Sapevamo poco o nulla di loro.
Sapevamo che incontrandosi, scrivendosi, parlandosi in pubblico e in privato si
chiamano «caro fratello»: da cui il superlativo che li distingue.
Sapevamo che le due piccole bande candide sotto la gola li differenziano da
tutti gli altri ordini religiosi e mettono una nota singolare sul nero della
veste sacerdotale.
Ma non sapevamo renderci conto di una certa loro caratteristica spigliatezza
che fa pensare più all’aula che alla Chiesa, più all’officina che al chiostro,
più alla cattedra che all’altare, più al borghese che all’officiante, forse a
memoria del Santo fondatore che per sfuggire agli agguati durante un lungo giro
pastorale sui monti, vestì l’abito civile.
Giovanni Battista de La Salle,
come il suo omonimo di Ebron, fu precursore nel preparare i cuori e le
intelligenze dei piccoli ad accogliere l’abbraccio del Redentore che per loro
espresse tutto il suo amore: «Sinite párvulos venire ad me».
Mentre il primo Giovanni fece echeggiare la sua Voce sulle rive del Giordano,
La Salle si chiude in una squallida classe — lui, dottore in teologia — per
insegnarvi le verità eterne col fuoco della carità.
Maestro dei maestri, è il compagno ed il tutore dei primi passi del fanciullo.
Nessuna soddisfazione sarà concessa ai suoi discepoli se non quella del
sacrificio: rinunceranno da un lato alla gioia della paternità, cioè a sentirsi
continuati nel tempo; dall’altro alle sante soddisfazioni del sacerdozio: né
altare, né pergamo, né confessionale.
Non celebreranno, non predicheranno, non assolveranno; ma dall’altare li
guarderà il Crocifisso come i prediletti; sarà pergamo la cattedra da cui
insegneranno; porteranno al confessionale anime monde.
E questa sarà la loro ineffabile consolazione.
***
Queste ed altre cose pensavamo
salendo il clivo che conduce all’Istituto Pio IX, chiamato il «cuore
dell’Aventino» senza ombra di presunzione, ma solo in omaggio alla sua
ubicazione, chè di cuori, di palpiti alti e profondi l’Aventino ne contiene più
d’uno.
Basterebbe il gran cuore di Arrigo VII che sei secoli fa e passa sul bianco
cavallo, lui stesso biancovestito, scendeva per questo clivo seguito da un
brillante corteo, per recarsi a San Giovanni in Laterano ove fu incoronato
imperatore.
Il Pontificio Istituto Pio IX di
avviamento industriale per la specializzazione meccanica, è una delle 1.300
istituzioni lasalliane che, sparse in tutti i continenti, impartiscono
l’istruzione a circa 400.000 alunni di ogni razza, secondo la norma del Santo.
Comprende classi elementari e medie, che lungi dal disturbare il funzionamento
delle industriali, procedono con una sintonia ammirevole di cui va data ampia
lode ai dirigenti.
Vorremmo dire che è un modello del genere, soprattutto per la geniale integrazione
del libro con la macchina.
Certo l’ordine, la disciplina, il senso cristiano del dovere vi allignano,
tanto da essere considerato un’oasi di gagliarda ripresa di quello che fu
l’insegnamento presso i più celebrati istituti romani.
Il tutto è confortato dal perfetto funzionamento dei servizi (capaci di
corrispondere alle esigenze di oltre 700 alunni), da una sana pratica sportiva
ed alla cura delle anime affidata ad un autentico sacerdote.
Nel vasto cortile dove si
disputano accanite partite di calcio e di pallacanestro, la statua
dell’Immacolata campeggia dall’estremo angolo a picco, sull’orto di casa, quasi
a proteggere la imponente mole dell’Istituto, come la protesse mentre tuonava
il cannone alle porte di Roma quando tre anni fa la statua fu inaugurata.
Dai vasti sotterranei dove
s’allineano torni, motori, morse e strumenti di precisione — familiari ad ogni
allievo che voglia conseguire la nomina di perito tecnico industriale —
risaliamo adesso a sommo del «cuore dell’Aventino» sul terrazzo che domina il
colle.
Uno spettacolo incomparabile ci si spalanca ai piedi, una visione quale non è
forse dato godere in nessun’altra plaga del mondo, se Roma è una come Uno è il
Vicario di Cristo Figlio del Dio vivente.
Una teoria di cupole, di torri, di campanili, di palazzi illustri; una gara di
altezze, di giardini in fiore, di armonie e di colori di cui lo spirito
insaziabile si sazia.
San Pietro, San Paolo, San Giovanni, Santi Giovanni e Paolo, le Terme di
Caracalla, San Gregorio al Celio, il Palatino, il Colosseo, il Vittoriano, il
Campidoglio, il Quirinale, la Piramide, l’E. 42: una varietà di costruzioni
insigni, di capolavori conclusi da un arco di verde all’orizzonte, vigilati
dall’insegna eterna della Croce.
Ci viene ora in mente,
intrattenendoci con questi cari fratelli delle scuole cristiane — che pur ci
confortano in una dura svolta della vita — un divino ammonimento: «Beati i
poveri in spirito...».
Ripongono essi, infatti, le loro speranze in Dio solo, nel quale sperando non
si resta mai delusi.
E sono perciò ricchi.
BENIGNO
28 settembre 1947
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