Sono tornato da Oxford, già da qualche giorno. E' stata una conferenza magnifica. I più grandi esperti di Newman erano presenti, quelli insomma sui cui libri studio ogni giorni.
John Millbank mi ha un po' deluso mentre Katherine Tillman ha concluso la conferenza con memorabile intervento su l'ideale educativo di Newman e quello di Platone.
I partecipanti venivano da un po' tutta l'Europa, un bel gruppo dall'università di Lovanio, qualche giapponese, ma almeno tre quarti erano americani. C'è un crescente interesse per Newman negli States, prova ne è il fatto che lo scorso anno a Pittsburgh è stato fondato il National Centre for Newman Studies ed il sottoscritto sta già pensando di andarci per qualche mese.
Il mio intervento è stato apprezzato e ha buone possibilità di pubblicazione visto che tratta di aspetti mai affrontati dagli specialisti. C'è un'altra idea che vorrei approfondire, Newman e la virtue epistemology, ma Frederick Aquino, un brillante giovane che avevo già conosciuto tre anni fa, mi ha preceduto.
Si discuteva una sera degli aspetti letterati delle letture filosofiche preferite. Pare che Hume, letto in inglese naturalmente, abbia uno stile inimitabile. Verificherò.
Abbiamo poi provato a stilare un po' di classifiche, in un vecchio pub oxoniense. Ne ricordo solo una, quella dei filosofi più sopravvalutati: Derrida e Sartre. I sottovalutati invece Ricoeur, Levinas. Interessante discutere di filosofia europea con gli americani. A tal proposito c'è un articolo di Richard Shusterman sul The Chronicle of Higher Education che tratta proprio del successo di filosofi 'continentali' americani in Europa. (Non mi ricordo come ci sono arrivato e per scaricare dal sito ufficiale è nessesario essere iscritti, quindi non metto il collegamento).
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