domenica, agosto 01, 2004

I RISCHI DEL PROGRESSO FRENETICO, ANCHE AL SUD

Organizzato dalla Casa delle Culture, si svolge in questi giorni a Cosenza
il convegno «Invasioni di scienze», e mi ispira qualche pensiero sul
rapporto tra il Sud e la tecnoscienza, che e' la rappresentante forse piu'
emblematica e prepotente della contemporaneita'. Primo pensiero: quando
dividiamo il mondo in paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo, diamo per
scontato che prima o poi i secondi debbano diventare come i primi seguendone
le orme. I paesi del Sud sarebbero luoghi dove ancora non e' successo niente
e dove si tenterebbe di imitare, male, cio' che altrove trionfa.

Cio' significa dimenticare la storia, il contesto, le vocazioni specifiche;
significa volersi modernizzare svendendo tutto, dal territorio alle
tradizioni alla lingua, e pagando un prezzo altissimo in termini di degrado,
malavita e volgarita'. Come ha scritto Franco Cassano, il deserto non era
destinato all�idiozia motorizzata della Parigi-Dakar, era un luogo «di
transiti divini, di marce e di digiuni, di tentazioni e di paure», dunque
era una parte della nostra spiritualita'. Si commette un grave errore di
prospettiva se si pensa che il Sud sia un luogo non ancora riempito dallo
sviluppo che conosce il Nord. Potrebbe essere invece un antidoto contro la
ferocia semplificante del "progresso" globalizzante.

Secondo pensiero: quelli che nellÂ?ottica monodimensionale dello sviluppo
unico sembrano vincoli e ostacoli potrebbero invece costituire un prezioso
serbatoio di diversita' culturale. La cultura di un popolo non si misura
solo nel numero di brevetti o di articoli scientifici, ma anche nelle forme
della convivenza, nel calore della solidarietà, nella dignità e negli
affetti. Invece di insistere per lÂ?adozione di codici comunicativi comuni,
perché non apprezzare la distanza, la difficolta', il rischio che
rappresenta lÂ?incontro con la diversita' dellÂ?altro?
Terzo pensiero: invece di cercare nella vita le rapide certezze che vorremmo
dalla scienza, perche' non amare la lentezza, lÂ?ambiguita', le verita' che
si lasciano conquistare a poco a poco per essere poi sempre sostituite da
una verita' ulteriore? Perche' non moltiplicare le scelte e le sfumature,
arricchendo la brutale interazione economica di base con una molteplicita'
di legami sociali, con una ricchezza di tessuto interpersonale?

Qualcuno obiettera': ma tutto ciò rallenterebbe la nostra corsa, caro
signore! Non possiamo permettercelo, guardi quante cose ci restano da fare
prima di... Prima di che? Fermiamoci a pensare. Zavorriamo questa macchina
sempre piu' frenetica in corsa contro il tempo (espressione che sarebbe
buffa se non fosse tragica), rallentiamo un ingranaggio che, in ossequio al
monoteismo tecnologico, rischia di spezzarsi e di spazzarci via. A questo
meccanismo abbiamo sottratto uno dopo lÂ?altro tutti i vincoli, materiali ed
etici. Non ci sono più freni: siamo su una vettura lanciata a velocita'
crescente sulle montagne russe dello sviluppo.

Nel Sud, sostiene Cassano, ci possono essere gli antidoti a questo processo
accelerato di autocombustione. Ma quando si va nel nostro bellissimo
Meridione si è presi dallo sconforto: le devastazioni del paesaggio, la
svendita del territorio pubblico, gli incendi dolosi, lÂ?assalto del cemento,
la dilapidazione dei beni culturali, lÂ?incuria, le frane, i dissesti, la
grande sete, la criminalita'... E i treni che deragliano. Con, qua e la', un
Â?isola rutilante per le vacanze dei ricchi nordisti. Eppure bisogna sperare.

Giuseppe O. Longo


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