
di Angelo Bottone
Lo scorso 1 novembre, papa Leone XIV ha proclamato Dottore della Chiesa san John Henry Newman e lo ha anche nominato patrono dell’educazione cattolica.
Ma chi era questo porporato inglese la cui eredità intellettuale e spirituale ancora oggi ci parla con forza?
Fu teologo, educatore, guida spirituale, polemista e uomo di pensiero. Autore di sermoni, saggi storici e teologici, romanzi, poesie e trattati filosofici. Questa produzione riflette i molteplici ruoli da lui ricoperti. Ma più dei suoi scritti, è la sua vita stessa a interpellarci, segnata da un intenso e drammatico cammino di fede.
Nato a Londra nel 1801, trascorse buona parte della sua vita a Oxford, prima come studente e poi come sacerdote anglicano e accademico. Qui esercitò un’influenza profonda attraverso le sue prediche e i suoi scritti, diventando uno dei principali animatori dell’Oxford Movement, un tentativo di rinnovamento spirituale all’interno della Chiesa anglicana, incentrato sul recupero della teologia patristica e della liturgia.
Nel contesto di questo movimento, Newman difese a lungo la cosiddetta via media: la convinzione che l’anglicanesimo costituisse una posizione intermedia tra il cattolicesimo romano, percepito come appesantito da pratiche e dottrine spurie, e il protestantesimo, colpevole di aver abbandonato elementi essenziali della fede cristiana. Tuttavia, fu proprio lo studio dei Padri della Chiesa, i teologi dei primi secoli, a minare questa convinzione: Newman si rese conto che nella storia della Chiesa non si trovavano tracce di una “via media”, ma piuttosto un nucleo fedele alla verità apostolica, da cui nel tempo si erano allontanati vari gruppi.
Da qui nacque un interrogativo cruciale: come distinguere uno sviluppo autentico della dottrina da una sua corruzione? Per Newman, non si trattava solo di una questione teologica ma di una sfida esistenziale. Il suo amore per la verità lo portava a mettere in discussione la Chiesa in cui era cresciuto e che aveva promesso di servire. Le sue perplessità sul cattolicesimo non riguardavano tanto i dogmi, quanto alcune pratiche devozionali verso i santi e la Vergine.
Fu la sua riflessione teologica sulla storia a permettergli di superare queste riserve. Nel Saggio sullo sviluppo della dottrina cristiana (1845), Newman formulò sette criteri per distinguere lo sviluppo autentico da una deviazione dottrinale. Applicandoli alla storia del cristianesimo, giunse alla conclusione che solo nella Chiesa Cattolica si riconosceva la continuità con la Chiesa dei Padri e dei Concili. Questo lo condusse alla conversione: un passo doloroso, che gli costò l’abbandono della carriera accademica, l’emarginazione e la rottura di legami profondi.
Accanto al tema dello sviluppo dottrinale, Newman mise al centro della sua riflessione la coscienza, intesa sia come senso morale che ci permette di distinguere il bene dal male, sia come la voce interiore che ci chiama a fare il bene. Anche in chi non conosce la rivelazione cristiana, la coscienza rappresenta la più forte testimonianza dell’esistenza di Dio. Newman era scettico nei confronti delle prove razionali dell’esistenza di Dio basate sull’osservazione del mondo esterno, che riteneva convincenti solo per chi già crede. Al contrario, la legge morale interiore parla a tutti: essa rimanda a un legislatore, che non può essere un’idea astratta, ma una persona viva, un Maestro che ci parla nel cuore.
Per Newman, la coscienza è dunque il legame più intimo tra la creatura e il Creatore, il luogo in cui l’uomo ascolta la voce di Dio. È proprio questa fedeltà alla coscienza ad averlo guidato per tutta la vita, anche a costo di incomprensioni e sacrifici. La sua conversione al cattolicesimo non fu compresa da molti e su di lui gravò sempre un’aura di sospetto.
Molti dei suoi progetti fallirono o furono ostacolati. Ma Newman non cercava il successo: cercava la verità. Solo nel 1879, ormai settantottenne, ottenne il riconoscimento che meritava: papa Leone XIII lo creò cardinale, nonostante le resistenze di alcuni vescovi inglesi. Con questo gesto, Leone XIII rese giustizia a una vita interamente consacrata alla ricerca sincera e appassionata della verità, sempre illuminata dalla luce della coscienza.
Newman morì nel 1890, ma la sua santità fu riconosciuta solo dopo oltre un secolo. Papa Benedetto XVI, nel 2010, lo ha proclamato beato, e papa Francesco lo ha canonizzato nel 2019. Leone XIV, a conclusione di un lungo cammino, lo ha elevato al più alto grado del riconoscimento ecclesiale, dichiarandolo Dottore della Chiesa e patrono dell’educazione cattolica.
È un titolo che non solo onora la sua opera ma ne riconosce la profonda attualità. In un tempo segnato da disorientamento e da crisi di senso, Newman ci ricorda che solo chi ascolta la voce della coscienza, con umiltà e coraggio, può giungere alla verità e renderla feconda per il bene di tutti.
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