Il primo incontro fra Benedetto XVI e il nuovo ambasciatore spagnolo presso la Santa Sede è stato l'occasione per un ulteriore confronto pubblico sulla politica sociale del governo Zapatero. La posizione della Chiesa - ribadita dal Santo Padre - e quella dell'esecutivo madrileno sono ormai largamente note. Così come è un dato consolidato il tono da ufficio ideologico del Pcus che caratterizza i comunicati del governo Zapatero, sapientemente alternati a false offerte di dialogo. La risposta piccata al discorso del Papa è anche il segno del grado estremo di secolarizzazione cui può giungere l'Europa: in nome di una concezione di modernità che si dà per acquisita ma che rivela un'ideologia ben precisa. Ciò che merita qualche ulteriore tentativo di riflessione è l'apparente ecumenismo di cui i socialisti spagnoli si ritengono portatori, oltre all'immagine del fenomeno religioso - in particolare, ovviamente, di quello cristiano nella storia spagnola - nello spazio pubblico che essi difendono. Secondo tale concezione, lo Stato spagnolo è aconfessionale e pertanto ogni distinzione fra i cittadini che professano la religione cattolica e i cittadini che non la professano è irrilevante nella sfera pubblica. Di conseguenza va superato il sistema di finanziamento della Chiesa basato anche su risorse pubbliche e l'insegnamento della religione cattolica va tenuto ben distinto dal catechismo. Lo Stato spagnolo, in altre parole, non intende imporre nulla ai suoi cittadini, ma si propone unicamente come il guardiano delle loro libertà. Ulteriore conseguenza di questo approccio è che tali libertà devono conoscere nella vita pubblica la più piena espansione possibile, mettendo da parte "vecchie" concezioni relative alla vita, alla famiglia e al matrimonio. La prima deve essere nella piena disponibilità dell'aspirante padre e dell'aspirante madre, liberalizzando al massimo sia le procedure per l'interruzione volontaria della gravidanza, sia quelle per la procreazione assistita (per questi fenomeni è pronta un'apposita espressione, «diritti riproduttivi», appena inserita nello Statuto della Catalogna, approvato poche settimane fa dal Parlamento). La seconda va liberata da concezioni arcaiche e trasformata nella proiezione delle aspirazioni individuali: di tutti con tutti, senza discriminazioni di genere. Essa deve essere un legame il più possibile leggero fra persone: con la conseguenza che, se qualcosa non va, il legame va sciolto con un divorzio express, in tempi più rapidi di quelli richiesti per contrarre matrimonio e senza neanche passare davanti a un giudice. Infine va ridotto all'impotenza e consegnato al suo luogo proprio, quello della sfera privata, il legame per eccellenza nella storia spagnola: la Chiesa cattolica, con la sua forza condizionante sui costumi e con la sua forza sociale oggi, che va ridotta al minimo, colpendola sia direttamente - ad esempio nelle forme di finanziamento - sia indirettamente - ad esempio indebolendo l'istruzione privata. Infine, fra i legami da dissolvere sembrerebbe esservi la stessa idea di Spagna, riletta quasi come una prigione di popoli diversi, con la conseguenza che baschi, catalani, galiziani (e forse altri), devono essere liberi di definire quanto e come vogliono ancora essere spagnoli. Questo tentativo di riassumere lo Zapatero-pensiero serve per esplicitare le concezioni che hanno caratterizzato i suoi primi due anni di mandato e che rappresentano ormai un modello ben preciso per la sinistra europea. Non ci è ancora dato sapere se il leader socialista, divenuto presidente per caso all'indomani degli attentati dell'11 marzo 2004 e della loro pessima gestione da parte del governo Aznar, resterà un buffo episodio della storia spagnola o se la sua via riuscirà ad incidere stabilmente sulla società spagnola. Ma poiché le concezioni ora accennate sono presenti, magari ad uno stato più articolato e problematico, anche in altri settori delle opinioni pubbliche europee, è bene prepararsi a fronteggiare le sfide intellettuali che esse pongono. È infatti lo zapaterismo il nuovo agente di innovazione (comunque lo si giudichi) della politica europea. E quindi ogni ragionamento critico ci sembra debba partire da una premessa di base: la critica ai legami, alla storia, alla tradizione e alle radici che la politica radicale del governo spagnolo presuppone. Il «liberi tutti» cui sembra indirizzarsi con la sua politica presuppone una concezione individualista che prima di essere sbagliata è semplicemente irreale. Proprio perché, al di fuori di una complessa rete di legami e di una storia, l'individuo non esiste. E la pericolosità di questa concezione dipende dal fatto che essa porta alle estreme conseguenze (finendo però per stravolgerla) un'idea che, in una versione moderata, non solo è alla base delle democrazie liberali, ma è anche il frutto del contributo principale del cristianesimo all'edificazione dell'Occidente: la dignità dell'uomo e la sua libertà. Ma la dignità e la libertà vanno "situate", calate in contesti concreti e soprattutto collegate a un'idea di bene comune che non può trovare la base nell'uomo come individuo isolato, ma che deve inevitabilmente valorizzare la sua proiezione sociale. Ecco, se c'è uno slogan per l'antizapaterismo, questo non è altro che la sussidiarietà sociale. Rileggere l'ordine del giorno Dossetti in Assemblea costituente è il migliore antidoto per iniziare a demitizzare il primo ministro spagnolo. Il quale non altro è che la riedizione di inizio millennio del vecchio liberalismo ottocentesco, che pareva ormai poco più che un simpatico residuo storico.
Marco Olivetti
2 commenti:
Mi sorprende che nessuno abbia risposto a questo scempio,ma forse chi ci è capitato ha intelligentemente cambiato pagina a metà lettura,non come stupidamente ho fatto io arrivando fino in fondo....
Forse dovrebbe studiare con più attenzione ciò che ha proposto Zapatero e ciò che hanno realizzato le società del nord Europa, che sono all'avanguardia nel rispetto dei diritti.
Cordiali saluti
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