Più di un secolo separa la vita del cardinal Newman da quella di Papa Benedetto XVI, e tante cose sono cambiate. Eppure, nel loro pensiero ci sono interessanti punti di contatto. Li ha messi in luce - durante l’incontro su «L’urgenza di una nuova amicizia fra fede e ragione secondo John Henry Newman e Benedetto XVI», organizzato ieri a Roma dal centro Internazionale degli Amici di Newman - padre Fortunato Morrone, docente di teologia sistematica all’Istituto Teologico Calabro, che ha appena curato da Bompiani gli Scritti sull’università di Newman.
Nella sua relazione, Morrone ha posto l’accento soprattutto sull’itinerario intellettuale, umano e di fede del cardinale inglese, convertitosi al cristianesimo nel 1945, la cui riflessione trova profonde risonanze nel pensiero di papa Benedetto XVI sul rapporto tra fede e ragione. «Sulla scia della lezione che ci è stata consegnata da Giovanni Paolo II con la
Fides et ratio, l’affermazione dell’importanza della ragione è centrale per la fede. Diviso tra le affermazioni che l’uomo non può avere accesso alla verità assoluta, da una parte, e che questa verità assoluta non resiste, dall’altro, l’uomo perde le proprie capacità di cercarla. Ma l’annuncio del Vangelo mette in evidenza, proprio per il principio dell’Incarnazione, che l’uomo è capax Dei. È parte di un progetto grandioso di Dio, di cui i profeti parlano in termini di 'alleanza': siamo creature, ma posti in un dialogo vero con Dio, pur con tutti i limiti del nostro peccato e della nostra creaturalità».
Ad unire Newman e papa Benedetto XVI in queste riflessioni c’è, secondo Morrone, Sant’Agostino, «che su questo rapporto tra fede e ragione ha lasciato una grande eredità, sintetizzabile in due grandi affermazioni: 'Credi per comprendere e comprendi per credere'. Newman si confronta, più che con la tradizione scolastica, con i Padri della Chiesa, in sintonia particolarmente con Sant’Agostino». È un percorso, questo, che si evince soprattutto dalla Apologia pro vita sua, «però Newman è debitore anche alla tradizione empirista inglese che lo porta a porre molta attenzione all’esperienza. Per questo nella
Grammatica dell’assenso la domanda che si pone è: 'Come fa il credente a giustificare la sua fede se non ha categorie razionali da utilizzare?'. La sua risposta è che si perviene a questa giustificazione attraverso atti di fede che includono la ragione, perché c’è una razionalità all’interno della stessa fede».
Certo, il contesto con cui si confrontò Newman era diverso da quello con cui interagisce Benedetto XVI. Ma «c’è una continuità nella discontinuità. Newman è vissuto in epoca vittoriana: da una parte si trovava a contrastare il razionalismo di una parte dei professori di Oxford, che riduceva la religione a un fatto naturale, a una filosofia. Dall’altra parte c’era un certo sentimentalismo di coloro che ponevano l’accento sull’adesione fiduciale alla fede. La vicenda di Newman ricalca quella dei grandi uomini - e oggi di Benedetto XVI - convinti che la fede dilati gli orizzonti del pensare, che possa quindi aiutare anche la scienza a pensare in grande, a non restringersi nell’immanente ». Anche per questo, Newman si confrontò molto serenamente con la teoria evoluzionista di Darwin. «Nell’ultimo periodo della sua vita», racconta Morrone, «di fronte ad alcuni amici che si preoccupavano per questa teoria, rispondeva con una concezione ampia, non statica della creazione. La creazione infatti continua ancora oggi attraverso le mani dell’uomo; l’evoluzione c’è, e la vediamo.
Per Newman vivere è cambiare: non in senso evoluzionistico, ma nel senso della crescita, della conoscenza sempre più profonda della verità. E in questa verità di fede si può leggere sempre più profondamente anche il cammino dell’uomo nella storia».
Paola Springhetti. Avvenire 30/10/2008
(L'articolo contiene un'inesattezza. Gli Scritti sull'Università da poco usciti per Bompiani sono curati da Marchetto, non da Morrone.)
2 commenti:
C'è un'altra inesattezza nel "pezzo" del giornalista dell'Avvenire: Newman non si convertì al cristianesimo! da anglicano che era entrò nella Chiesa cattolica ma nonostante l'impalpabilità del loro credo gli anglicani sono pur sempre cristiani.
Sempre umillimo caudario dell'eminenza vostra
Nobilissimo Duca, l'articolo in questione abbonda di inesattezze. (Newman convertito nel 1945!!!!)
A volte Avvenire e' peggio di Repubblica.
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