domenica, novembre 09, 2025

L'appuntamento della carità

 Due righe scritte in fretta, a quel che pare, ma che racchiudono un così cristiano monito, da convincermi a segnalarle in quest’angolo di luce come «primato missionario» da imitare a edificazione delle anime:

«La curazia di S. Nicolò del Comelico (Belluno) ha offerto alle Missioni, nella giornata missionaria 1947, lire settantamila (L. 76.004) in ragione di L. 115 “pro capite”, constando detta curazia di 570 fedeli. — Il curato Don V. De M.».

Valgano queste righe a risvegliare troppe coscienze inerti, che hanno dimenticato le parole del Maestro, quando su una montagna di Galilea — delle Beatitudini o il Tabor? — assegnò agli Apostoli la loro missione:

«Ogni potere mi è stato dato in cielo e sopra la terra. Andate dunque per tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura. Istruite tutte le genti, battezzando nel nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo: insegnando loro a serbar tutte le cose che vi ho comandate. Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo: chi non crederà, sarà condannato».

E aggiunse, rivestendoli di sovrumano potere:

«Ora questi sono i segni che accompagneranno coloro che credono: nel nome mio cacceranno i demoni; parleranno lingue nuove; maneggeranno serpenti e, se avranno bevuto alcunché di velenoso, loro non nuocerà; imporranno le mani agli ammalati e questi guariranno. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla consumazione dei secoli».

Mentre la prima parte dell’investitura è abbastanza nota, meno nota è la seconda e ancor meno la seguente:

«Era necessario che il Cristo patisse e risuscitasse da morte il terzo giorno, e che si predicasse nel nome di Lui la penitenza e la remissione dei peccati per tutto l’universo, incominciando da Gerusalemme».

I 570 fedeli di S. Nicolò del Comelico hanno certo, chi più chi meno, intuito tutta l’importanza di questi passi delle Scritture coi quali Cristo istituì le Missioni. Ad esse la Chiesa lega la sua stessa esistenza, che è totale, e cioè non del solo Capo, ma di tutto il Corpo Mistico, ovverosia di ognuno di noi, battezzati nel nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo.

Potrei aggiungere che è guerra perenne proprio in quella Gerusalemme donde penitenza e remissione dovevano incominciare, perché ivi è sordità e cecità maggiore.

Pure, da ogni anima riconquistata sale l’anelito di Agostino:

«O Dio, Dio mio, che miserie m’è toccato a patire! e che delusioni! Andavo in cerca di un soggetto d’amore, bramando di amare, e così odiavo la mia tranquillità e una via senza laccioli. Io dentro avevo fame di nutrimento interiore che sei tu stesso, mio Dio; ma non da quella fame io mi sentivo divorare; non avevo voglia d’incorruttibili alimenti, non perché ne fossi sazio, ma perché, quanto più n’ero digiuno, tanto maggiore ne sentivo la nausea».

Faccia ognuno di noi che si dice cristiano, che un’anima almeno si sazi delle parole di vita, le parole che non passano mai.

E questa, certo, è la Carità più grande perché vale l’eternità.

Begigno

27 giugno 1948

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