò sulla cetra, o Dio, Dio mio; perché sei triste, anima mia, e perché mi turbi?»

Era, ed è, lo strumento degli Angeli, la cetra: al solo tocco, l’anima rabbrividisce d’estasi. Nessuna tristezza resiste a quel suono. Gli stessi cipressi diventano pioppi. Risorgono i morti, gremiscono le vie del Cielo. Turbarsi ancora significa resistere a Dio.

«Spera in Dio, poiché ancora io lo esalterò, mia salvezza e Dio mio.»

In un crescendo di toni, in una sinfonia di canti, il preludio al Sacrificio sta per concludersi.
Prorompe l’Osanna:

«Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo.»

S’inizia la grande ascesa che condurrà Cristo sul Golgota per la salvezza dell’umanità.
L’Agnello di Dio sta per essere tratto dinanzi al tribunale di Caifa. Un colpo d’ala più alto:

«Andrò all’altare di Dio. Al Dio che allieta la mia giovinezza. La nostra forza è nel nome del Signore, che ha creato il cielo e la terra.»

Ma prima di scalarlo, il Cielo, confessiamo a Dio di aver meritato la fossa.
Il sacerdote ascende l’altare.
Squillano a gloria le trombe d’oro e d’argento. Tutte le fanfare celesti intonano l’inno d’Amore.

 

2 febbraio 1947 

venerdì, aprile 04, 2025

 «Andate, instruite tutte le genti insegnando loro ad osservare tutto quello che io ho comandato a voi». Da queste parole del Divin Maestro, la Chiesa ha tratto e trarrà sempre l’indirizzo infallibile. Né si può giudicarne il magistero e la prassi che ne consegue, se non si considera che il Figliuolo di Dio si fece Uomo e Vittima volontaria per riscattare tutto il genere umano, e i peccatori innanzi tutti.

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Troppi letterati si illudono di "risciacquare la lingua", cioè di divenire originali, tenendo in non cale le fonti della bellezza, ovverosia i classici. Ma non c’è che fare: fra il domenicano Dominici e l’agostiniano Morsili, bisogna rifarsi a Coluccio Salutati, cancelliere colendissimo della Signoria, campione dell’Umanesimo.

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Finiamola con la «tetra necropoli del Medioevo» e col disdegno all’età dell’oscurantismo! Ci dicano i moderni esaltatori della democrazia progressista in quale secolo trovi riscontro la ferocia degli uomini d’oggi, età delle fosse a foibe e dei processi spettacolari del vincitore al vinto.

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«Caddero le stelle dal cielo, ed io, polvere, che mi presumo». Oh, nulla e tutto: di tornar polvere o diventare stella. E l’uno e l’altro dipende esclusivamente da me, da noi.

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Per quanto sia abisso di luce e di bellezza, al Vecchio Testamento noi preferiamo il Nuovo, perché già porta il segno e il presentimento del martirio, perché è intriso di bontà sovrumana, la bontà, il respiro di Gesù Redentore che così parla ai fratelli: «È stato detto agli antichi: Amerai il prossimo tuo e odierai il tuo nemico. Io invece vi dico: Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, e pregate per coloro che vi perseguitano e calunniano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli, il quale fa levare il suo sole sopra i buoni e sopra i cattivi, e manda la sua pioggia sui giusti e sugli ingiusti».

Come risplende, nell’apparente contrasto, l’opera della Provvidenza nella graduale riabilitazione del genere umano!

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«Un figlio di donna schiaccerà il capo al serpente infernale», annunciò Iddio ai progenitori decaduti. Alla sua promessa rispose un avvenimento d’eccezione: «Quando venne la pienezza dei tempi, Dio mandò il Figlio suo, fatto da Donna, per redimerci e farci suoi figli adottivi». Liberatore, restauratore, riparatore, redentore, salvatore: Cristo.

 

26 gennaio 1947

giovedì, aprile 03, 2025

È sempre l’amore per la donna, lo so, che può dare il presentimento della felicità immediata. Ma occorre considerare che, non appena raggiunto, la sete non si spagne, se non sai mantenerlo puro e angelicato come quello dei trovatori, i quali in fondo lo cercavano sempre altrove. Subentrerà all’estasi la tristezza dello spirito e della carne: e sentirai dappertutto un odore amaro che già somiglia a quello dei crisantemi.

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«La Chiesa è l’Avvocata, la Patrona, la Madre del popolo lavoratore. Chi volesse affermare il contrario ed elevare artificiosamente un muro divisorio fra la Chiesa e il mondo del lavoro, verrebbe a negare fatti di evidenza luminosa» — disse il Pontefice. Ma c’è di più: quel tale muro divisorio, ad arte elevato fra Chiesa e lavoro, dividerebbe nientemeno che Cristo, il grande e umile Operaio di Nazaret, dalla sua Pietra.

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La differenza è tutta qui: nella lotta sociale, mentre i sovvertitori t’illudono di raggiungere la giustizia con l’odio, noi crediamo fermamente di conquistarla con l’Amore. Potrà forse la violenza, dall’odio scaturita, pervenire ad una apparente conquista; ma alla prima occasione — e non senza spargimento di sangue — tutto ritorna come prima, o peggio di prima, con l’aggravante della inevitabile dittatura: di un uomo o di una classe. Lo insegnano secoli di storia.

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Non si può, a nostro avviso, considerare la difesa dei diritti del lavoro disgiunta dalla difesa dei diritti dello Spirito, nel quale la personalità umana appare in tutta la sua bellezza.

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Si torna a parlare con insistenza, con imperversante eloquio, della libertà di stampa che, come è noto, deve far comodo o meno al regime, al potere. Ma ogni discussione è oziosa, perché la libertà di stampa è, sopra tutto e anzitutto, questione di onestà: ragion per cui degenererà sempre in licenza — e sotto qualsivoglia regime — se chi la esercita è disonesto.

 

17 gennaio 1947

mercoledì, aprile 02, 2025

Ho ascoltato, a basilica vuota, l’organo oceanico in Santa Croce. Sbattevano i marosi contro le navate del tempio; poi, d’improvviso, si placavano, per tornare subito a invadere le volte attonite. Anche le colonne trasecolavano. Volavano gli occhi tendendo le orecchie, come in attesa della catastrofe o del miracolo. Cateratte si spalancavano tra gli intercolunni. Trombe prolisse annunciavano il Giudizio. Angioli cantavano il «Dies irae».

Nelle pause restava nell’aria il respiro dei golfi dopo la tempesta. Un respiro affannoso, un alito forte di furia contenuta.
E l’estasi dei cieli antelucani, dei gigli appena sbocciati, delle stelle al declino. Bufere e splendori d’anime, sospese fra volo e strapiombo.

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Un amico che ama porsi problemi ardui, senza risolverne uno, ritiene assurdo che Cristo abbia redento solo gli uomini della terra, uno dei tanti pianeti dell’universo. Gli ho ricordato che il Figlio di Dio è venuto proprio quaggiù, e che nel «Pater» invochiamo: «Sia fatta la tua volontà come in Cielo così in terra».

* *

Ma l’argomento principe è uno: gli eventuali abitanti degli altri mondi, per quanto perfidi, non è possibile lo siano al punto da aver bisogno che un Dio muoia in Croce per loro. Questo tristo privilegio è riservato agli uomini.

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Per tutto il male che i poeti fanno alle creature nella ricerca insoddisfatta di cercare Te in loro, perdona, o Signore!

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Preghiera
«Signore, dammi sempre una mèta, ma fa’ ch’io non la raggiunga mai, fuorché l’ultima!»

