1.3 Ipertesto, nuove tecnologie e eLearning
Come abbiamo visto, i cambiamenti a cui è soggetta la didattica universitaria passano, da un lato, per un aumento della domanda di istruzione e aggiornamento imposta dal mercato del lavoro e, dall’altro, attraverso la sperimentazione di nuove tecniche e strumenti per la trasmissione e l’apprendimento dei saperi.
Questi fattori implicano la necessità di ripensare il modello classico di insegnamento - quello uno a molti - nel quale il docente è il centro del processo di apprendimento. Egli fornisce al discente non solo le nozioni basilari per il conseguimento dell’esame ma gli strumenti didattici e tecnologici che gli permettono di essere pronto all’innovazione e alla gestione dei contenuti. Allora, sembra che l’università dovrebbe implementare percorsi curriculari e mappe cognitive dinamici, aperti all’aggiornamento, non appiattiti sull’iperspecializzazione e sulle esigenze del “qui e ora”, che responsabilizzino il discente e lo rendano attore principale del processo di apprendimento.
In questa visione elastica trova nuova lettura anche la valorizzazione delle ICT e dell’eLearning, visti da molti addetti ai lavori dell’economia di scala come una strategia di riduzione dei costi nella risposta alla domanda di istruzione. Tuttavia l’uso delle nuove tecnologie a scopi didattici non si può fermare solo ad una visione economica e nemmeno all’aspetto di alfabetizzazione informatica, ma deve trovare una più ampia applicazione nell’apprendimento di come gestire l’immenso flusso di informazioni che la rete mette a disposizione. Le ICT si possono considerare dunque come un contenitore vuoto se separato dalla progettazione e dall’integrazione dell’ informazione.
L’eLearning è l’insieme dei sistemi informatici per l’educazione a distanza, scolastica, universitaria e l’aggiornamento professionale (lifelong learning). La parola stessa pone l’accento sull’attività dell’apprendimento (learning) che è l’espressione della partecipazione dello studente al processo formativo. Tale procedimento di rivalutazione del singolo, tramite uno spostamento di carico dalla metodologia top-down a quella bottom up, si inserisce in quella tendenza all’entusiasmo educativo che tiene in considerazione le esigenze dell’interlocutore mettendole in valore.
Ciò assume maggiore interesse nella misura in cui guardiamo al sapere come processo in continua evoluzione per il quale è necessario approntare un sistema formativo flessibile nell’aggiornamento e nella fruizione, che favorisca l’auto-responsabilizzazione dello studente lasciando a lui il compito di gestire il proprio percorso formativo.
Le dimensioni del sistema che riassumono gli ambiti dell’esperienza eLearning possono essere in sintesi:
- multimedialità: l’utilizzo di elementi multimediali facilita l’apprendimento in quanto aiuta il discente a focalizzare e mantenere l’attenzione su contenuti anche complessi, grazie alla messa in atto di più stimoli sensoriali. Ciò permette un coinvolgimento simultaneo di più categorie conoscitive: si apprende non più attraverso la lettura, ma tramite le immagini, i suoni, le animazioni.
- ipertestualità: l’ipertesto, costituito come un sistema molteplice di relazioni non lineari tra testi, dà la possibilità al discente di seguire il proprio personale percorso e di crearne sempre di nuovi. La tecnica dell’ipertesto è considerata come l’interprete per eccellenza di una cultura più partecipata e democratica, perchè l’apprendimento tramite ipertesto muta i confini dell’ io-partecipante, innalzandolo a catalizzatore di nuove conoscenze. Un tale strumento è dotato di una potenziale illimitatezza, non solo perché tramite la partecipazione attiva del discente è possibile l’interazione con una cultura divergente, ma perché l’ipertesto è per sua natura uno strumento implementabile, capace cioè di accogliere nuovi contributi senza stravolgere la sua logica interna.
- interattività: anche le componenti interattive permettono di lavorare con il materiale didattico in un approccio partecipativo. Tale tendenza si riscontra anche nel settore informatico nel caso dell’open source, sistemi operativi di cui sono rivelati i codici sorgenti, per i quali è possibile contribuire, modificando e migliorando il sistema. Il riferimento al campo dell’informatica, che risulta il settore più all’avanguardia, denota la diffusione di un desiderio di interazione che stravolge il sistema dei valori classico fatto di scientificità, verità, e condivisione, portando alla ribalta il valore della parzialità, della singolarità e dell’idiosincrasia.
- learning-by-doing, letteralmente “imparare facendo”, un sovvertimento, cioè, del procedimento inverso per cui si antepone la teoria alla pratica. Il learning by doing ci richiama alle richieste del mercato di un “saper fare” professionale, in questo caso non si tratta semplicemente dell’apprendimento di strumenti pratici, ma dell’applicazione di un metodo scientifico basato sull’estrapolazione della regola dall’azione empirica anche per le altre discipline: una sorta di “fare pensante” che metta a frutto le capacità individuali di fare interagire le proprie conoscenze.
La diffusione dell’eLearning ha riscosso grande successo nel Nord Europa sia come sistema capillare di interconnessione fra enti di istruzione, che come università on-line; nel resto del vecchio continente il fenomeno sta trovando una sua graduale attuazione.
In Italia, come negli altri paesi del bacino Mediterraneo, il discorso dell’eLearning ha trovato inizialmente delle difficoltà applicative dovute alla scarsità di tradizione, alla poca diffusione dei mezzi telematici, al modello di istruzione legato alla didattica classica. Grazie alla promozione della Commissione Europea anche l’accademia italiana ha avviato dei progetti finalizzati allo sfruttamento delle nuove tecnologie nel settore del Knowledge Management. Le esperienze di università on-line in realtà fanno riferimento non ad interi atenei virtuali ma a singoli corsi di laurea afferenti a università di tipo tradizionale. L’eLearning “all’italiana” è blended, ovvero più orientato a fare da supporto e da integrazione alla didattica che da base per un eUniversity vera e propria. Le aree disciplinari con maggiore presenza di tipologia di corsi a distanza sono quelle di ingegneria (30), politico-sociale (28) ed economico-statistico (20) .
