Santità,
è con l’animo gonfio di emozione che mi prostro dinanzi alla Santità Vostra per porgervi i sensi più devoti e profondi della mia filiale gratitudine per la grande opera di bene che mi avete fatto.
Voi avete ridato uno sprazzo di vita ad un povero lavoratore colpito nella sua piena maturità da una delle più tremende disgrazie che lo ha condannato per sempre ad una inerzia forzata. Sento così di poter acquistare una certa autonomia, più di potermi rendere ancora utile, sia per me per una minima percentuale, diminuendo il peso che troppo presto e tanto involontariamente sono stato costretto a dare ai miei figlioli.
Santo Padre, vogliate credere che nel ricevere il grande dono che mi avete mandato, io e la mia famiglia ed alcuni parenti ci siamo intesi stringere il cuore, inumidire gli occhi: e questo solo possiamo offrire, Padre Santo, la nostra commozione e le nostre lacrime di gratitudine.
Noi pregheremo Iddio per Voi che tanto santamente reggete i destini dei popoli, e Voi nell’accogliere la nostra anima vogliate impartirci la Vostra benedizione e vogliate intendere dal Signore onnipotente la grande mia pace serena e cristiana.
Lenci Aristide
Sfrondata del superfluo, ma intatta nel contenuto e nella stesura, questa lettera di un operaio paralizzato alle gambe, che si è rivolto al cuore del «dolce Cristo in terra» ricevendone in risposta — tramite la Pontificia Commissione di Assistenza — una carrozzella completa, costruita con i più moderni criteri dell’ortopedia, ci ha portato in redazione un’altra boccata d’aria pura.
Abbiamo pensato al momento dell’arrivo in una di quelle industrie cittadine dove le ciminiere fanno a gara coi campanili per toccare il cielo: col fumo del sudato lavoro e con le Croci innalzate fra stormi di campane.
C’è adunata, c’è festa in famiglia per l’arrivo del dono del Papa: anche i parenti arrivano da ogni dove per vedere il provvidenziale apparecchio che ridarà al babbo, al marito, al cognato, al fratello, allo zio la possibilità di muoversi, di tornare sulle strade tante volte percorse ancora giovane e sano, di rivedere la piccola chiesa e il curato che potrà d’ora innanzi somministrargli i Sacramenti dall’altare.
Ci andrà da sé in chiesa, con le sue… ruote, le ruote benedette dal Papa, che quando si muovono par che volino, che scivolano via rapide e silenziose come sospinte dagli angeli: e sono invece le stesse mani di quando era valido ad imprimergli il movimento, incallite dalla fatica.
Le mani che tornerà adesso a stringere a tutti — buoni e cattivi — per sentire il caldo dell’amicizia e il freddo dell’indifferenza o, peggio, del rancore: «Il mondo ha odiato me e odierà voi», disse il Signore, e lui ha sempre lavorato, da buon operaio, nella Vigna dai verdi tralci.
Vogliono toccarla tutti, la «carrozzella del Papa», perché sembra a più d’uno, che so, di attraversare una grande piazza abbracciata da un colonnato enorme che sembra una foresta, sormontata da una cupola immensa, e di rivedere lassù, sotto il cielo di Roma eterna, a quella finestra dove appare diafano e solo, un Uomo bianco che apre le braccia per metterle in croce e poi benedire…
Benigno
13 giugno 1948
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