Anche se Billie Joe con il trucco mi sembra veramente un idiota, i Green Day rimangono uno dei miei gruppi preferiti.
Oggi ho visto Boulevard of Broken Dreams, il loro ultimo video. Notevole.
Non chiedetemi perche', ma l'ho trovato la perfetta colonna sonora per questo articolo di Cornelio Fabro.
(...)
Nietzsche ha sentito il problema di Dio e di Cristo forse con un'intensità maggiore di qualsiasi filosofo moderno, la sua negazione e la sua denuncia ne sono la misura, come il dramma della sua malattia è stato l'indice di supremo dolore della sua sincerità: la coerenza del pensiero non può essere sottratta alle sue responsabilità e tocca al filosofo per primo pagarne lo scotto di persona. L'ateismo (nichilismo) di Nietzsche non è quindi, e Heidegger non manca di notarlo, un evento fortuito: non è un fatto o atteggiamento personale ma è la cadenza essenziale e perciò inevitabile del pensiero moderno sistematico e di quel tipo in genere di pensiero che, a cominciare da Platone, ha preteso di «pensare» Dio. È la dichiarazione esplicita di Heidegger: «Il nichilismo, pensato nella sua essenza, è il movimento fondamentale della storia dell'Occidente. Esso rivela un corso così profondamente sotterraneo che il suo sviluppo non potrà determinare che catastrofi mondiali». E precisa: «Il nichilismo non prende inizio soltanto là dove il Dio cristiano è negato, il cristianesimo combattuto o dove è predicato un ateismo volgare su basi di libero pensiero» (p. 200). La espressione allora «Dio è morto» non è una semplice formula di miscredenza accanto alle altre che accomuna Nietzsche a Prodico di Ceo o a D'Holbach e a Lamettrie… essa esprime piuttosto il «destino dell'Occidente» nella perdita del Sacro e del Trascendente che il cogito stesso si è dato col proposito di far emergere l'homo faber sull'homo sapiens, di affermare il primato della scienza e della tecnica sulla sapienza della filosofia e l'impeto dell'arte e della poesia. La sua negazione è protesta e sofferenza per un mondo che sprofonda in se stesso e si pasce di oblio dello spirito e d'ignoranza delle sue negazioni.
Nell'interpretazione di Heidegger, discutibile ma sempre illuminante, il nichilismo di Nietzsche non coincide neppure con la «non-credenza nel Dio cristiano nella rivelazione biblica», poiché ciò che Nietzsche intendeva combattere non era «…la vita cristiana quale sussistente per breve tempo prima della composizione degli Evangeli e della propaganda missionaria di Paolo», ma piuttosto il Cristianesimo come «…l'apparizione storica e politico-mondana della Chiesa e delle sue pretese di potenza nella formazione dell'umanità occidentale e della sua civiltà moderna». Ed è sintomatico il commento di Heidegger: «Il Cristianesimo in questo senso e la cristianità della fede non sono la medesima cosa. Anche una vita non cristiana può aderire al Cristianesimo e utilizzarlo come fattore di potenza; come, al contrario, una vita cristiana non richiede necessariamente il Cristianesimo» (p. 201). Interpretazione certamente stravagante e giudizio troppo sommario, questi di Heidegger per quanti vivono la fede cristiana dall'interno del suo messaggio di misericordia e di salvezza: interpretazione però coerente e inevitabile per quanti accettano con Heidegger stesso il fondamento del cogito moderno e pongono la soggettività umana ovvero la libertà ch'è legge a se stessa al fondo della verità. Non a caso l'ultima formula citata sembra anticipare, perfino nell'espressione letterale, le formule della nuova teologia protestante ancorata allo etsi Deus non daretur di Bonhoeffer: una teologia la quale rifiuta ogni struttura semantica che è tacciata per «ellenismo» e quindi è portata a negare ogni distinzione di natura e sovrannatura, di empietà e fede, di virtù e peccato… per approfondirsi nella negazione – non per superarla – ma per vivere di essa. Avrebbe così ragione Hegel quando dichiara (nell'Introduzione alla Filosofia del diritto) di aver voluto portare a termine l'affermazione della soggettività iniziata da Lutero? Ma com'è possibile allora un Cristianesimo come dono soprannaturale e rivelazione della salvezza, quando il peccato è ridotto a mera negatività dialettica? E come può un siffatto indirizzo di secolarizzazione radicale, di storicismo teologico, di una teologia dell'immanenza, che fila dritta verso la negazione-superamento radicale dei dogmi e della morale tradizionale, attirare nella sua orbita – sotto il facile pretesto di ecumenismo teologico – anche vaste sfere della teologia cattolica contemporanea? Non è questo piuttosto un sintomo che la protesta di Nietzsche deve avere oggi una risposta decisiva anche da parte cattolica?
La lezione di Heidegger può ben essere riconosciuta, anche sotto quest'aspetto, la più esemplare nella diagnosi del pensiero moderno per avvertire l'equivoco di fondo che si profila in ampi settori della coscienza cristiana contemporanea.
(1968)
I'm walking down the line
That divides me somewhere in my mind
On the border line of the edge
And where I walk alone
Read between the lines of what's
Fucked up and everything's alright,
Check my vital signs to know I'm still alive,
And I walk alone
My shadow's the only one that walks beside me,
My shallow heart's the only thing that's beating,
Sometimes I wish someone out there will find me,
'Til then I walk alone
I walk this empty street
On the Blvd. of broken dreams
Where the city sleeps
And I'm the only one and I walk alone
2 commenti:
http://www.disf.org/DettaglioVoce.asp?IDVoce=123
(non c'entra niente, è solo un pensiero: possenti su la verità, se non lo conosci già), Ciao, Massimo
Grazie, Massimo. Conoscevo il dizionario ma non la specifica voce.
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