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Si grida al miracolo se un male, ritenuto inguaribile, è sanato, ma si tace indifferenti allo sbocciare d’un fiore, alla nascita di un frutto. E il sole è come se ci spettasse, la primavera è un diritto, le stelle vorremmo coglierle tutte. Nera ingratitudine delle creature per il Creatore.

 

12 gennaio 1947

martedì, aprile 01, 2025

 Come tutti portiamo nel sangue il seme del peccato originale, così abbiamo il presentimento dei giorni felici «quando gli uomini vivevano senza agitazioni nell’animo, senza miserie nel corpo, con la sicurezza perenne di non poter peccare e di non poter morire, senza la prova della fatica, del dolore e della morte, quale sarà, dopo questa triste esperienza, nella riacquistata immortalità della carne».

Possiamo avvicinarci a quei giorni, offrendo a Cristo agitazioni e miserie, a Lui che il Padre mandò sulla terra per riallacciare il patto, a prezzo di Sangue.

I santi pregustano la felicità che fu, la felicità che tornerà ad essere come una nostalgia guaribile di giustizia, d’integrità, d’immortalità.

Cristo è venuto al mondo come essenza di dolore, e tutta la sua vita, sostanziata di lavoro e di pena, si è conclusa sul Calvario, monte di Passione e di Sangue. Ecco perché il dolore dev’essere considerato sacro: un dono inestimabile che ci affrancherà dal male.

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«Per un uomo il peccato è entrato nel mondo e per il peccato la morte, e così la morte si trasmette in tutti gli uomini perché tutti hanno peccato».
La triste eredità che San Paolo acutamente spiega ai Romani, da lui stesso riceve il crisma della rigenerazione consolatrice: «Giacché, come per la disobbedienza di un solo uomo — Adamo — molti sono stati costituiti peccatori, così per l’obbedienza di un solo — Cristo — molti sono costituiti giusti».

* *

Non è presunzione, a patto che serviamo le leggi eterne, sentirsi partecipi della natura umana e divina di Cristo. Noi parliamo, infatti, secondo la natura fisica quando diciamo con Lui: «Ho sete... l’anima mia è triste» mentre partecipiamo della natura metafisica quando sentiamo in noi l’anelito alla Resurrezione e all’eternità: presentimento che non è negato a creatura umana cui il Creatore infuse l’alito dell’immortalità.

5 gennaio 1947

lunedì, marzo 31, 2025

Fatevi il segno della Croce all’aria aperta, in una immensa pianura o in alto, su una torre, una finestra ultima, un albero trascolato alle prime luci del giorno. Vi sentirete partecipi del risveglio religioso della natura, gusterete il lento risorgere del fiore, del frutto, del filo d’erba, di tutti gli esseri creati — dall’insetto invisibile all’uomo — che cercano avidamente il sole.

Sentirete Iddio come non mai, protesi verso il Cielo dove Egli abita: e la sete divoratrice di vederLo, e lo sgomento che vi sia vietato di contemplarLo vi metterà le ali.
Fatevi il segno di Cristo all’alba, sotto un cielo aperto, azzurra cattedrale d’aria. Sentirete l’anelito a Dio più che nei templi dov’Egli attende il peccatore, prigioniero degli uomini, costretto nella Particola santa, cibo insostituibile della flagellata umanità.

* *

Il pino solitario. S’affaccia timido e triste fra due palazzi che lo celano alla vista, finché non t’appare davanti all’improvviso, nella via senza più sole. Sembra cresciuto in quella crepa, ma dev’essere invece stato libero un tempo, libero e pieno di nidi. Le case gli si sono fatte addosso a mano a mano che cresceva il quartiere. La strada è sempre in ombra, ma anche se ci passasse il sole, adesso non potrebbe sfiorarlo neppure. I suoi stenti rami si sono stancati a aspettarlo. Non verrà più il sole, nemmeno a primavera, nemmeno nella grande estate.

Qualche mattino chiaro la terra è così felice da far credere persino che gli uomini torneranno a volersi bene. E allora un passero sperduto, solitario come lui, si mette a cinguettare fra ramo e ramo. Appare al davanzale della finestra più alta, una figura di donna, angelicata.
Sembra che il pino s’inchini, scosso da un brivido lungo, dalle radici all’ultimo ramo.

29 dicembre 1946

domenica, marzo 30, 2025

Demographic Change in Northern Ireland: Projected Trends and Socioeconomic Implications


According to the latest 2022-based population projections published by the Northern Ireland Statistics and Research Agency (NISRA), the population of Northern Ireland is expected to reach a peak of approximately 1.95 million in 2033, followed by a gradual decline to 1.93 million by mid-2047. However, the most significant aspect of these projections is not the overall population trajectory but rather the profound demographic restructuring that is expected to unfold over the coming decades, particularly the ageing of the population.

By 2030, the number of individuals of pensionable age is projected to surpass the number of children aged 0–15. A more immediate demographic milestone will occur by mid-2027, when the population aged 65 and over will outnumber children for the first time in Northern Ireland’s recorded history. Moreover, the number of people aged 85 and over is expected to more than double by 2047. These trends highlight the growing demographic weight of older adults, with significant implications for policy planning and public service provision.

Unlike projections for younger age groups, estimates of the older population are relatively more robust, as they are less influenced by assumptions regarding future fertility or net migration. In contrast, projections concerning children and overall fertility are inherently more uncertain. NISRA's principal projection assumes a constant total fertility rate (TFR) of 1.65 throughout the projection period. However, evidence suggests a continuing downward trend: the Republic of Ireland, for example, has already recorded a TFR of 1.50. If such trends persist in Northern Ireland, the demographic ageing process may accelerate further.

Under NISRA’s low fertility variant, considered by many demographers to be a plausible scenario, the old-age dependency ratio could increase significantly. In 2022, there were approximately 261 individuals of pensionable age per 1,000 working-age individuals, equivalent to roughly one pensioner for every four people of working age. By 2072, this ratio could rise to 489 per 1,000, or nearly one pensioner for every two workers. This represents a dramatic increase in the dependency burden and poses substantial challenges for fiscal sustainability, labour market dynamics, and the structure of public services.

Scotland’s demographic outlook presents both parallels and contrasts. Over the same 25-year period (2022–2047), Scotland’s population is projected to grow by 6.2%, largely due to inward migration mitigating natural decline. The proportion of pensionable-age individuals in Scotland is projected to rise from 18.9% to 21.5% during this period, while the old-age dependency ratio is expected to increase from 318 to 396 per 1,000 working-age individuals. These figures suggest that, although Scotland also faces ageing pressures, the projected burden on its working-age population will be less severe than in Northern Ireland.

In contrast, Northern Ireland is projected to experience population growth of just 1.1% between 2022 and 2047. When coupled with the projected increase in the elderly population, this limited growth underscores the region’s heightened vulnerability to the socioeconomic impacts of demographic ageing.

The implications of these projections are wide-ranging. An ageing population will likely increase demand for healthcare services, age-related social care, and pension provision, while simultaneously constraining the size of the working-age labour force. Policymakers must therefore consider a range of strategic interventions, including initiatives to support higher fertility rates, immigration policy adjustments to augment the labour supply, and reforms to pension and care systems to ensure long-term sustainability.

In conclusion, the projected demographic changes in Northern Ireland represent a critical policy challenge. A comprehensive, forward-looking response is required to ensure that the region can maintain economic vitality and social cohesion in the context of an increasingly aged population.

 Iddio può perdonare sempre, la giustizia degli uomini no. Dura imperfezione umana che scaturisce dagli eventi di ogni giorno fino a diventare crudele necessità, nel nome augusto della Giustizia.

