Durante una delle sue frequenti veglie Francesco fu visitato dal Signore che gli ordinò di recarsi dal Papa onde impetrarne una cospicua indulgenza per la restaurata chiesa della Porziuncola. Partì ch’era la prealba, accompagnato da frate Masseo. Gli uccelli con i quali egli soleva conversare cominciavano a destarsi. Di lì a poco presero a cantare che era una fresca gioia sentirli. Uno gorgheggiava così alto che Francesco si fermò e tese l’orecchio, come se invece di trilli ascoltasse parole. La sosta durò a lungo e frate Masseo che attendeva, sorpreso e contrito, udì il Poverello che, quasi rispondesse al gorgheggio, diceva: «Sta bene». Dopo di che, tutto ilare, riprese il cammino verso Perugia. Quel gorgheggio li accompagnò per un buon tratto di strada e frate Masseo mai più vide così allegro il suo compagno.
A Perugia si svolse questo
incalzante colloquio.
— Santo Padre, poco fa vi ho restaurato una chiesa eretta in onore della
Vergine Madre di Cristo. Ora io prego Vostra Santità che le conceda
un’indulgenza senza obbligo di offerte.
— Codesto non può farsi, frate, perché chi chiede una indulgenza deve anche
meritarla col soccorso di buone opere. Ma dimmi, di quanti anni la vuoi?
— Deh! piaccia a Vostra Santità di darmi delle anime e non degli anni.
— Come vuoi tu delle anime??
— Sì, desidero che col beneplacito di Vostra Santità, tutti che entreranno in
quella chiesa, se contriti confessati ed assolti, come si conviene, siano
liberati da colpa ed a pena.
— È una gran cosa quella che tu chiedi, frate Francesco; e non è uso della
romana curia concedere di cosiffatte indulgenze.
Qui la cronaca non dice se
Francesco ricordò a Onorio il divino potere conferitogli da Cristo di
sciogliere e legare in terra per il Cielo. Si limita a riportare il colloquio,
che a questo punto divenne drammatico.
— Padre Santo — incalza Francesco — non sono io a chiedervelo, ma è Cristo
stesso che mi mandò.
Al che il Papa senza indugio:
— Così ci piace: abbiti quello che hai domandato.
E Francesco, piegato il capo,
s’allontanò. Ma Onorio lo richiamò:
— O uomo semplice, dove vai? Qual testimonianza hai tu dell’indulgenza
concessa?
— Padre Santo, penserà Dio a manifestarlo. Gesù Cristo sarà il notaio, la
Vergine sarà la carta e gli Angeli saranno i testimoni.
Sulla via del ritorno, Francesco
si fermò a riposare in un lebbrosario, sotto il colle, e svegliatosi pregò. Poi
chiamò Masseo.
— L’indulgenza concessa dal Papa — disse — è ratificata da Dio in Cielo.
Ora avvenne che una notte, mentre
il demonio lo tentava come non mai, Francesco si gettò fra le spine di un
roseto, fino a far sanguinare il corpo ribelle. Allora una luce di cielo
circonfuse la sua persona e il roveto si tramutò in cespi di profumatissime
rose. Al canto degli Angeli il Santo fu invitato ad andare in chiesa dove Gesù
e Maria lo attendevano. Francesco colse dodici rose bianche e dodici rose rosse
ed entrò. Ma non aveva passato la soglia che l’abito liso e bigio divenne color
di neve. Si prostrò Francesco e pregò Gesù che si degnasse indicargli il giorno
del perdono, che il Signore fissò al due agosto, consigliando anche questa
volta di ottenere la ratifica dal Papa: «Affinché egli più facilmente creda,
prendi, a testimonianza tre rose rosse e tre rose bianche e conduci teco i
frati che han veduto e udito».
Son trascorsi oltre sette secoli.
Nessuno sa la sorte toccata alle rose portate al Pontefice, ma i fedeli in quel
giorno sentono un profumo intenso di rose e l’eco lontana di un canto di
usignolo.
È il profumo di pietà che emana dal perdono di Assisi.
Benigno
3 agosto 1947
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