Perché chiamare penitenza la preghiera che segue la
confessione della colpa? Il cristiano dovrebbe considerarla un refrigerio dell’anima.
Un solo rammarico: non poter dedicare più tempo a questa comunione di vita,
assillati come siamo dalla ricerca del pane quotidiano.
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A tante cose belle e alte aspiravo una volta: all’amore,
alla poesia, alla gloria. Adesso (e che Iddio mi perdoni lo sconsolato
orgoglio) mi avviene spesso di aspirare con tutte le forze alle santità.
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Ogni volta che vedo fratelli accostarsi all’Altare, li
invidio. Il cibo di quella Mensa è troppo prelibato. E dire che il coperto è
sempre pronto per tutti!
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Vorrei saper esprimere questo concetto: che cioè se la
povertà la castità e l’obbedienza sono necessarie all’anima, indispensabile è
il timor di Dio, che talvolta manca persino a chi osserva strettamente la
Regola.
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Vegliamo, fratelli, perché la lampada del Signore resti
sempre accesa dentro di noi. Che l'Angelo prevalga sempre sulla bestia in
agguato: non c’è vittoria più alta.
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Mi avviene di trovarmi adesso nello stato d’animo dei Discepoli i quali — salito al Cielo Gesù — rimasero soli in faccia al mondo che nulla credeva di ciò che essi credevano, perplessi dinanzi alle verità che avevano toccato con mano e si accingevano a predicare al gregge incredulo e ignaro. M’accorgo allora quanto sia insopportabile l’esilio e verace il grido che uscì dall’anima di un grande Santo: « Non ne posso più di morire per essere in Cristo!».
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Preghiera: « Gesù, io t’amo, ma il mio cuore non è capace di
contenere tutto l’amore che tanti, troppi uomini non ti portano. Prestami per
un attimo il tuo Cuore! ».
7 luglio 1946
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