* *

La fede ha per posta il sacrificio. Chi nell’ora della prova è assalito dal dubbio, non ha creduto che in superficie, non è degno del nostro Credo.

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Se m’accade talvolta, nel clangore della vita, distrarmi dalla terra, la colpa è dell’anima, avventuriera divina.

Roma, sotto le stelle, con un po’ di luna, è fatta apposta per aiutare l’esodo. Che se poi le campane si mettono a chiamare, così evidente è la sensazione del volo, da toccarti le spalle per sentire l’attacco delle ali.

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Non straniarsi dalla vita: ecco il segreto della vera umiltà, anche e soprattutto se constati che taluni privilegiati dalla sorte sono talvolta i più carichi di miseria.

* *

Sulle cime dei pini, fra le nuvole dense, un po’ di celeste. Madonna appare, scompare: «È permesso?» — par che mormori un Angelo —. «Si sono forse dimenticati gli uomini che esistono ancora i cieli azzurri, i miti ulivi, i mari placati, le case infestate, i giardini fioriti?».

* *

Dio: il solo Amore che non si dimentica. Di tutte le creature amate, la polvere del tempo cancella nomi e sembianze.
«E il desiderio di vederti si fa insopportabile. Che sarà di questa anima quando gli occhi Ti avranno veduto?».

 

22 dicembre 1946

 

sabato, marzo 29, 2025

 Verso il tramonto, quando una impalpabile polvere grigia scende lentamente sulla città, ascolto le piante che tremano. Dai giardini sale un coro d’elegia. Il freddo proditorio ha ucciso i fiori in boccio. Con l’estate di San M artino le piante avevano messo su i nuovi germogli, le nuove fogliuzze, i bottoncini sparuti, illusi che le ali d’oltremare già battessero l’aria; ma è bastata una raffica di gelo. Un alito di morte ha fermato sul na­scere la vita.

Adesso l’anima delle piante singhiozza, sommessa.

* *

Comprendono i più cosa significa essere e, sopratutto, restare una fiamma? Ardere e trasmettere fuoco vuol dire rinunciare ai piccoli compro­messi, alle necessarie finzioni, a certi repugnanti, seppure utili rap­porti; significa, insomma, non venire a patti con sè, passare attraverso i gas venefici della vita e mantenere limpidi gli occhi, alta la fronte, la gola schiarita. E’ come entrare nel lutulento fiume e uscir­ne trasparenti: nulla consumare del meglio ch’è in noi, a contatto del peggio, ch’è in tutti noi.

« Vivere ardendo e non sentire il male». Se Gaspara Stampa non fosse stata giovane e bella e ricca, nessuno avrebbe creduto a questa sua altissima norma di vita, scru­polosamente osservata.

Gli atei odiano la solitudine per­chè nulla più del silenzio parla  di Dio.

Dire Roma è come dire Diritto, ossia Giustizia. Roma onde Cristo è romano, significa investire il Pa­dre stesso, che è giustìzia suprema, del più alto diritto di umana cit­tadinanza, così alto che può identificarsi col divino.

Ecco perchè Roma è Città di Dio, perchè impose la giustizia prima che sulla terra transitasse l’Uomo-Dio.

* *

Certi occhi hanno un colore in ­definibile, il colore di chi ha guar­dato a lungo nel mistero, nella di­sperazione, nella speranza, nella bellezza della morte e della vita; occhi colore d’anima.


15 dicembre 1946

venerdì, marzo 28, 2025

Da quella miniera di luce di dottrina di bellezza che è Dio e l’uomo di Pietro Parente, tolgo questo passo :

« Il dinamismo travolgente di questa civiltà superba delle sue conquiste ha fatto dimenticare all’uomo la sua condizione di povera creatura, soffocandogli la coscienza della colpa. Forse è questo il più grande delitto della civiltà moderna, che però in luogo della felicità ci ha regalato la guerra più infernale che registri la storia. È la guerra ha messo a nudo il trucco satanico della civiltà senza Dio, che ha subordinato la coscienza allo stomaco, ha sostituito la religione col feticismo dello Stato, ha calpestato i diritti della persona umana e della famiglia in nome della libertà, ha dissacrato il matrimonio col divorzio e con l’amore libertino autorizzato, ha oppresso il popolo in nome della democrazia con esose dittature, ha dato l’ostracismo al diritto di natura e al diritto delle genti, ha manomesso la morale proclamando lecito il libito, e  della scienza si è servita per distruggere e suicidarsi.

Ora è il vuoto pauroso dentro e fuori dell’uomo, che sente l’amarezza della sua solitudine e del suo smarrimento. Da ogni angolo si levano voci allettatrici...

I superficiali e gli opportunisti si illudono e plaudono, ma le anime pensose e oneste si raccolgono in se stesse, nauseate della gazzarra di oggi, eco della gazzarra di ieri, e sentono il disagio, l’inasprimento della ferita, il bisogno di guarire davvero, di respirare, di ascendere. Queste anime disilluse si orientano istintivamente verso Dio, si risentono creature sue, s’accorgono che il peccato è la radice dei mali individuali e sociali ed è la peggiore servitù, da cui bisogna liberarsi a qualunque costo. Queste anime hanno bisogno di Cristo, anche se non conoscono il suo Evangelo, perchè l’anima è naturalmente cristiana. Soltanto Cristo può rispondere al grido doloroso di queste anime moderne, come a quelle stanche del paganesimo, dischiudendo loro ancora una volta gli orizzonti della verità, della giustizia e della pace. Senza di Lui ogni tentativo di ricostruzione è vano ».

Mi sembra che il dramma attuale dell’umanità vi sia rappresentato in tutta la sua spaventosa realtà. Una di quelle opere che fanno sentire irresistibile l’anelito a Dio, unica e permanente salvezza nostra.

 

8 dicembre 1946

 

giovedì, marzo 27, 2025

Francesco Sapori; uno degli ultimi galantuomini nella vita e nell’arte; intendo galantuomini di quel vecchio stampo, cioè a dire « integrali », che va scomparendo, se già scomparso non è: nella pagina, nel gesto, nella parola: che son poi il riflesso della vita. Sobrietà, politezza, colore in­tenso, ma contenuto: un rispetto as­soluto, devoto della sovranità del l'Arte; un senso vigile della misura senza di che la materia in Arte non si trasforma.

D’Annunzio? Come dedizione al bello forse; ma con in più — e di personale — una signorilità che il pescarese — ed è tutto dire — non si sognava neppure Un amore del « bello » che non è tale se non è an­che « buono » Uno spasimo interiore che l’avverte solo chi lo conosce da tempo. Una smania della ricerca, un anelito alla perfezione che è solo del­ l’artista affinato dal cammino aspro, sempre in salita, col cielo e con l’abis­so a portata di mano. Un risoffrire gaudioso con l’artista che scopre e con la sua creatura.

Questo pensavo assistendo giorni or sono alla prolusione all’anno acca­demico tenuta al «

Beato Angelico ». A un certo momento, socchiudendo gli occhi, la voce calda e pastosa pareva modulasse un canto : si faceva quasi canora.

Volli così ringraziarlo di avermi sottratto, con un richiamo che mai delude, all’amarezza di « scendere e salir per l'altrui scale ». E m i sembrò persino — o m ’inganno? — di ritrovarci lieti, di camminare ancora insieme; ai margini di certa' settaria, non sempre confessabile, letteratura.

Ai margini? E’ la sorte di chi batte la via maestra, di chi tende a fare anche della propria vita un capolavoro, in senso morale, s’intende. Vero, Franco?

