Massimo Adinolfi ha contribuito nuovamente alla discussione iniziata qualche settimana fa.
Una replica intelligente, argomentata, per quanto l'angustia del mezzo lo permetta, sincera e senza pregiudizi, che ho molto apprezzato.
Per quanto mi riguarda, non mi convince quasi per niente ma controbattere puntualmente richiederebbe diversi giorni di riflessione che in questo momento non posso permettermi.
Considero pertanto la discussione, almeno per il momento, conclusa.
Questa la risposta.
Caro Angelo, forse c'è un punto su cui questa nostra discussione può raccogliersi in maniera proficua, e sta proprio dalla parte dei fondamenti. Se tu mi metti davanti i fatti antropologici primari, io ti faccio osservare che nessuno si sogna di negare che l'uomo si accoppia con la donna, ma se quei fatti antropologici abbiano, ut sic, valore normativo. Insomma: la fallacia di Hume. Se tu scrivi in forma interrogativa, figuriamoci: ti lascio (e anzi faccio mie) tutte le tue domande. Se però vuoi mantenere il profilo problematico della domanda, e al contempo sfornare certezze giuridiche, hai qualche dovere in più: dare risposte argomentate e universalmente valide e obbliganti. (Non dimenticare che il punto è questo: come mettere in forma di norma giuridica un fatto naturale).
Quanto poi al fatto naturale, ti faccio osservare che tu non diresti mai, credo, che uno scimpanzé maschio SI INCONTRA E SI COMPLETA con uno scimpanzé femmina. Metti forse sullo stesso piano le due unioni? Se non sono sullo stesso piano, non si capisce perché il piano umano debba essere normato come il piano dello scimpanzé. Forse l'incontro fra uomo e donna è qualcosa di più, e se è qualcosa di più, non ha una base semplicemente naturale in senso biologico. E se non ha una base naturale in senso biologico, è perché questa base può essere (mettiamola così) assunta e fatta propria dall'uomo. Tu devi far vedere l'atto con cui l'uomo sceglie di essere 'naturale', a pena di cadere in naturalismi biologici che sono sicuro non ti piacciono. Ma appena fai vedere questo atto, devi rinunciare a fondarlo indietro, nella natura biologica - se almeno gli vuoi conservare la natura di atto libero. E gli deve prestare anche quel po' di scelta fra possibilità alternative che solo gli dà valore morale (e che, en passant, gli toglie ai miei occhi la pretesa di imporsi normativamente sul piano giuridico).
Quanto alla tua descrizione del rapporto amoroso, non gli tolgo nulla, nemmeno la 'sorpresa'. Però non capisco perché tu debba escludere che sia 'autentico' (in senso ontologico) ma solo posticcio anche il rapporto amoroso fra omosessuali. L'unico argomento è quello biologistico: non procreano. Ma io trovo ancor più soprendente, ancor più umano (e meno animale) che ci si possa amare anche senza procreare, e si possa essere intimi anche senza trasmettere vita.Dici poi che non fondi nulla e che è il tuo senso morale. Poiché stiamo discutendo seriamente, non la butto in caricatura, e presto al tuo senso morale tutto lo spessore storico che ha. Non è solo il tuo privato senso morale, lo so. Però non è universale, e non vi è ragione per imporlo come tale, e non v'è motivo di temere che lasciare ad altri le loro scelte in materia sessuale impedisca a te di vivere il tuo rapporto amoroso in tutta la pienezza di significato che gli presti (fortunata la tua compagna, o fidanzata, o sposa).
Quanto ai diritti, l'espressione 'specifici diritti' non è mia, riprendevo invece quella che si trova nei documenti vaticani (sia pure per negarli). Puoi controllare. Mi pare per il resto di aver chiarito in che senso io parli di diritti omosessuali: intendo riferirmi alla rivendicazione che un omosessuale possa, come chiunque altro, scegliere i propri costumi di vita senza essere penalizzato sui luoghi di lavoro, nelle relazioni affettive, eccetera. Se viene penalizzato, lui avanzato il suo diritto COME CHIUNQUE. Dov'è la confusione? Qual esempio vuoi che ti faccia? Se Fini dice: niente maestri omosessuali, è diritto dell'omosessuale (ripeto: come di chiunque) dire che lo si sta discriminando. Non vedo cosa osti a che l'omosessuale dica: è un mio diritto fare l'insegnante, come è un diritto di chiunque altro, a prescindere dall'orientamento sessuale. Di questo e non di altro si tratta. Non sei d'accordo? Quanto a J. Finnis, a Salerno c'è in effetti Legge naturale e diritti naturali. Sono 470 pagine. Vediamo. A Natale, forse. Non prometto nulla.
Però, e vengo infine al punto su cui si può parzialmente concordare (che è un punto importante), io ti ho messo dinanzi il problema di Hume, ma non è che consideri che l'opposizione tra fatto e diritto sia così rigida come per Hume. Posso capire e seguire approcci fenomenologici al problema, e trovo che la filosofia cattolica (dico così per brevità) abbia dato i suoi contributi. Ma c'è un ma. Un approccio fenomenologico ha ancora di mira un'essenza. E' compito del fenomenologo farmela vedere (e farla vedere universalmente, se vuole tradurla sul piano giuridico). Il compito mi pare di difficile risoluzione: "il sogno è finito". Essendo finito il sogno, io non credo che (di fatto) ci siano solo fatti atomici e individui atomici, ciascuno con le proprie soggettive preferenze. (En passant: è la ragione per cui trovo caricaturali tutte le rappresentazioni della nostra epoca in termini di mero relativismo). C'è invece, una dialettica ed ermeneutica (il connubio fenomenologia-ermeneutica è un connubio a volte felice). Vi sono 'stili di cose' che però, sia pure lentamente, si modificano. V'è l'acqua del fiume che scorre, e il suo letto che non scorre, però si modifica (lentamente). E' quello che penso dei costumi sessuali: sono quel letto (fino ad ora). Insomma: più Wittgenstein che Husserl, nella mia fenomenologia. Se qualcuno mi chiedesse perché non consentire all'uomo di accoppiarsi con scimpanzé, io osserverei che il letto non si è ancora modificato a tal punto, consapevole che questo argomento non è definitivo (è il trattamento di Peirce e Wittgenstein al dubbio scettico: semplicemente, non ha senso, come non ha senso oggi discutere di accoppiamenti uomo/animale. Forse, ci divide l'idea che il letto del fiume stia deviando troppo, e male - idea che suppone ahimé un punto di vista esterno al fiume. Ci divide anche un'idea inclusiva del diritto (per me, quest'idea fa parte del letto liberale della nostra epoca): quanto più posso estendere i diritti, tanto meglio è.
Due cose, infine. Anch'io ho il mio punto metafisico, il mio assoluto, ma non ti dico dov'è (e non è il letto, né sta fuori del letto). Tu non c'entri, ma ti sfido a trovare del pregiudizio anticristiano in quello che ho scritto, e che è sufficiente, credo, a bocciare Buttiglione (partivamo di lì, in fondo)
Massimo
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