Non si può affermare però che l’esperienza sia riconducibile solo ad un’archiviazione di dati affidati ad internet come ad un contenitore flessibile in grado di ospitare un sapere frenetico. Il supporto tecnologico e l’evoluzione dei sistemi telematici porta anche alla necessità di smussare i punti critici della didattica e di iniziare un’educazione alla valutazione del contenuto e dell’informazione.
Se da un lato quindi i metodi di insegnamento fanno riferimento alla tecnologia, dall’altro l’uso delle ICT impone anche un’evoluzione nello stile di diffondere, vagliare e apprendere i contenuti.
L’approccio blended può essere un punto a favore dell’esperienza italiana in quanto puntare unicamente su un modello di formazione a distanza per tutte le categorie di studenti può avere dei punti critici. Rimanere soddisfatti di una diffusa abilità all’uso dei mezzi informatici può avere il grosso rischio di perdere il senso critico nel gestire la conoscenza che fluttua in rete: l’affidamento totale nel contatto virtuale con l’università può dare un titolo con lo stesso valore legale e anche con un alto grado di qualità, ma il valore umano di un’esperienza universitaria, basata sul contatto intellettuale tra docente e studente, risulta avere un valore aggiunto certamente non traducibile e digitalizzabile.
1.4 Rischi e sfide
Alla luce della breve analisi svolta avvertiamo alcune perplessità. Assistiamo al progressivo delinearsi di una cultura sempre più centrifuga, periferica e individuale, interprete di un “pensiero debole”, così definito da Lyotard. Come abbiamo visto l’avvento di nuovi strumenti e la necessità di un aggiornamento costante del sapere porta all’affermarsi di un nuovo sistema di valori legati al contingente, al singolo, all’unicità e all’irriducibilità dell’individuo.
In un sistema flessibile e ramificato in cui si delineano continuamente una serie di “spazi cerniera”, come zolle di terra in continuo movimento, sembra difficoltoso il tentativo di catalogare il sapere in assenza di un sistema di valori condiviso da tutti. Il ruolo dell’università allora non può limitarsi semplicemente alla conservazione della cultura , né alla sua semplice trasmissione, ma deve lavorare in sinergia con gli organi di ricerca in continua produzione di nuove conoscenze impegnandosi nella trasmissione di linguaggi e di metodi di apprendimento. In questo senso possiamo guardare alla pratica del learning by doing, così come alle altre esperienze applicative promosse all’interno dei nostri corsi di laurea, come a delle occasioni per metterci in gioco per favorire la partecipazione e il coinvolgimento dello studente.
Tuttavia, oggi gli strumenti del fare passano attraverso le nuove tecnologie: il rischio che si corre con una progressiva diffusione di tali sistemi in ogni ambito di studio non deve costituire un fattore discriminante per chi, per diverse motivazioni, dovesse trovarsi meno aggiornato. L’università non può quindi rincorrere l’avanzamento tecnologico escludendo chi resta indietro, ma deve rendersi abitabile includendo chi rischia la marginalizzazione, facendo confluire i diversi curricula e le diverse esperienze extra accademiche. Questo perché il sapere è costituito anche dal contributo dell’esperienza dell’individuo che rappresenta uno dei tanti nodi essenziali della rete globale.
Se finora ci siamo interrogati sulle sfide che la globalizzazione ha posto alla nostra epoca, ci accorgiamo di quanto sia necessario concentrarsi su quelle che il locale pone a sua volta. In particolare ci chiediamo quanto il sapere vada scollandosi da un territorio assumendo una sua autonomia. Le nuove generazioni rischiano di allentare la loro esperienza nel locale, saltando gli step logici, proiettandosi immediatamente nella realtà globale e planetaria. Ciò può portare alla formazione di un individuo sradicato dal proprio contesto, lontano dal territorio, che non riesce cioè ad intravedere il suo potenziale contributo alla comunità di cui fa parte, proprio perché non ne apprende la storia e la cultura relativa. In sostanza ci chiediamo quali siano le strade per formare un cittadino del mondo, coscienti che la formazione della persona non può passare solo attraverso l’esperienza Universitaria. A fronte di quanto detto, come può l’Università, ancora oggi educare alla cittadinanza e alla partecipazione?
Le agenzie formative si trovano di fronte a tre sfide: la prima di ordine culturale, che promuove la costante ricerca di interconnessioni tra discipline apparentemente distanti tra loro; una sfida sociologica; ed una sfida civica, che interroga sull’interazione che deve esistere tra il sapere e la società, senza il quale si rischia di formare individui senza legami, staccati dal contesto in cui vivono. E’ forse questo uno dei maggiori rischi al quale l’università deve far fronte: la deresponsabilizzazione dello studente, che nasce nell’assenza di una visione più globale di un percorso formativo intrapreso. Nel sistema accademico non dovrebbe trovare spazio il disinteresse e l’apatia - intesa come assenza di pathos e quindi di frequentazione personale ineliminabile all’interno della dimensione comunitaria dell’università - , al contrario frequente dovrebbe essere lo stimolo all’entusiasmo, alla curiosità di ognuno, ciò che insomma favorisca l’inquietudine di un atteggiamento in continua ricerca.
Nessun commento:
Posta un commento