L’importante è vivere liberi: e non come oggi va intesa la libertà, ma perchè ricchi di solo spirito.

* *

Ricorda, fratello, che da giovani si può, talvolta si deve morire per una bandiera; ma verso l’approdo si deve saper morire per l’Uomo e con l’Uo­mo della Croce: perchè ha vinto la morte.

In un solo versetto del Genesi è riassunta la grandezza della vita cristiana di fronte al problema del bene e del male:

 « Vide Dio tutte le cose che aveva fatto, ed erano molto buo­ne ».

'* *

Anche il male, nell’ordine meravi­glioso dell’universo, è bene, perché è l’ombra che mette in evidenza la luce. La quale è quel bene che siamo chiamati ad esercitare come arma di combattimento.

 

24 novembre 1946

mercoledì, marzo 26, 2025

Ogni volta che mi viene di fermarmi estatico dinanzi alle cose create, penso alla bellezza del Creatore, che non può essere stato creato, tanto il suo splendore è inconcepibile a mente umana. Ne deriva un senso di smarrimento come quando ci fermiamo a considerare l'infinito.

* *

Diffida di quasi tutte le nostalgie, fuorché di una: la nostalgia del Cielo.

* *

Quando hai ben conosciuto e gustato il Libro, non cercare, 'non perdere tempo con altri libri: in quello troverai la soluzione di tutti i problemi dello spirito e placherai la tua sete.

* *

Dio si è degnato parlarci, e la sua Chiesa, fondata dal Figlio, è custode della sua parola. A noi non resta che credere senza troppo seguire le speculazioni dei filosofi.

Molti si sono perduti per questo.

* *

«E ritorni la polvere nella sua terra, donde proveniva, e lo spirito ritorni a Dio che lo donò ».

Quello che gli eretici ritengono apocrifo, fa risuonare alta e solenne la parola della Verità. Il corpo, infatti, è atto di creazione secondaria e deve tornare alla terra da cui fu tratto. Soltanto l'anima, creata a immagine e somiglianza di Dio, ritorna a Lui che la creò assetata di perfezione.

Distacco provvisorio, che sarà interrotto e colmato per sempre con la resurrezione della carne.

* *

« V’è un Dio: dunque infallibile giustizia; dunque tutto ciò che avviene è ordinato ad ottimo fine : dunque il patire dell'uomo sulla terra è pel bene dell’uomo ».

E’ di Silvio Pellico

 

17 novembre 1946

martedì, marzo 25, 2025

Quando assisti alla Messa, dinanzi al Calvario incruento del più grande Operaio, sii operaio tu stesso col celebrante. Con la preghiera tu puoi sempre lavorare  — e più che mai sull’altare  — nella Vigna fertile dove il Padrone dà la mercede secondo il lavoro, si, ma anche secondo il fervore dell'opera. Nè disperare se nella Vigna sei arrivato fra gli ultimi, se hai lavorato per poco.

Quel che conta è come avrai lavorato.

* *

La tua fede è la più luminosa perchè è la più vera, anzi, è la Verità. Tutte le altre dottrine sono spurie, cioè tributarie. C’è, in fondo, il malessere di chi cerca Dio, ma non lo trova, forse perchè non s’accorge di presumere troppo di se, come si vergognasse di abbandonarsi al « giogo soave ».

* *

Non è soltanto per il taglio delle ali che le bandiere sentono il volo. C’è un clima che si forma in torno a queste fiamme di stoffa, un’aria di fuoco racchiuso in un’urna.

E’, certo, il respiro dei Caduti, l’alito d’una passione che la morte ravviva e perpetua.

Nessuna morte è vana, se la vita fu consumata ardendo.

* *

Se la conoscenza del bene, che, pure, esiste sulla terra, si propalasse con la stessa rapidità del male, il genere umano ne trarrebbe gran giovamento.

* *

Soffrire quaggiù vuol dire risparmiarci il dolore eterno. E’ dogma dell’economia divina e segno infallibile di giustizia.

Guai ai gaudenti in perpetuo.

* *

« Uomini di poca fede, perché avete dubitato? ».

Nell’ora severa che la Patria attraversa, il grido di Cristo rinasce nel cuore dei credenti. E dentro, nel profondo, una voce più alta e più potente d’ogni altra si leva al di sopra dei rigurgiti di tutte le suburre: « Credo! ».

* *

Come le acque dei laghi che non vedono mai il sole sono gli occhi di certe creature: non partecipano della vita. Nei conventi, nelle isole dei pescatori, nelle case solitarie, quegli occhi hanno il colore di chi non vede passare tanta rissosa umanità: che vede più nubi e più stelle che non ascolti passi e parole.»

* *

L’anima dell’artista non appartiene neppure a sè stesso: è parte infinita dell’infinito.

 

10 novembre 1946

lunedì, marzo 24, 2025

Mi piace , nei giorni di festa, con­fondermi al popolo credente, sui banchi delle chiese umili. Don­nette operai impiegatucci bimbi sparuti. Odore di povertà sana, come ne testimonia il convegno di­nanzi l’altare di Dio. Non mi sento a disagio come nelle grandi chìese, alle Messe di mezzogiorno. Il silenzio è cosi alto che le parole del sacerdote trovano la via buona.

« Orate fratres ». Ci guardiamo e ci sentiamo davvero fratelli di lu­ce e di miseria in quest’isola pro­fumata d’anima, mentre fuori infu­ria la vita.

« Ecce Agnus Dei ». Ma come, come può toglierli tutti i peccati del mondo Gesù, se son più fitti dei fili d’erba a primavera?

Guardo le care donnette vestite di nero, che si accostano a Mensa, e mormoro dentro col celebrante: » Domine non sum dignus ». E allora vedo venirmi incontro il centurione che invitò a casa Gesù.

* *

L’uomo integrale, che non può non essere l’uomo cristiano, soffre di una sola nostalgia: il futuro. So­lo nel domani è per lui la perfe­zione. Il presente è sempre perfet­tibile.

* *

In qualunque vicenda, con l’ar­tista bisogna sapere afferrare l’at­timo. Domani è sempre troppo tar­di per chi misura il tempo col me­tro dell’infinito.

* *

Cattolico vuol dire romano. E ringrazia Iddio se ti ha fatto na­scere o patire, fremere o gioire in questa Roma onde Cristo è roma­no. Spesso ti accade di sentirti dentro un grumo di ribellione per qualche ingiustizia da sopportare? Ed è allora che più ti plachi la bellezza di offrire a Lui l’amarezza del sopportato sopruso. E’ giusto che chi crede in Lui  sconti la gioia della Fede.

Bisogna essere felici di soffrire per Lui.

* *

Pian dei Giullari. Leggere una pagina di Bargellini è come rin­frescarsi l’ugola in tempo di solleone con una di quelle bibite de­liziose che ti riconciliano subito con la strada e con la bottega. La lingua schiocca sul palato come se bevessi nettare in cantina, e ti senti invece in terrazza, in una di quelle cordiali terrazze a solatìo che guar­dano... toh, su Pian dei Giullari, donde il buon Piero, cercatore di scarso mangime pei suoi passerotti, sostava per riposarsi e scorgeva di lontano, fra ì vapori settembrini, le guglie della Certosa.

Uno di quegli autori —  giullari essi stessi degli uomini e di Dio   che, pur sforzandosi di restar ter­ra terra per farsi capire da tutti, ti trasportano in cielo: gente nata per gli alti voli, seppure innamora­ta, forse anche troppo, del suo cam­panile. Ma tutto si perdona quando il campanile si chiama Firenze.

