giovedì, ottobre 30, 2008

E il cardinale Newman dialogò col pensiero di Darwin

Più di un secolo separa la vita del cardinal Newman da quella di Papa Benedetto XVI, e tante cose sono cambiate. Eppure, nel loro pensiero ci sono in­teressanti punti di contatto. Li ha messi in luce - duran­te l’incontro su «L’urgenza di una nuova amicizia fra fede e ragione secondo John Henry Newman e Benedet­to XVI», organizzato ieri a Roma dal centro Interna­zionale degli Amici di New­man - padre Fortunato Morrone, docente di teologia si­stematica all’Istituto Teologico Calabro, che ha appena curato da Bompiani gli Scritti sull’università di New­man.
Nella sua relazione, Morro­ne ha posto l’accento so­prattutto sull’itinerario in­tellettuale, umano e di fede del cardinale inglese, con­vertitosi al cristianesimo nel 1945, la cui riflessione trova profonde risonanze nel pen­siero di papa Benedetto XVI sul rapporto tra fede e ra­gione. «Sulla scia della lezio­ne che ci è stata consegnata da Giovanni Paolo II con la
Fides et ratio, l’affermazione dell’importanza della ragio­ne è centrale per la fede. Di­viso tra le affermazioni che l’uomo non può avere ac­cesso alla verità assoluta, da una parte, e che questa ve­rità assoluta non resiste, dal­­l’altro, l’uomo perde le pro­prie capacità di cercarla. Ma l’annuncio del Vangelo met­te in evidenza, proprio per il principio dell’Incarnazione, che l’uomo è capax Dei. È parte di un progetto gran­dioso di Dio, di cui i profeti parlano in termini di 'al­leanza': siamo creature, ma posti in un dialogo vero con Dio, pur con tutti i limiti del nostro peccato e della nostra creaturalità».
Ad unire Newman e papa Benedetto XVI in queste ri­flessioni c’è, secondo Mor­rone, Sant’Agostino, «che su questo rapporto tra fede e ragione ha lasciato una grande eredità, sintetizzabi­le in due grandi affermazio­ni: 'Credi per comprendere e comprendi per credere'. Newman si confronta, più che con la tradizione scola­stica, con i Padri della Chie­sa, in sintonia particolar­mente con Sant’Agostino». È un percorso, questo, che si evince soprattutto dalla A­pologia pro vita sua, «però Newman è debitore anche alla tradizione empirista in­glese che lo porta a porre molta attenzione all’espe­rienza. Per questo nella
Grammatica dell’assenso la domanda che si pone è: 'Co­me fa il credente a giustifi­care la sua fede se non ha ca­tegorie razionali da utilizza­re?'. La sua risposta è che si perviene a questa giustifica­zione attraverso atti di fede che includono la ragione, perché c’è una razionalità al­l’interno della stessa fede».
Certo, il contesto con cui si confrontò Newman era di­verso da quello con cui inte­ragisce Benedetto XVI. Ma «c’è una continuità nella di­scontinuità. Newman è vis­suto in epoca vittoriana: da una parte si trovava a con­trastare il razionalismo di u­na parte dei professori di Oxford, che riduceva la reli­gione a un fatto naturale, a una filosofia. Dall’altra par­te c’era un certo sentimen­talismo di coloro che pone­vano l’accento sull’adesione fiduciale alla fede. La vicen­da di Newman ricalca quel­la dei grandi uomini - e oggi di Benedetto XVI - convinti che la fede dilati gli orizzon­ti del pensare, che possa quindi aiutare anche la scienza a pensare in grande, a non restringersi nel­l’immanente ». Anche per questo, Newman si con­frontò molto sere­namente con la teoria evoluzioni­sta di Darwin. «Nell’ultimo pe­riodo della sua vita», rac­conta Morrone, «di fronte ad alcuni amici che si preoccu­pavano per questa teoria, ri­spondeva con una conce­zione ampia, non statica del­la creazione. La creazione in­fatti continua ancora oggi at­traverso le mani dell’uomo; l’evoluzione c’è, e la vedia­mo.
Per Newman vivere è cambiare: non in senso evo­luzionistico, ma nel senso della crescita, della cono­scenza sempre più profon­da della verità. E in questa verità di fede si può leggere sempre più profondamente anche il cammino dell’uo­mo nella storia».

Paola Springhetti. Avvenire 30/10/2008

(L'articolo contiene un'inesattezza. Gli Scritti sull'Università da poco usciti per Bompiani sono curati da Marchetto, non da Morrone.)

2 commenti:

Duque de Gandìa ha detto...

C'è un'altra inesattezza nel "pezzo" del giornalista dell'Avvenire: Newman non si convertì al cristianesimo! da anglicano che era entrò nella Chiesa cattolica ma nonostante l'impalpabilità del loro credo gli anglicani sono pur sempre cristiani.

Sempre umillimo caudario dell'eminenza vostra

Angelo ha detto...

Nobilissimo Duca, l'articolo in questione abbonda di inesattezze. (Newman convertito nel 1945!!!!)
A volte Avvenire e' peggio di Repubblica.