«Padre, ricordaci che siamo polvere, e polvere ritorneremo. Perché, vedi, nonostante l’età, i guasti, le cadute, le ricadute, e il cammino duro, siamo ancora tanto deboli, e da un momento all’altro, a una svolta, può accadere che il Maligno ci tenti.»
La basilica sembrava emersa da un lago (o che fosse stata
raggiunta dallo straripante fiume che, per tre volte quell’anno, aveva invaso i
quartieri bassi?) Una luce d’acque diffuse saliva fino ai matronei, fino al
soffitto, per ricadere estrosa sul limitare delle cappelle, dove i fedeli
prostrati ricordano che tutto è vanità, che la vita è dura con la Croce, ma
senza la Croce è insopportabile: e vengono ad abbracciarla.
Da poco riaperta al culto quotidiano, la chiesa era piena di
meraviglia: e di questa meraviglia dei
marmi, degli archi, dei chiostri, delle colonne, degli altari, dei tabernacoli partecipavano
gli occhi dei fedeli, che tornavano a lei dopo anni di lontananza, fuorviati
dal turbine. In verità, se ci guardavamo negli occhi, ci riconoscevamo appena.
Ci pareva, sì, di esserci incontrati in un mondo scomparso, ma certe
incancellabili orme le avevamo pur lasciate sulle strade percorse. E i volti
stanchi, le anime stordite, s’illuminavano ancora di quel sole. Perché si può
ben dire che sia sempre lo stesso sole. Ma non è vero: è la nostra giornata,
sono le nostre opere, i nostri anni, le diverse svolte della vita che ne
rifrangono i raggi. E il sole dell’infanzia non è più quello della giovinezza,
e questo non somiglia al sole della maturità se non attraverso i rimpianti, i
lutti, le nostalgie: tutto il bagaglio che non vorremmo, ma siamo obbligati a
portare. Il bagaglio che altera i segni del viso, la linea delle membra, il
passo, lo sguardo, la voce.
Anche la basilica — la nostra basilica — aveva cambiato
volto. Ricordavamo un volto rugoso, ed ora ci restituiva un luminoso profilo. Accogliente,
l’ambone ci apriva le braccia come per contenerci tutti e portarci ai piedi di
Colui che ha sì grandi braccia da condensare nel petto piagato tutto il dolore
del mondo.
E sentirsi con Lui volontari della Croce, candidati al
perpetuo eroismo. È proprio questa l’epoca più adatta, il clima propizio:
quando l’aria stessa è corrotta, fioriscono, prodigiosi nel silenzio e
nell’ombra, i gigli della santità.
Benigno Assunti
13 aprile 1947
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