Questa « Piccola storia della let­teratura italiana» — come voleva onestamente intitolarla Bargelli­ni  — sarà gustata in particolar mo­do dai maggiorenni, per non dire dai « grandi » aggettivo quanto mai logoro e un tantino equivoco.

3 novembre 1946

domenica, marzo 23, 2025

Petòfi. Quante volte mi è accaduto d’invidiarne il singolare destino! Balzare in sella e caricare alla testa d’un manipolo di valorosi, come vidi fare a un capitano senza nome, sul ponte di Pinzano, in un’ora triste della Patria. (Non ho più dimenticato il lampo di quegli occhi fra elmetto e sottogola, mentre scrosciava la pioggia e tempestavano le artiglierie).

Caricare, andare avanti, avanti, non tornare più indietro e sparire incontro a Dio. Quale poeta non ha mai invidiato questa ineguagliabile sorte? Non lasciar traccia del passaggio mortale sulla terra se non attraverso un ricordo di Poesia.

* *

Mi ferma talvolta a mezzo di una via o mi sorprende nel raccolto silenzio del mio studio un profumo denso di gigli. Poi m’accorgo che è il respiro dell’anima.

* *

Partenone: « Gli squilli si tramutano in colonne ». Un verso che mi salì dal profondo dinanzi ai marmi rosati, quasi trasparenti dell’Acropoli, mentre suonavano le trombe d’una fanfara sulla strada che vide le danze delle fanciulle greche.

Ricordo di un volo più alto.

* *

Sembra che gli occhi di certe creature abbiano guardato in altri pianeti; nostalgici come la luna, trepidi come le stelle verso l’alba.

* *

Gli imperi passano, si esauriscono, conchiudono un ciclo storico: quello di Roma, onde Cristo è romano, è eterno perchè voluto da Dio. Non è impero di territori, ma di anime; di leggi, non di arbitri; di fecondità, non di piacere.

L’impero spirituale di Roma è impero di volontà, non di pietre; di conquista, non di rapina; del lavoro, non dell’oro. E’ impero di Vita contro imperi di morte.

 

28 ottobre 1946

sabato, marzo 22, 2025

Come la terra dà fiori e frutti, attraverso il fermento delle stagio­ni, così l’uomo, frutto primordiale della terra, ha il dovere assoluto di riprodursi.

Guai ad opporsi a questa legge vitale: prima o poi il Creatore punisce chi osa tradire l’opera sua.

* *

C’è chi gode a fare del bene, c’è chi vive per fare il male. Incontri di tutti i giorni; ma la natura, an­che qui, si vendica. Li riconosci subito dagli occhi chiari o torbidi, dai lineamenti sereni o contratti, dal volto luminoso o scuro. Chi gode nel fare il male porta il marchio nell’anima: il più delle volte si tratta di aborti: fisici o morali.

* *

Aveva ragione quella creatura:« L’uomo, prima o poi, tradisce; il pino non tradisce ». E s’abbracciava all’albero di Roma, che sembra nato per respirare soltanto sotto il suo cielo, tutto a volte ampie e solenni come la voce delle cattedrali.

* *

Il vento e il poeta:

-          Si può mai possedere una stella? E tu hai scelto la più lontana...

-          Esistono forse stelle vicine?

-          Esistono.

-          Ma al poeta non interessano. Soltanto il pensiero che un volo alto potrebbe accostarla al suo re­spiro...

-          Si può mai amare quel che s’intravede appena, o s’indovina?

-          Non  ami forse di più nella tua corsa il polline che rapisci al fiore?

-          E’ vero.

-          Ed egli, il poeta, non può ama­re che un volto bello intravisto allo sportello di un treno in corsa o d’un velivolo che s’alza: un treno e un’ala che sì fermeranno lontano. La realtà del poeta è il ricordo.

* *

-        C’è un’ignoranza della quale ho imparato ad aver paura più di qualsiasi altra: l’ignoranza dello Spinto: perchè è incurabile.

13 ottobre 1946

venerdì, marzo 21, 2025

Signore,  fa  ch’io  possa  privarmi di  tutto, fuorché della preghiera!

* *

L’amore di Patria, come lo intendeva  Gesù,  non  è altro  che amore ai fratelli.

* *

Frusta  il  mio  amor  proprio.  Si­gnore! E’  il  solo mezzo perchè  l’uo­mo diventi sempre più umile, come te piace.

* *

Uno  sgomento  ineffabile,  uno smarrimento  soave  mi  tiene  quan­do  penso  che  in  me  coabita  Cristo Gesù.

* *

Il  giudizio  che  gli  uomini  danno del  proprio  simile  è  quasi  sempre legato  a un fatto personale.  Aspet­ta  perciò  di  giudicare il prossimo direttamente,  collocandoti  al  disopra delle umane miserie.

 Nessuna filosofìa è mai riuscita  a convincermi  quanto  la  voce  della coscienza. Non  c’è filosofia che ten­ga di fronte a quella che è la voce di Dio.

Non cercare più, non cercare più. Tu,  come  Agostino, hai interrogato le  cose create  ed  esse  ti  hanno  ri­sposto: Noi non  siamo  il  tuo  Dio; Egli ci  ha fatte ».

Non cercare più, riposati. Hai tro­vato  il tuo Dio.

* *

« Ogni  iniquità,  o  piccola  o gran­de  che  sia,  dev’essere  punita  o  col  pentimento  o  da  Dio  col  castigo ». Il   tuo  pentimento  è  la  punizione tua:  punisci  così  i  tuoi  peccati,  se vuoi  ottenere  da  Dio  misericordia. Non  c’è  via  di  mezzo:  o  punisci  tu o punisce  Dio ».

E’  del  figlio  di  Monica.


8 ottobre 1946


giovedì, marzo 20, 2025

 

Non amare il poeta, sorella, e neppure il color di cielo dei suoi occhi, ma la Poesia ch’è in lui, dono ineffabile di Dio: questa è eterna, tutto il resto è perituro.

* *

Confondersi agli uomini e sentire disomigliare a nessuno. Tristezza im m ensa, senso infinito di solitudine.

* *

Guai all’artista, al poeta il giorno che più non arde. Segno che ha consumato tutto il fuoco interiore. E’ morta in lui la Poesia. Ogni giorno, ogni ora, uomini e paesaggio assumono un aspetto nuovo. Con l’obiettivo noi ci illudiamo di fermare quell’attimo che più ci è piaciuto e non facciamo che accrescere la testimonianza della caducità delle cose terrene. Domani ci accorgeremo di avere amato il volto di « quel » giorno, il paesaggio di « quel » momento e scenderà sull’anima il velo della sera. Il volto non avrà mai più « quella » luce, il paesaggio avrà perduto per sempre l’aspetto che determinò « quello » stato d’animo. Solo Dio non sarà mai illusione.

* *

Giaufredo Rudel non è morto: finché sulla terra spirerà un alito di fiore e l’ombra di Melisenda ascolterà il suo poeta: « Che è il sogno, che è la morte? Vane parole. Sol nell’amore è il vero». Ma il vero amore è quello non del tutto goduto: saziarlo è distruggerlo. E’ come pretendere d’imprigionare, di possedere l’infinito, rendere transitorio l’eterno. Fu per questo che la contessa di Tripoli strinse Rudel al cuore soltanto sul letto di morte.

* *

Dinanzi alla tomba di San Francesco in Assisi. Penso al mio posto definitivo nel camposanto dell’Urbe, in un riquadro gremito di morti ignoti. Tutta una vita di battaglie e di dolori per finire tra folle anonime.

