Un’anima buona mi scrive:
«Le
segnalo un caso che forse potrebbe ispirarle uno scritto ed una opera di
carità. Si tratta di questo: ho conosciuto per caso un povero uomo, disgraziato
fisicamente, poverissimo, che tira avanti la vita lavorando da elettricista (ma
è ostacolato dalle sue condizioni fisiche). Ebbene, quest’uomo è un musicista e
musicologo appassionato; innamorato di Beethoven, scrive notturni e Ave Marie
(ha fatto i voti di scriverne una se guarirà). È stato a Lourdes e può essere
interessante ascoltarlo mentre parla del suo pellegrinaggio e della sua
vocazione.
Mi
pare che una segnalazione fatta con sentimento, potrebbe costituire, oltre ad
un articolo interessante, un aiuto per un poveretto. Ove anch’Ella lo credesse,
io Le potrei combinare un incontro.
W.
V.»
L’appuntamento,
anzi l’incontro, me lo sono procurato nella maniera più semplice e rapida,
invitando cioè per telefono a casa mia il Sig. Bruno De Andreis, ricoverato
all’Istituto dell’Immacolata (Via Monti di Creta, 4) anche perché non ho voluto
farne oggetto di curiosità... gazzettiera.
Il
primo incontro è forse sgradito per stomaci delicati (quando si tratta di
carità. Santa Caterina aveva uno stomaco di ferro) ma poi la luce dell’anima
risplende su quel volto piagato. Mentre Bruno parla si riesce a intravedere
pian piano il volto del Crocifisso. Bisogna pensare a Cristo.
Adesso
Bruno racconta:
Orfano
in tenera età, un arresto di sangue gli procurò un «angioma» per cui fu
sottoposto da una zia a cure di raggi, forse drastiche. Dopo tre anni peggiorò
notevolmente. Rimasto con lo zio, si diede a coltivare la musica, ma da
autodidatta, riuscendo in breve a comporre. Intanto si esercitava nel mestiere
di elettricista.
A
18 anni, un grosso pezzo di lavagna staccatosi da un cornicione gli procurò la
frattura della scatola cranica. Nel 1940, transitando in bicicletta, causa
l’oscuramento, urtò violentemente contro un paracarro e si fratturò il femore,
rimanendo anchilosato della gamba sinistra. Soffre atroci dolori per
sopraggiunta sinovite. Intanto continuano le applicazioni di ogni genere nella
pelle del viso, ma peggiora sempre finché i buoni frati dell’Immacolata non lo
ricoverano, iniziando una cura speciale che già gli ha procurato giovamento.
Guarirà.
Ho
esposto freddamente il caso perché ognuno misuri quanto sia sciagurato questo
giovane che tutto subisce con una rassegnazione che non esito a chiamare
eroica.
Ora
egli vorrebbe lavorare per aiutarsi a risalire l’abisso in cui è caduto e in
cui lo respinge, soprattutto, la sua miseria fisica. Avrebbe inoltre bisogno di
supernutrimento per affrontare seriamente una cura lunga e costosa. Non ha
abiti, biancheria ecc. Le esigenze dell’Istituto che lo ospita sono molte: non
si arriva coi mezzi scarsi di cui si dispone a lenire il male di tutti, che è
grave, ostinato.
Chi
non vorrà porgere una mano a questo infelice provato così duramente,
procurandogli lavoro o inviandogli un’offerta che serva ad alleviare i suoi
atroci patimenti fisici e morali?
Dare
al povero è dare a Cristo, ma quando questo povero si chiama Bruno De Andreis?
Si tratta di un puro di cuore.
Benigno
18
luglio 1948
Nessun commento:
Posta un commento