29 settembre 1946

 

mercoledì, marzo 19, 2025

Non meravigliarti se il mondo tiodia senza ragione. Una ragione c’è: sente il mondo di vivere nelle tenebre, sente che tu hai avuto un dono immenso: la luce della fede, senza di che la vita è un deserto.

* *

Davanti alla piccola nicchia alta sulla strada dove infuria la vita, la povera donna prega, congiunte le mani. E’ mal vestita, sciupata dal lungo cammino, ma il gesto soave, lo sguardo supplice fanno pensare a un angelo senz’ali. Passano acanto a lei i superbi i sapienti: uno ho visto alzare appenalo sguardo e ritrarlo con una smorfia di compatimento. Dio di misericordia, che neghi la fede a chi presume troppo dell’intelletto che gli hai dato! Costui s’è scordato di Socrate il quale dopo aver interrogato i libri per tutta la vita era finalmente arrivato a comprendere quanto fosse ignorante.

* *

C è un egoismo che bisogna considerare santo, anche se ci possiede verso la fine dell’esilio. Tutta lavita siamo stati gelosi per tante piccole cose; verso il declino diventiamo gelosi dei presentiti beni eterni, preparandoci scrupolosamente al gran passo. Non vogliamo perdere nessuno dei privilegi nel Regno che il Padre ci ha preparato. Egoismo benedetto.

* *

Ho notato che la politica più temeraria è spesso praticata da gente che porta rancore alla vita, gente che non è nata per il volo, mala starnazzata.

* *

Assisi.

Un respiro, un anelito saliva dalle anime distonti, convenute sulla roccia accessibile. Tu, morto nella luce dell’alba eterna, luce che nel cuore dei secoli risplende più viva, tu vivo fra noi pacifici moribondi...

 

22 settembre 1946

martedì, marzo 18, 2025

C'è un solo mezzo per mortificare la pervicace superbia di certi« arrivati »: ignorarli, se diventano potenti, porger loro una mano se decadono. Strano, infatti, che i più siano così poco intelligenti da non saper distinguere, perchè accecati dall’orgoglio, se e quando valga la pena di metter su arie e quando, invece, è semplicemente cretino. Non capiscono, insomma, raggiunti i vertici delle gerarchie esteriori, che l’umanità per camminare ha bisogno della luce delle gerarchie interiori.

* *

Vivere in pace per il cristianonon ha niente a che vedere conl’adattamento e la rassegnazione: significa avere semplicemente la coscienza a posto.

* *

La volubilità non è una gioia, è un dolore: non è un dono, è un castigo. Dover rinunciare a ciò che si vorrebbe amare per tutta la vita è tormento indicibile: dà più profondo il senso della morte.

* *

C’è dunque una scala di vaiori esteriore ed una scala di valori interiore. Quando s’ identificano nella stessa persona l’umanità ne trae grande vantaggio: se no, si verifica fra le due una sorda ostilità perchè la prima, che è transitoria. non riconosce, o finne d’ignorare e disprezza, la seconda, che è duratura.

* *

Gli atei odiano la solitudine perchè nulla più del silenzio parla di Dio.

* *

Che ne sanno, che ne sa il mondo della vita dei poeti? Passano riempiendosi gli occhi e l’anima di azzurro, riempiono d’azzurro il mondo e scompaiono. Come avviene per la morte dei santi, ecco che il mondo è meno bello: forse è più bello il Paradiso.

* *

In un campo fecondato i contadini al lavoro sembrano inginocchiati per la preghiera.


15 settembre 1946

lunedì, marzo 17, 2025

« Cristo dorme dentro di te se ti dimentichi dei patimenti di Cristo; Cristo veglia dentro di te se ti ricordi dei patimenti di Cristo ». Signore, fa ch’io abbia sempre presente la tua Croce!

* *

Non affannarti troppo a leggere, a interpretare i discorsi degli uomini. Passano gli uomini, passano le loro parole come fossero scritte sull’acqua; ma un solo discorso non passerà mai: quello della Montagna. Cercalo, imprimilo nella mente e nel cuore: di esso nutrisciti fino a che diventi sangue del tuo sangue, Verbo che si fa carne. E non temere più il mondo. E non donare più margheritine ai porci.

* *

Queste dei porci e delle margheritine può sembrare un atto di superbia, ma non lo non è. Usi tu lo stesso linguaggio con chicchessia? Al tuo superiore, al tuo Maestro non puoi usare le stesse parole che rivolgi al compagno. Immagina poi se con i bari, i prodighi, i simoniaci, i sensuali, gli avari, i malati di mondo, insomma, puoi parlare di cose eterne o fare intendere la Poesia. E’ fatica sprecata.

Ecco cosa significa non dare ai porci margheritine.

Preghiera.

«Io non ti chiedo, Signore, il benessere, ma il pane; non ti chiedo di fare crescere in me l’amore per le cose o per le creature, ma il desiderio di Te, l’ardore di Te: che mi scuota dentro, che mi bruci dentro, che non mi dia tregua fino a quando, libero da questo corpo di morte, riposi interamente in Te ».

* *

« Prima che io esistessi, Tu pensasti a me; chè, se tu non avessi pensato a me, io sarei mai esistito. Pensasti a me prima della mia esistenza per farmi esistere; ed ora che esisto e son qui e vivo e ti servo, mi metterai con disprezzo in non cale? »

È di Sant’Agostino.

 

9 settembre 1946

 

  

domenica, marzo 16, 2025

Preghiera:

« Signore, so che la più difficile delle morti è morire a se stessi, cioè guarire dei sette peccati capitali di cui siamo tutti ben carichi, chi più chi meno. Ma tu che tutto puoi, tu che sai come questa morte io desideri, aiutami a conseguirla!».

* *

M assale a volte il timore di non fare in tempo a scoprire tutte le bellezze dei libri eterni, miniere inesauribili di Vita. E mi affanno a strappare qualche ora alla mia dura giornata spesa nell’ansiosa ricerca di un pane conteso.

* *

»Nel battesimo hai deposto i peccati, ma la concupiscenza è innata ». E’ una mala pianta che bisogna estirpare con tutte le nostre forze; e le forze non basteranno, se non ci porgerà una mano Gesù. Cerchiamole dunque nell’Eucaristia. Combattere con Lui è vincere. Senza di Lui è sciupare le forze in una lotta impari.

* *

Ricordiamoci sempre che fuggire di fronte alle tentazioni è eroismo.

* *

Preghiera:

» Signore, non m’abbandonare! Per quante delusioni mi danno gli uomini, fa ch’io ritrovi sempre in te la carità di cui essi parlano a sproposito! ».

* *

» Tommaso, tu credi perchè hai veduto. Beati quelli che non vedono e crederanno». Io credo, in te credo, o Signore! Anche se le ali non mi bastano, dammi una mano per arrivare alla beatitudine promessa.

* *

M’è parso stamane quando ti ho ricevuto nell’Ostia benedetta che il mio cuore battesse sul Tuo, o Signore! Fa ch’io mangi spesso di questo Pane perchè ho tanta sete del Tuo Sangue.

 

1 settembre 1946

 

sabato, marzo 15, 2025

Dona fratello, al tuo fratello più povero: diventerai nientemeno creditore di Cristo.

* *

Non farti adescare dai maneggioni che insozzano il loro cuore per trarne gioie esclusivamente

mondane. E’ più gustoso un tozzo di pane mangiato in purità di cuore che una ricca mensa consumata nel peccato.

* *

Considera con orrore il tempo. Vivere è servire qualcuno: o servi con le buone — e servi Iddio —  o servi con le cattive e ti ribelli, cioè a Dio? Salvarti o perderti?

* *

Da troppi anni m'è avvenuto di occuparmi e preoccuparmi della patria terrena. A che pro? È tempo di occuparmi e preoccuparmi della Patria celeste.

* *

Preghiera.

« Signore, per tuo merito mi sento buono. Se un giogo debbo portare, il che è inevitabile, liberami da quello della concupiscenza e imponimi il giogo della carità. Soave, si, è il tuo giogo, o Signore, e il tuo carico è leggero ».

* *

« Io ti dò terra e tu mi dai Cielo »: così penserò ogni volta che darò a un povero, che visiterò un infermo, o un carcerato, che vestirò un ignudo, che alloggerò un pellegrino. E sarà per me consolazione grande aver tolto a me stesso un’ora una veste una moneta un benessere.

* *

Ritorna ogni tanto nel ricordo, luce infallibile dell’infanzia lontana, la preparazione alla prima Comunione nel ritiro delle Cappellette di S. Luigi, a fianco della basilica di Santa Maria Maggiore: Santa Maria ad Nives. Chi mi ridarà quel profumo di purità diffuso dapertutto, che imbiancava l’anima? I gigli dell’orto concluso a gara con la neve che segnò i limiti del tempio.

Mi pare di sentire ancora il battito candido dei colombi in quell’alba insonne, che stavo per abbandonarmi a Gesù. Ogni volta che passo di lì è un colpo d’ale aperte al Cielo.

 

18 agosto 1946

venerdì, marzo 14, 2025

Do Irish Mothers Have a Real Choice?

Outdated Clause or Vital Protection?

In March 2024, Ireland held a referendum on removing the Constitution’s reference to a woman’s “duties in the home.” Article 41.2 of the 1937 Constitution famously states that “The State shall… endeavour to ensure that mothers shall not be obliged by economic necessity to engage in labour to the neglect of their duties in the home” (Referendums on Family and Care - Electoral Commission). The government proposed deleting this language – widely seen as sexist and outdated – and replacing it with a gender-neutral clause recognising the importance of care provided by all family members (2024 Irish constitutional referendums - Wikipedia). All major political parties and many civil society groups campaigned Yes to amend the text (2024 Irish constitutional referendums - Wikipedia), arguing it was a symbolic step toward equality.

However, the public response was stark. Voters overwhelmingly rejected the change: nearly 74% voted No to scrapping the “women in the home” clause (2024 Irish constitutional referendums - Wikipedia). This landslide result – one of the highest No votes in Irish referendum history – meant the constitutional commitment to protect mothers from economic pressure remains intact. For many, the outcome signaled that while the wording may be old-fashioned, the underlying principle of supporting mothers at home still resonates strongly with the electorate.

Dramatic Decline in Stay-at-Home Mothers

The referendum’s context is a society where women’s roles have shifted significantly. New figures from the Central Statistics Office (CSO) reveal a 60% plunge in the number of women describing themselves as full-time homemakers. In 2010, about 520,500 women reported their status as “engaged in home duties.” By 2024, that figure had fallen to just 208,200 (Key Findings Women in the Labour Market 2023-2024 - Central Statistics Office). This marks a dramatic decline in stay-at-home mothers over little more than a decade.

Over the same period, female employment has climbed to record levels. The CSO report notes that even in the last five years alone (2019–2024), the number of married women in paid employment jumped by 21.5% (Key Findings Women in the Labour Market 2023-2024 - Central Statistics Office). In other words, far more Irish women – including mothers – are now in the workforce, and far fewer remain exclusively in the home. Economists cite multiple reasons for this shift, from the rising cost of living necessitating dual incomes, to changing social norms and greater career opportunities for women. Whatever the cause, the trend is clear: the traditional stay-at-home mother has become far less common in Ireland today than a generation ago.

What Irish Mothers Say They Want

Despite the move toward paid work, many Irish mothers express a strong preference for being at home with their children – if only it were financially feasible. A 2024 Amárach Research poll (commissioned by the Iona Institute) found that 69% of mothers with children under 18 would choose to stay at home to raise their kids if they could afford to do so (Vast majority of mothers want to be at home not work says new poll | The Iona Institute). This suggests that for a large majority of women, employment is often a financial necessity rather than a preferred choice during their children’s early years.

The survey illuminated mothers’ feelings about the trade-offs between work and home life:

These findings, consistent with similar polls in recent years, underscore a notable gap between mothers’ personal aspirations and their economic reality. “A woman’s place is wherever she wants it to be,” Children’s Minister Roderic O’Gorman has said – encapsulating the ideal that mothers should be free to choose either career or home without judgment. But the poll results indicate many mothers don’t feel they genuinely have that choice. Instead, they often feel pressure to earn income, and they perceive that the role of a full-time mother is culturally undervalued in modern Ireland.

Policy vs. Promise: Is the State Supporting Choice?

The Irish Constitution’s promise not to force mothers into work by economic necessity is a high bar for policymakers to meet. In practice, government policies have largely focused on enabling mothers to join the workforce – arguably more than enabling them to remain at home. Successive governments have introduced measures like improved parental leave and universal child benefit, but the most significant investments have been in childcare.

Public spending on daycare and early education has soared in recent budgets. For example, Budget 2023 injected an extra €121 million into the new National Childcare Scheme, allowing childcare fees for parents to be cut by about 25% on average (Republic of Ireland Budget 2023 announces increased funding for childcare - Employers For Childcare). The annual state budget for childcare reached €1 billion in 2023 – five years ahead of government targets (Republic of Ireland Budget 2023 announces increased funding for childcare - Employers For Childcare) – reflecting a massive financial commitment to subsidising day-care and crèche facilities. The aim of this spending is to make it easier for parents, especially mothers, to afford childcare and therefore to take up paid employment. Indeed, affordable childcare is often cited by policymakers as key to increasing female labour force participation and giving women “choice” to work.

Critics, however, point out a contradiction: by concentrating support on helping mothers work, the state may be neglecting the Constitution’s call to support those who choose home-making. Apart from a modest tax credit for stay-at-home parents, Ireland offers little direct financial support to mothers (or fathers) who opt to care full-time for their children at home. Professor Patricia Casey of the Iona Institute argues that the State has “failed to live up to the promise of the Constitution” in this regard (Vast majority of mothers want to be at home not work says new poll | The Iona Institute). Despite Article 41.2’s guarantee, she says, government policy has “made it almost impossible for most mothers to stay at home with their children if that is what they want” (Vast majority of mothers want to be at home not work says new poll | The Iona Institute). In her view, the push for moms to enter the workforce – driven by economic policy and a booming jobs market – leaves those who would prefer home-making without adequate support or real choice.

Childcare Investment Yields Limited Gains

Interestingly, even on its own terms, the state’s heavy investment in childcare has so far produced only modest increases in mothers’ workforce participation. A recent analysis by the Economic and Social Research Institute (ESRI) examined the effects of Ireland’s childcare subsidy schemes on maternal employment. It found that the introduction of generous subsidies in 2019 led to only a slight uptick – about 0.5 of a percentage point – in labour force participation among mothers (Will childcare subsidies increase the labour supply of mothers in Ireland? | ESRI). Most women who wanted to work were likely already doing so, and many others still chose not to enter the workforce despite childcare becoming a bit more affordable.

Even after the major expansion of subsidies in 2023, the ESRI study projects only a minimal impact: roughly a further 1 percentage point increase in mothers joining the labour market (Will childcare subsidies increase the labour supply of mothers in Ireland? | ESRI). By contrast, the subsidies did significantly change how children are cared for – with many families switching from informal care (such as grandparents or unlicensed childminders) to formal childcare centres when fees dropped (Will childcare subsidies increase the labour supply of mothers in Ireland? | ESRI). In short, the state’s spending spree on childcare has eased the cost burden and shifted childcare arrangements, but it has not triggered a large influx of stay-at-home mothers into paid employment. This limited effect suggests that many mothers’ decisions about working or not working hinge on personal and financial factors beyond just childcare costs.

Conclusion: Do Mothers Have a Real Choice?

The fallout from the referendum and the latest data highlight a central question for Irish society: Are mothers truly free to choose between staying at home and pursuing paid work? The constitutional clause protecting mothers at home remains in place – backed by a public vote – but its spirit seems at odds with economic trends. A huge decline in stay-at-home parenting and surveys of mothers themselves both point to finances being a decisive factor in whether women work outside the home. If nearly seven in ten mothers would prefer the home over the workplace given the choice (Vast majority of mothers want to be at home not work says new poll | The Iona Institute), the reality that most of them are now in paid employment suggests that, for many, it isn’t really a free choice at all – it’s a necessity.

Government officials maintain that their policies aim to give women options, by removing barriers to employment and promoting equality. There is no doubt that opportunities for women in the labour market have expanded, and those who want or need to work are being supported through childcare subsidies and other measures. But the flip side is whether equal support is extended to those who would choose full-time caregiving. The evidence so far indicates a mismatch: society extols choice in theory, yet economic and policy realities push mothers in a particular direction. The state’s constitutional duty to ensure no mother is “obliged” to work for economic reasons (Referendums on Family and Care - Electoral Commission) is difficult to reconcile with a system that provides far greater aid for entering the workforce than for opting out of it.

As Ireland digests the referendum result, there are growing calls for a more balanced approach – one that truly values the work of caring for children, whether done for pay or in the home. That could mean new policies, from direct financial supports for stay-at-home parents to workplace flexibility for those balancing both roles. The central outcome of the recent debate is a heightened awareness that mothers want a real choice, not an imposed one. The Constitution may uphold that ideal, but the challenge ahead is turning it into reality, so that “a woman’s place” can indeed be “wherever she wants it to be.”

Se vuoi stare col fratello che ami, se vuoi fargli un dono inestimabile, accostati a Gesù, prendi Gesù nell’Ostia consacrata. Se Gesù è con te, sarà anche con lui. 

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A molti, a troppi pastori dovrebbe credere il popolo; e i pastori, come ognun sa, abbisognano di un qualsiasi gregge. Se non vuoi diventare gregge del primo e più furbo che capiti alla ribalta, segui, fratello, il Pastore: solo allora sarai, si, gregge, ma del Cristo. 

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Quante volte, partito per stringermi al cuore un fratello, son rimasto con le braccia aperte a mezz’aria! Ma perchè tanto gelo fra le membra dello stesso Corpo? Non per questo chiuderò le braccia, Signore!

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Prendi Gesù, fratello, prendi Gesù: e quando l’avrai in te, carne della tua carne, sangue del tuo sangue, non temere pit nulla. Qualunque cosa t'accada, nessuno riuscirà più a toglierti il suo dolce giogo. 

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Sorridi, fratello, quando, alludendo alla tua tristezza, insinuano che tu non ami la vita. Noi adoriamo la Vita vera di cui questo non è che il preludio o l'esilio. E proprio questione di maiuscole! 

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Se pensassimo a quale interesse ci sarà restituito quel che diamo ai poveri, divideremmo ogni giorno con loro anche il poco pane mal distribuito: dal cieco egoismo degli uomini.

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« Signore, se tu mi dicessi: ” Dà a me, e io serberò per te nel Cielo” non esiterei a dare, mio buon Maestro. Invece. tu dici: ” Dai ai poveri”. Così io so che chi riceve non è colui del quale veggo le mani, ma tu, che mi hai comandato di dare ». Non sono io che parlo: è un Atleta di Cristo.


11 agosto 1946

giovedì, marzo 13, 2025

 « Ama il tuo nemico». Lo so, pesa amare chi ci odia, fare del bene a chi ci fa male, ma ricoria Gesù sulla Croce: « Padre, perdona loro perché non sanno quel che fanno! ». 

Pensa: dopo averlo inchiodato sul legno, lo schernivano. Ed egli pregava il Padre di perdonarli! 

Questo non vuol dire — come pretenderebbero i più — insegnare la vigliaccheria, ma il vero eroismo, e sopra tutto, ’ Amore: chè se lo applicasse ognuno per il proprio nemico, quanti malanni sarebbero risparmiati genere! L'eroismo, infatti, non è soltanto quello di andare all’assalto, ma di combattere e superare noi stessi. 

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« Ama il tuo nemico ». Che ti costa amare chi ti ama? E’ cosa naturale; ma non lo è ama re chi non t'ama perchè significa vincere il tuo istinto, la tua natura. L’odio è di Satana, l’Amore è di Cristo; anzi, è Cristo stesso.

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« Andate dunque, al sole radioso d'Italia, di questa vostra Patria di cui conoscete le native splendenti bellezze e della quale volete essere campioni degni ed intrepidi. Andate, o prodi corridori della corsa terrena e della corsa eterna ». Non vi sembra di ascoltare voce del Cristo? E del suo Vica-rio, che siede oggi sulla cattedra di Pietro.

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Non è l'immoralità conseguenza della guerra, ma è la guerra conseguenza dell'immoralità

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Quando diciamo: «Nulla potrà accadermi perchè Iddio è in me» non dobbiamo escludere il danno transitorio di questo mondo. Sarebbe troppo comodo: vorrebbe dire che vogliamo raggiungere il Regno del Padre senza portare la Croce del Figlio. Dobbiamo invece pensare che qualunque cosa ci accada, Dio non ci abbandonerà. 

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Fratello, gli uomini non possono darti che delusioni: Dio non ti darà che luminose speranze, gaudiose certezze.


4 agosto 1946

mercoledì, marzo 12, 2025

 Anche dì questo titolo, fratello, debbo fare ammenda. È ambizioso. T’è forse sembrato che il volo non sempre è alto? Avverti talvolta la «starnazzata»? E così, ma è umano. Vorrei avere le ali dell’aquila o della rondine, e invece mi scopro animale da cortile. Ma tu comprendi che non è possibile sollevarci troppo da terra senza rischiare di perderne i contorni. E, compatendomi, compatisci te stesso.

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Se a chi ti sollecita di intervenire a un certo avvenimento di portata storica, tu rispondi che non hai tempo perché devi pregare; se ad un appuntamento con i tuoi simili tu preferisci l’appuntamento con Gesù, passi perlomeno per maniaco. Esultare! Il mondo non ha ancora capito che quando s’è battuto a tutte le porte e percorso invano ogni via, la porta di Dio, la strada di Dio sono le sole che rimangono aperte. È beato chi sa trovarle.

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C’è un solo modo di perdere tempo: allontanarsi da Dio col peccato. Considerato sotto questo aspetto il tempo è assai più che danaro, ma danaro che non ha niente a che fare con la moneta sonante o sordida mesa in circolazione dagli uomini di cattiva volontà.

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 Io non so, Signore, se nel considerare la tua Mensa, sia più forte in me il desiderio o la pigrizia di tanto volo.

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A momenti mi pento di aver troppo amato la patria terrena: tempo perduto. Un solo Amore è tempo guadagnato: quello per la Patria celeste.

 

28 luglio 1946